DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Antonio Grizzuti per la Verità
Ecotassa sì, ecotassa no. La vicenda che ha messo in allarme l' Italia automobilistica divide la maggioranza, anche se i suoi esponenti ostentano serenità. I fatti sono noti: nella seduta della commissione bilancio della Camera svoltasi martedì è stato approvato un emendamento all' articolo 79 bis per l' introduzione di «un' imposta parametrata al numero di grammi di biossido di carbonio eccedenti la soglia di 110 CO2 g/km».
Tradotto con parole più semplici, una tassa nei confronti di chi acquista auto più inquinanti, con importi che vanno dai 150 euro dovuti per la soglia inferiore (110-120 g/km) fino ai 3.000 euro per quella eccedenti i 250 g/km.
L' intento a prima vista può sembra più che nobile. Peccato però che la norma finisca per penalizzare le utilitarie (specie quelle a benzina), senza dubbio più inquinanti ma anche più economiche e perciò maggiormente alla portata delle tasche degli italiani.
Secondo un' elaborazione dell' Unione petrolifera basata su dati Unrae, infatti, a fronte del prezzo medio di un veicolo benzina pari a 12.591 euro, quello di un' auto ibrida sale a 24.736 euro, mentre un' elettrica arriva a 36.244 euro.
Una spesa che sicuramente al giorno d' oggi non è alla portata di tutti. Per contro, il comma 4 dello stesso articolo contiene, per il triennio 2019-2021, una misura incentivante che premia l' acquisto delle auto con minori emissioni. Un bonus, «corrisposto all' acquirente dal venditore mediante sconto sul prezzo d' acquisto», che va dai 1.500 euro (70-90 g/km) ai 6.000 euro per i veicoli più virtuosi (0-20 g/km).
Com' era ampiamente prevedibile, non appena la notizia dell' inserimento della nuova tassa all' interno della manovra ha iniziato a circolare si è levato un coro di critiche. Alle preoccupazioni degli automobilisti italiani si sono aggiunte le perplessità di sindacati, associazioni di categoria e costruttori di autovetture.
Alberto Dal Poz, presidente di Federmeccanica, si è spinto a dichiarare che «se la norma non verrà ritirata scenderemo in piazza con i lavoratori». Marco Bentivogli, segretario Fim-Cisl, ha definito la misura «un altro schiaffo all' industria italiana», che «rischia solo di penalizzare la nostra industria automobilistica e quella europea a favore della concorrenza estera, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro e penalizzando le fasce più povere della popolazione che non possono permettersi un' auto nuova».
Con questo emendamento «si rischia di imboccare la strada sbagliata», ha commentato il segretario nazionale Fiom, Michele De Palma, «investendo milioni di euro della collettività per pochi privati a cui scontare con un bonus l' acquisto dell' auto elettrica e invece scaricare sui cittadini che non potendo acquistare l' elettrico sono condannati a pagare un' imposta aggiuntiva che farebbe lievitare il costo del veicolo».
SALVINI CON IL PUPAZZO DI DI MAIO
Scontenti anche i costruttori, che temono che il mix di incentivi e imposte influisca negativamente sulle vendite.
Nell' anno in corso, il mercato sconta già una flessione importante. Secondo gli ultimi dati diffusi appena qualche giorno fa dall' Unrae, nel mese di novembre le immatricolazioni sono diminuite del 6,3% rispetto al mese precedente. Negativo anche il dato dall' inizio dell' anno: da gennaio sono state immatricolate 1.785.000 autovetture, in calo del 3,46% rispetto ai primi undici mesi del 2017.
Giudizi negativi arrivano anche dall' opposizione. Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera, sceglie Twitter per esprimere il proprio disappunto: «Arriva una nuova stangata sulle auto. L' esecutivo tassa le utilitarie, diesel e benzina. Una bastonata, un salasso per chi deve comprare una nuova autovettura e per chi magari ha già parecchie difficoltà nel farlo». Critico anche Raffaele Nevi, capogruppo azzurro alla commissione Agricoltura, che definisce la tassa auto una «follia».
luigi di maio giuseppe conte matteo salvini giovanni tria
L' aspetto politico più rilevante, tuttavia, è la disparità di vedute all' interno della maggioranza. Durante la giornata Matteo Salvini si è dissociato a più riprese dal provvedimento. «Mettere nuove tasse è l' ultima cosa da fare», ha dichiarato il premier a Mattino 5. Concetto ribadito in serata rispondendo alle domande del forum Ansa: occorre «tutelare l' ambiente ma senza imporre nuove tasse», ha spiegato Salvini, specificando che l' ecotassa «con me, con il sostegno della Lega non passerà mai».
Posizioni diverse si registrano invece nel Movimento 5 stelle. Laura Castelli, sottosegretario al Mef, difende la norma sostenendo che «l' ecotassa resta, era nel contratto di governo». In realtà, al punto dedicato ai trasporti, infrastrutture e telecomunicazioni dell' accordo di programma, si fa menzione solo a «meccanismi premiali per l' incentivazione dei mezzi a bassissime emissioni».
Dopo aver lasciato la porta socchiusa parlando di «norma migliorabile», in serata Luigi Di Maio cerca ancora di smorzare i toni e annuncia che lunedì ci sarà un incontro al Meg con sindacati e costruttori: «Nessuno scontro con la Lega, l' ecotassa è un bonus per le auto elettriche e a metano e le ibride. Non c' è nessuna tassa alle auto, è un bonus per chi acquista auto che non inquinano».
2. L’AUTO ELETTRICA INQUINA
Maurizio Belpietro per la Verità
Ci sono almeno tre buoni motivi per cui se fossimo nei panni di Luigi Di Maio rinunceremmo all' idea di tassare le auto ritenute inquinanti. Il primo è piuttosto evidente e per vederlo è sufficiente spingere l' occhio oltre la punta del proprio naso e guardare ciò che è accaduto in Francia. Anche Emmanuel Macron era animato da nobili principi ecologici.
L' inquilino dell' Eliseo voleva passare alla storia come il presidente che, se non il Paese, avrebbe almeno ripulito l' aria. Così ecco varata l' imposta sui veicoli che inquinano. Peccato che tra i possessori di auto vecchie, con motori fuori norma, ci sia principalmente chi non ha i soldi per comprarsene una nuova, ossia la povera gente, che in Francia come in Italia risulta essere la maggioranza.
Se tu penalizzi persone che si alzano la mattina presto e per lavorare percorrono molti chilometri su un macinino scassato, è ovvio che queste si ribellano e protestano: ed è ciò che è accaduto Oltralpe nelle scorse settimane. All' inizio Macron ha fatto il gradasso, dichiarando di voler tirar dritto. Poi, quando sono cominciati gli scontri e alle manifestazioni pacifiche si sono sostituite quelle che hanno messo a ferro e fuoco le città, monsieur le president ha messo la retromarcia, rimangiandosi tutto per sei mesi ma molto probabilmente per sempre.
Ecco, dopo una simile debaclé tutto ci saremmo aspettati tranne che Luigi Di Maio volesse seguire l' esempio dell' ex banchiere dei Rothschild, questa semmai è una cosa che può fare Matteo Renzi, il quale è in marcia come il presidente francese verso la sconfitta più devastante, ossia quella del suo nuovo partito.
Oltre a questa ragione - già di per sé sufficiente a indurre chiunque a rimettere nel cassetto la tassa ecologista - ce n' è una seconda, altrettanto valida. Non so per quale ragione ma qualcuno si è convinto che le auto elettriche siano la soluzione all' inquinamento e all' effetto serra.
Forse perché quando le avvii non si sente il rombo del motore. Forse perché il tubo di scappamento non scarica una nuvola puzzolente come il diesel. Sta di fatto che la percezione è che l' elettrico depuri l' aria. In realtà si tratta di una bufala, perché se è vero che la vettura elettrica in sé non inquina è altrettanto vero che quando la si ricarica da qualche altra parte c' è una centrale che produce inquinamento. Uno studio ha dimostrato che l' auto elettrica inquina meno solo là dove l' energia è prodotta con fonti rinnovabili e l' Italia non è tra questi pochissimi Paesi.
Anzi, produce 170 grammi al chilometro di CO2, più di quanto facciano diesel e benzina. Come ha scritto pochi giorni fa sulla Verità Sergio Barlocchetti, nel 2016 a Hong Kong è stato condotto un esperimento su una Tesla e su una Bmw 320i. Secondo il test, realizzato dall' analista Neil Beveridge, percorrendo 150.000 chilometri la Tesla produce 27,1 tonnellate di CO2, mentre la Bmw si ferma a 22,8 tonnellate. Come si spiega?
Semplice: nella notte la Tesla veniva ricaricata con l' energia prodotta da una società che utilizzava un mix di combustibile fossile e di nucleare.
Insomma, nella città in cui circoliamo l' auto elettrica inquina meno, ma da qualche parte c' è una centrale che per produrre l' energia usata dal veicolo silenzioso e affatto puzzolente inquina anche più di prima. Per non parlare dei luoghi dove prima o poi si dovrà smaltire la batteria.
Terza buona ragione per abbandonare l' idea di tassare le auto a benzina. Come tutti sanno Sergio Marchionne fino all' ultimo o quasi si era detto scettico davanti all' idea di trasformare la Fiat (anzi la Fca) in un' azienda produttrice di auto elettriche. Secondo il manager nelle nostre città sarebbe stato impossibile mettere lungo ogni marciapiede una colonnina di alimentazione e, siccome molti italiani non hanno il box e parcheggiano in strada, ricaricare si sarebbe rivelata un' impresa.
Risultato: oggi la Fiat non primeggia nelle vendite di auto elettriche, tassare quelle a benzina equivarrebbe dunque a dare una mazzata all' azienda e, di riflesso, a chi vi lavora, in un momento in cui il gruppo ha già qualche problema. So che un governo non deve solo fare gli interessi delle imprese private, ma deve badare a quelli della collettività, ma dato che il Pil già langue non credo sia una buona idea contribuire a farlo scendere ancora un po'.
Un' ultima annotazione: tassare non porta mai bene a nessun governo. Di Maio e compagni farebbero bene a ricordarsi com' è finito Mario Monti. Da salvatore della patria ora è trattato alla stregua di una specie di reietto per aver messo l' imposta sulla casa. Figuratevi quella sull' auto, veicolo che, per molti italiani, nelle classifica di ciò che è più caro viene subito dopo la mamma.
SALVINI DI MAIORICARICA AUTO ELETTRICARICARICA AUTO ELETTRICA
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