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Mattia Feltri per “La Stampa”
Secondo la geografia del Parlamento, e stando a quel che si dice, Forza Italia è a destra dell’Ncd di Angelino Alfano. Secondo le coordinate classiche, e soprattutto le reazioni nerborute all’apertura di Silvio Berlusconi alle unioni gay (Carlo Giovanardi parla di una complessiva e dannosissima «rivoluzione antropologica»), si direbbe forse il contrario.
Magari contribuisce il dibattito politico italiano, particolarmente disorientato, ma è sempre più difficile catalogare uomini e idee a destra o a sinistra: una crisi «arrivata al suo compimento» come dice oggi Giuliano Urbani, fra i fondatori di Forza Italia e del Centro Einaudi di Torino, e allievo di Norberto Bobbio che, nel 1994, scrisse Destra e sinistra per cercare una definizione adatta al nuovo millennio.
GRILLO AL VOTO
silvio berlusconi gay
Quell’anno la Lega di Umberto Bossi era arrivata al governo da destra per ragioni dichiaratamente tattiche, poiché rifiutava di stare di qua o di là: «Noi siamo sopra». È quello che succede in dimensioni spettacolari nel Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo, dove si mescolano Enrico Berlinguer e Nigel Farage, dove ci si batte per l’acqua pubblica e per il mantenimento del reato di immigrazione clandestina, dovei centro sociali trovano contatti con Casa Pound.
Sono soltanto pochi recenti esempi - e ce ne sarebbero molti di più (il garantismo è di destra o di sinistra? La riduzione delle pressione fiscale? Le privatizzazioni?) - utili a Urbani per spiegare che «della dialettica destra-sinistra non rimane in piedi più niente». Serviva, dice, «a una visione del mondo basata su ideologie che già Antoine-Louis-Claude Destutt de Tracy (filosofo vissuto due secoli fa, ndr) chiamava idee non più pensate, e in seguito assunte per pigrizia».
Ora, dice Urbani, sono idee nemmeno più prese in considerazione. Non è molto distante Marco Tarchi, ordinario di Scienze politiche a Firenze, uno che la bipartizione destra-sinistra la mette in dubbio dagli anni Ottanta. Non è drastico come Urbani, sostiene che «sarebbe sbagliato sostenere che destra e sinistra non esistono più», e «sbrigativo cavarsela dicendo che ci sono tanti diversi modi di stare dall’una o dall’altra delle due parti», e però «queste categorie sono nate per esprimere le linee di conflitto che attraversavano scenari ormai obsoleti.
Oggi i versanti di diversificazione e antagonismo sono molti di più, toccano i campi più svariati - le questioni sociali, le politiche economiche, le convinzioni in materia etica, l’ecologia, le relazioni internazionali... - e producono punti di vista che non possono essere più raccolti intorno a ideologie monolitiche». Siamo nell’«era delle sensibilità», dice Tarchi, per cui «che ce ne rendiamo conto o meno, tutti finiamo con l’assumere posizioni che convenzionalmente potremmo definire di sinistra su taluni temi e altre che nella stessa logica attribuiremmo alla destra».
giovanardi rappa contro fedez 2
IL GAYO SILVIO BERLUSCONI
Tutti insistono: non da ieri. «Quando ero all’Einaudi pubblicavo nella medesima collana Friedrich von Hayek e John Maynard Keynes (economisti spesso messi in contrapposizione, ndr), e tutti mi dicevano: ma che c’entra?! E certo che c’entra, Hayek era keynesiano e Keynes era hayekiano. E allora oggi mi chiedo: quanto c’è di socialista in Matteo Renzi? E quanto di liberale? È impossibile rispondere».
Eppure non è detto che la si debba mettere giù così dura. Gianfranco Pasquino (politologo, altro allievo di Bobbio) ricorda che destra e sinistra «continuano a esistere nelle geografie di tutti i parlamenti, compreso quello europeo, con i popolari, i socialisti, oltre alla destra e alla sinistra più estreme». Sono demarcazioni, dice Pasquino, che riflettono visioni diverse delle questioni economiche e sociali: «Per esempio, la meritocrazia è un tema di destra e l’eguaglianza di sinistra».
RENZI MANGIA LA BANANA
jtat41 giuliano urbani larosa
Da lì discende molto, ed è un’analisi che ricorda proprio quella di Bobbio di vent’anni fa, e affinata da Pasquino sostituendo il singolare col plurale: «Eguaglianze». Eguaglianze di ogni genere, economiche, di istruzione, e riassumibili in «eguaglianze di opportunità di cui la destra si cura pochissimo».
E comunque, insiste Pasquino, «gli elettori continuano a collocarsi a destra, a sinistra o al centro, e di conseguenza collocano i partiti: come vedete si districano benissimo». Il problema, dice Tarchi, è che «su ogni argomento rilevante ormai le linee di separazione sono trasversali, e sulle singole soluzioni ai problemi convergono persone che magari si pensano legate a un’area o all’altra».
Se ha ragione Tarchi, lungo quale dialettica si muove la politica di oggi? «Ah, bella domanda. Non c’è, che io sappia. Viviamo in una società in cui tutto evolve così rapidamente che non abbiamo né il tempo né lo spazio di piantare dei paletti riconoscibili e duraturi», dice Urbani. O forse, chissà, lo stiamo facendo ma, conclude Tarchi, «il guaio è che, da sempre, le trasformazioni dei modi di pensare viaggiano molto più veloci della consapevolezza che se ne acquisisce».
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