
FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI…
1 - PIAZZALE LORETO FU NECESSARIO: SOLO COSI’ POTEVA FINIRE UNA GUERRA
Antonio Armano per il “Fatto Quotidiano”
Libero Traversa non ne può più di sentirsi chiedere di piazzale Loreto. Quel 29 aprile. L’esposizione dei corpi. Ma basta, accidenti, basta, dice urlando. Poi si calma. Era un ragazzino. Faceva servizio di guardia al tribunale di Milano e l’hanno chiamato a fare servizio d’ordine a piazzale Loreto. Ricorda quei giorni, mentre ci troviamo nella casa via Caronti, costruita dal padre Benedetto. Che gli ha dato il nome Libero “perché sono nato nel 1930, quando lui si trovava in prigione”.
Benedetto era ebanista, emigrato dalla Puglia per rifinire le carrozze ferroviarie del re e del papa. Si è messo in proprio aprendo una bottega diventata centro di antifascismo. Anarco-sindacalista, è finito dentro la prima volta insieme a Mussolini quando non era ancora il Duce ma solo un coetaneo con testa calda. E dopo quando il Duce veniva in visita a Milano e rastrellavano gli antifascisti per evitare guai.
Entra la moglie in sala, attratta dal veemente sfogo e chiede: “Vuoi dell’acqua?” Risponde di sì, beve. Intanto lei racconta che si trovava a piazzale Loreto. Non si sono conoscevano ancora ma le loro vite si sono incrociate lì. E un paio di piani sopra le folle di giovani studenti di design che stanno invadendo Milano, si parla di un’altra Milano. Le fabbriche immense dove sono nati i primi nuclei della Resistenza.
Alla Bovisa, Lambrate. I posti di blocco dei tedeschi ovunque. A piazzale Loreto gli operai prendevano i tram per andare a Sesto. Il distributore dove hanno appeso i cadaveri si trovava all’angolo I corpi di Mussolini Claretta Petacci e altri fascisti a piazzale Loreto la notte del 29 aprile 1945. Dopo vennero appesi a un distributore di benzina che oggi non c’è più all’angolo con corso Buenos Aires.
“Nei giorni della Liberazione avevo 15 anni, come la Bella Gigogin delle Cinque Giornate, e sorvegliavo con un moschetto lo stesso ingresso del tribunale da cui è entrato l’imprenditore fallito e omicida. Il 29 aprile si diffuse la voce che avevano fucilato Mussolini e portato a piazzale Loreto. Sono andato a fare il turno del pomeriggio nel servizio di sicurezza. Faceva freddo.
IL CADAVERE DI MUSSOLINI ALLOBITORIO
Avevamo le divise cachi inglesi, con i calzoni corti. In tribunale per scaldarmi mi sono messo su un bellissimo pellicciotto preso a un combattente della X Mas. A piazzale Loreto c’era più caldo. C’erano i cadaveri appesi. Li avevano appesi i vigili del fuoco di Milano, un corpo che ha lasciato molti morti nella Resistenza.
Li hanno appesi non per esporli ma perché non si poteva lasciarli per terra. La gente li voleva calpestare. Facevamo cordone. Quando vado nelle scuole a parlare, a volte mi chiedono particolari. Mussolini aveva il sangue che colava dalla bocca? Chissenefrega! Mi incazzo quando sento queste cose. Le cose più importanti di piazzale Loreto sono altre!”
Ricordando quei giorni da partigiano-ragazzino Libero pensa ai 15 partigiani fucilati sul piazzale dai militi della Muti e lasciati a terra nel ’44. Pensa alla perdita del consenso di Mussolini: “La gente che sputava era la stessa che l’aveva sostenuto. La piazza era piena. In tutte le famiglie c’erano stati lutti. Si volevano vendicare. Noi abbiamo perso mio fratello Salvatore sul fronte del Don. L’altro, Andrea, è scampato all’eccidio di Cefalonia. Si pativa da anni la fame, il freddo, i bombardamenti. Anche qui vicino è caduta una bomba. I bombardamenti a Milano sono stati terribili.
Certo, li facevano gli inglesi, ma la gente considerava Mussolini responsabile. È stato lui a dichiarare guerra a Francia e Inghilterra. Perché ha mandato i giovani a morire in Russia e in Grecia? Dopo il 25 luglio del ’43 tutto il Paese l’ha mollato. Il popolo era stufo di una guerra chiaramente persa. L’Italia è stata invasa dai tedeschi che hanno rimesso il Duce al potere come hanno fatto con altri governi-fantoccio. Non lo consideravamo legittimo. Se non si capisce questa cosa non si capisce piazzale Loreto”.
Libero Traversa ha iniziato l’attività antifascista formando una banda nella scuola che frequentava. L’istituto Cattaneo, per geometri. Aveva 12 anni, era il più giovane. Era sempre il più giovane allora: “Ora sono il più vecchio. Siamo rimasti in pochi. Le testimonianze dei partigiani ancora vivi sono state raccolte nel 2012 da Einaudi in un volume che ha un titolo significativo: Io sono l’ultimo. C’è anche la mia testimonianza. Quel titolo non mi piace. Nella banda che ho formato ci siamo dati nomi segreti omerici”. “Io mi chiamavo Aiace”, continua.
I CORPI DI BENITO MUSSOLINI E CLARETTA PETACCI
Mi piaceva quell’eroe. Il capo aveva 16 anni ed era Ulisse. Andavamo in bicicletta a volantinare. Nei cinema, all’uscita delle messe la domenica. Ai mercati. Ulisse è stato catturato durante una riunione con i capi di altre bande di volantinatori. La solita soffiata dei portinai sarà stata. Lo stavano deportando ma ha preso di nascosto una medicina, è stato male e lo hanno riportato a Milano.
Quando si è ripreso l’hanno arruolato nelle squadre che intervenivano dopo i bombardamenti. Era un lavoro pericoloso. In ufficio incredibilmente è riuscito a darci una mano. Ci stampava i volantini. Quando vado nelle scuole a spiegare come viveva un ragazzino allora cerco di far capire che non esistevano le televisioni, i telefonini. C’erano altoparlanti che trasmettevano i discorsi del Duce nelle aule. Mussolini ha inventato la propaganda. Facevamo il Sabato Fascista. Libro e moschetto fascista perfetto. Anche se eravamo dei bambini ci preparavano alla guerra. E la guerra è arrivata”.
2. ALBERTAZZI: ERO COI FASCISTI. NON CHIEDETEMI DI QUELL’ORRORE
Emiliano Liuzzi per il “Fatto Quotidiano”
Riduttivo chiamarlo col suo nome e cognome, Giorgio Albertazzi, con tutto quello che comporta essere nati a Fiesole, sulle colline del Rinascimento. Meglio maestro, perché è quello che è sempre stato. E a 93 anni è più lucido di sempre, uno dei più grandi intellettuali che l’Italia ha avuto, anche se l’adesione alla Repubblica sociale certi ambienti della sinistra non gliel’ha mai perdonata.
“Neanche io, se è per questo, me la sono mai perdonata. Ma scelsi la parte dei perdenti, quella della Rsi, e lo feci più che per un istinto anarchico che non per convinzione. Fu un mio dramma personale, ma senza rinnegarlo o cercare scorciatoie. Poi a me il pentitismo non piace”.
Lui non l’ha mai ammesso, ma gli viene imputato di aver partecipato a fucilazioni, anche se nel 1989 venne assolto perché “costretto, ma non estraneo ai fatti”. Attore, regista, scrittore. Grande seduttore. È tutto Albertazzi. Seduce solo a sentirlo parlare, anche attraverso quella distanza che un telefono non può colmare. Seduce perché l’uomo è vero, senza fronzoli. Non ne ha tempo. È il teatro che, a differenza del cinema, fronzoli non ne permette. Seduce la voce, seduce tutte le sere che si apre il sipario.
E l’età è un problema accessorio, per chi come lui sul palcoscenico è nato. Lo chiamiamo per sapere di piazzale Loreto. Del luogo come epilogo di una guerra civile che andava a finire un ventennio di fascismo. Albertazzi non era a piazzale Loreto, ma aderì alla Rsi, gli ultimi fascisti. Come lui Dario Fo, ma anche Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello, Marco Ferreri e molti altri.
Maestro, per lei cosa fu piazzale Loreto?
Era l’epilogo naturale di una rivoluzione? Piazzale Loreto fu solo macelleria messicana. Niente altro. Fu uno schifo, per chi l’ha voluto e chi l’ha portato a termine quel disegno. Ma non poteva essere evitato, non nel senso politico del termine, ma perché l’uomo è quella cosa lì.
Un animale?
Il peggiore degli animali. E quello che accadde a piazzale Loreto mi ripugna, mi angoscia e mi fa rabbrividire ancora il ricordo. Peserà come una macchia indelebile. E tutti gli altri piazzali Loreto che abbiamo dimenticato e che ci sono ancora oggi, in mondo apparentemente lontani come la Siria, la Libia, l’Iraq.
dario fo tra i repubblichini paracadutisti
Lei aderì alla Repubblica sociale. Ma era a piazzale Loreto la notte che venne portato il cadavere di Mussolini?
Non ero in Italia. Io ero a combattere. Paradossalmente contro i tedeschi che erano i nostri alleati. Ma nella confusione di quei giorni ci trovammo a sparare ai tedeschi, in Austria, tra le montagne innevate. Senza più niente.
E cosa dice a quelli che a Milano c’erano alle 3 di notte?
Dovevano portare il peso della vergogna per quello che fecero, come lo fecero. Come io ho portato la vergogna di essermi schierato coi fascisti.
Abbiamo capito il concetto. Ma l’uomo è migliorato o è sempre quello?
Siamo all’età del ferro. Siamo regrediti, peggiorati. L’uomo è barbaro. Ha ucciso nel nome di Dio, e continua a farlo. Quale aberrazione è ? Ma non credo ci sia profonda differenza tra le crociate dei cristiani e quelli che ammazzano nel nome di Allah. Tutte le guerre hanno sempre trovato una miccia religiosa. La pretesa di sostenere che il mio Dio è migliore del tuo.
Le sue parole, maestro, sono quelle di chi ha perso la speranza.
No, io non ho perso nessuna speranza, sono sempre convinto che l’amore e la leggerezza ci salveranno, alla fine. Quando la discesa al degrado un giorno si fermerà. Perché dovrà fermarsi. Purtroppo abbiamo vissuto in tempi irrespirabili. Ma la bontà dell’amore quella non può togliercela nessuno, è come l’equazione di Einstein applicata alla leggerezza.
Lei è un uomo di destra?
Non lo sono stato a vent’anni, figuriamoci se posso esserlo oggi.
Però aderì alla Repubblica di Salò, la domanda è lecita.
La fama di fascista non me la sono mai scrollata di dosso. Andai a Salò come tanti ragazzi, convinto che lì si combattesse per l’Italia, ma con altro spirito, e soprattutto consapevole che in quel momento stavo dalla parte di chi già aveva perso. Come dissi in un’intervista all’Espresso nella sentenza del Tribunale militare che mi ha assolto in istruttoria dopo due anni di carcere preventivo, c’è scritto che ho messo in salvo 19 ebrei. Ma non l’ho mai raccontata questa cosa. Non mi andava. le mie responsabilità, seppur di ventenne, me le prendo tutte. Senza vittimismo o pentitismo. Ma ripeto che quello che avvenne a piazzale Loreto fu un teatro dell’orrore, inutile, anche per l’epilogo della rivoluzione civile.
Oggi cosa vede?
Incontro fra Hitler e Mussolini
Vedo quello che non vorrei, la violenza che come diceva Shakespeare, manda l’uomo fuori dai cardini. Gli toglie l’intelligenza, il ragionamento. È tutto molto violento, la vita quotidiana è violenta. Lo siamo noi, uomini, e tutto quello che poi creiamo, a eccezione della poesia, è di una violenza inaudita. L’ultima battaglia politica è quella contro i rom. Questo siamo. Inaudito, per questo le dicevo in apertura che siamo all’età del ferro senza nessuna possibilità di svoltare. Fare tesoro degli errori senza farsi il segno della croce e così sia.
E la salvezza dove va cercata?
Nella leggerezza, nel sorriso, come diceva Calvino.
Dopo la caduta di Mussolini ci furono brutali mesi di guerra
E il maestro Albertazzi la salvezza dove l’ha trovata?
Nella poesia. Invocherei la morte se non ci fosse la poesia, l’amore. Il teatro.
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