daniel chandler

“I PARTITI DI CENTROSINISTRA SI SONO ALIENATI IL LORO POPOLO E HANNO PERSO IL SENSO DI CHI ERANO. SI LIMITANO SOLO A CRITICARE” – L’ECONOMISTA INGLESE DANIEL CHANDLER SULLA “PIPPAGINE” DELLA SINISTRA CHE HA SPIANATO LA STRADA ALLA DESTRA POPULISTA: “LA SINISTRA NON È PIÙ RIUSCITA AD ARTICOLARE IN MANIERA GENUINA E AVVINCENTE UNA VISIONE DI COSA SIA UNA SOCIETÀ GIUSTA. GLI ELETTORI SANNO COSA VUOLE TRUMP MA NON PER COSA SI BATTONO I DEMOCRATICI” – “IL MOTIVO È LA MANCANZA DI…”

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Estratto dell’articolo di Francesco Bei per “La Repubblica”

https://www.repubblica.it/cultura/2025/04/09/news/daniel_chandler_sinistra_e_pensare_lontano-424115500/

 

daniel chandler

Ogni dieci anni un economista rischiara il cielo della sinistra mondiale. Ci fu il decennio di Amartya Sen, quello di Thomas Piketty, oggi è la volta di Daniel Chandler, giovane economista e filosofo della London School of Economics. Il suo Liberi e uguali, manifesto per una società più giusta è una riscoperta dell’utopia realistica di John Rawls e il libro da leggere per tutti quelli che aspettavano un vademecum su come contrastare la destra populista all’arrembaggio in tutto l’Occidente.

 

Lo incontriamo prima di un seminario a Roma organizzato dal suo editore italiano, Laterza, a cui sono intervenuti, tra gli altri, Elly Schlein ed Elena Granaglia.

liberi e uguali di daniel chandler

 

In Occidente l’egemonia culturale, come diceva Gramsci, sembra passata all’estrema destra con i suoi maître à penser: Steve Bannon, Elon Musk e persino il russo Alexander Dugin. Come è stato possibile?

«La sinistra non è più riuscita ad articolare una visione di che cosa sia e per che cosa si batte. Negli ultimi trent’anni sia la sinistra che la destra hanno operato dentro lo stesso paradigma neoliberista, sicuramente con delle differenze importanti, ma condividendo dei presupposti comuni. I partiti mainstream, al di là del colore politico, si sono mossi in una direzione chiaramente tecnocratica e tutta la politica si è limitata a trovare soluzioni a problemi specifici, lasciando così scivolare via dall’agenda la domanda più importante: in quale tipo di società vogliamo vivere?».

 

[…] Di fronte a questa nuova destra che, con Trump, non esita a picconare le stesse istituzioni democratiche, la sinistra che cosa può fare?

«Ancora non sappiamo se quello che sta nascendo a destra diventerà il paradigma dominante dei prossimi decenni. Ma certo se la sinistra si limiterà solo a criticare, senza articolare in maniera genuina e avvincente una visione di cosa sia una società giusta, credo che è lì che arriveremo».

 

Perché la sinistra sembra afona?

DONALD TRUMP ALLA CENA DI GALA DEL NATIONAL REPUBLICAN CONGRESSIONAL COMMITTEE

«Il motivo per cui la sinistra fatica ad articolare questa visione è la mancanza di riferimenti intellettuali e filosofici. Faccio un esempio. Thatcher e Reagan e gli altri architetti del neoliberismo potevano guardare a pensatori come Milton Friedman e Friedrich von Hayek, c’era alle loro spalle un corpo coerente di lavori intellettuali che ha dato longevità alle loro idee».

 

[…] Dalla Brexit alla vittoria di Trump c’è una parola che torna sempre per spiegare la sconfitta della sinistra: l’immigrazione. Nel libro lei suggerisce un approccio diverso che ci liberi dalla scelta tra alzare i muri e il “porte aperte a tutti”. Ce la spiega?

«Tra i progressisti c’è talvolta il riflesso di pensare che i confini siano qualcosa di arbitrario e l’unica politica giusta nei confronti dell’immigrazione sia di non avere alcuna politica dell’immigrazione. Penso sia sbagliato, non solo dal punto di vista politico ma anche morale e intellettuale. Il punto di partenza è riconoscere che la giustizia e i valori progressisti si applicano a partire dagli individui di una certa comunità. Torniamo a Rawls, la cui idea fondamentale è quella di una cooperazione tra i membri della società. Ma qualunque comunità ha bisogno di confini per autodefinirsi».

daniel chandler

 

E chi resta fuori?

«Questi confini non devono essere muri, ma ci deve essere una condivisione di valori all’interno di una comunità, quello che Rawls chiamava il “patriottismo liberale”. Ci sono buone ragioni per cui i progressisti dovrebbero guardare con sospetto al nazionalismo, ma è pur vero che può esistere una visione liberale dell’identità nazionale. È l’identità che tiene insieme le persone e le lega alla comunità, come in una famiglia allargata.

 

Dobbiamo riconoscere che l’immigrazione, oltre un certo grado, può sfidare questo senso di comunità. Ci deve essere rispetto per le diverse credenze e identità, ma c’è anche una sfera pubblica e un insieme di valori – libertà individuale, democrazia, eguaglianza – che devono essere sottoscritti da chi arriva. La maggior parte dei migranti li sottoscrive, anzi è spesso la ragione per cui hanno lasciato i loro Paesi e chiesto asilo in Occidente».

 

Nel capitolo finale del suo libro si torna alla teoria della prassi. È più vantaggiosa elettoralmente una posizione più moderata o più di sinistra?

elon musk donald trump

«La distinzione che farei non è tra moderati e radicali, ma tra chi ha una visione basata sui principi e chi fa politica adattando le sue posizioni a quello che viene fuori dai focus group e dai sondaggi.

L’approccio della cosiddetta Terza via, dal New Labour di Blair, al Partito democratico americano, alla Spd di Schroeder, nel breve periodo può anche far guadagnare consensi, ma è ormai evidente che nel lungo periodo non si rivela una strategia vincente.

 

Abbandonando un universo di valori distintivi e la loro identità, i partiti di centrosinistra si sono alienati il loro stesso popolo e hanno perso il senso di chi erano. La conseguenza è che oggi gli elettori sanno cosa vuole Donald Trump ma non per cosa si battono i democratici o il Labour».

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