LA PROVA CHE IL MONDO E’ SOTTOSOPRA? UN BRASILIANO ALLA GUIDA DEL WTO, SCONFITTI L’EUROPA E GLI USA

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Paolo Mastrolilli per "La Stampa"

I Brics hanno vinto il braccio di ferro con Europa e Stati Uniti per la poltrona di direttore generale della World Trade Organization, dove si siederà il diplomatico brasiliano Roberto Azevedo. Ora però restano due domande fondamentali, a cui il successore del francese Pascal Lamy dovrà rispondere: sarà un vero difensore della libertà dei commerci, o si allineerà sulle posizioni protezioniste spesso prese dal governo del suo paese?

Rilancerà la campagna globale per la libertà dei commerci, cercando di rianimare il defunto Doha Round, oppure si accontenterà di fare l'arbitro delle dispute internazionali, diminuendo quindi il ruolo politico della Wto?

La competizione per il posto che un tempo era stato di Renato Ruggiero si è svolta tutta in America Latina: da una parte il brasiliano Azevedo, sostenuto dai Brics e dalle economie in via di sviluppo di Asia, Africa e del suo continente; dall'altra il messicano Herminio Blanco, che invece aveva il sostegno degli Stati Uniti e dell'Unione Europea. Questa divisione dei consensi era radicata nelle politiche dei paesi da cui provenivano i candidati, e quindi dalle aspettative sulle loro linee di azione.

Blanco ha studiato a Chicago col Nobel Lucas, ha fatto il ministro del Commercio, e rappresenta una nazione molto favorevole alla liberalizzazione, perché vive soprattutto di industria manifatturiera. Azevedo è un diplomatico di carriera, spinto da un governo che ha fatto la guerra ai sussidi agricoli concessi dai paesi più sviluppati ai propri produttori, ma anche incline al protezionismo quando si tratta di difendere la sua economia.

Ha prevalso la linea di Brasilia e dei Brics, a conferma di quanto sia in difficoltà la leadership occidentale sulla politica globale, ma la vittoria del suo candidato è solo il primo passo. Il successo di Azevedo, infatti, si misurerà soprattutto dalla sua capacità di essere autonomo dal proprio paese.

Il nuovo direttore della Wto si trova davanti ad un bivio storico per la sua organizzazione: riabbracciare le ambizioni di polo guida per la liberalizzazione mondiale dei commerci, severamente ridimensionate col fallimento dei negoziati per il Doha Round, oppure rassegnarsi ad un ruolo minore di giudice delle dispute internazionali.

Azevedo ha dichiarato in passato che vorrebbe riavviarsi sulla prima strada, ma per seguirla davvero dovrebbe prendere in alcuni casi le distanze dallo stesso Brasile, che ha puntato i piedi sui sussidi all'agricoltura, facendo gli interessi propri e degli altri paesi produttori in via di sviluppo, ma poi ha deragliato il progetto di costruire una unione per il libero commercio che comprendesse tutte le Americhe, e al vertice di Cancun del 2003 ha boicottato l'accordo promosso da Europa e Stati Uniti.

Questi freni imposti al processo di liberalizzazione hanno già ridotto il peso politico della Wto, visto che ormai molte intese vengono cercate a livello bilaterale, o comunque fuori dell'organizzazione. Basti pensare alle discussioni in corso tra Usa e Ue per creare una nuova area di libero scambio atlantica, oppure agli accordi che Washington sta negoziando in maniera autonoma nell'area del Pacifico, come la TransPacific Partnership.

Azevedo poi dovrà dimostrare il suo polso, affrontando la questione delle accuse rivolte alla Cina di manipolare la propria moneta, allo scopo di favorire scorrettamente le esportazioni delle sue aziende. Se fallisse, condannerebbe la Wto a perdere peso, e sprecherebbe questa grande occasione di influenza globale offerta per la prima volta ai Brics.

 

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