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Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"
Scaricati i risparmiatori traditi, Matteo Renzi e i suoi hanno un solo obiettivo: mettere in sicurezza il network bancario, quello delle bcc toscane che ruotano attorno al Giglio magico. Ma non è finita. Perché dietro le quinte si lavora a un piano tanto segreto quanto ambizioso: mettere le mani sulla storica banca del Pd, il Monte paschi di Siena.
Fantarisiko bancario? Forse. Eppure, l’idea esiste e qualche indiscrezione di stampa lo conferma. Il caso ruota attorno alla riforma del credito cooperativo. Martedì sera il governo ha approvato un decreto. Un ok col trucco, in realtà, perché il testo è stato licenziato «salvo intese», odiosa formuletta che maschera ritocchi postumi. Quel che sta a cuore al premier, tuttavia, è noto: garantire una scappatoia ad «alcune» bcc, con una via d’uscita dalla holding unica in cui dovranno confluire i 350 istituti del settore.
Non tutti, però, grazie al «way out» escogitato dal governo: può restar fuori chi ha un patrimonio di 200 milioni di euro. Sulla carta sarebbero una decina le bcc con questo requisito, che pare cucito su misura per due realtà della Toscana: il gruppo empolese Cabel e Chianti Banca, che, tra altro, dovrebbe veder arrivare a stretto giro, come presidente, l’ex membro della Bce, Lorenzo Bini Smaghi, fiorentino e renziano.
Queste due banche potranno trasformarsi in spa, versando un po’ di quattrini al fisco. Venerdì il direttore di Chianti Banca, Andrea Bianchi, ha parlato di «illazioni». Dalla Bcc di Cambiano, invece (parte del gruppo Cabel con Pisa-Fornacette e Castagneto e che è l’unica delle tre sopra i 200 milioni indicati dal decreto-Renzi) si son limitati a dire che valuteranno tutte le opzioni. La scappatoia, dunque, non dispiace.
Il piano «Monte paschi», dicevamo. I due poli del credito cooperativo toscano - da lì sarebbe partito il «suggerimento» sulla scappatoia, accolto da palazzo Chigi - direbbero «no» alla holding targata Federcasse diventando società per azioni, presupposto per dare l’assalto a Rocca Salimbeni: i prezzi a saldo di questo periodo rendono possibile quel che sarebbe stato pura fantasia fino a qualche tempo fa; circolano analisi con tanto di scenari. Con i crolli di questa settimana, il titolo Mps è sceso a 0,46 euro e la capitalizzazione totale di Borsa è a quota 1,3 miliardi.
E chissà che, più in là, non spunti pure un’offerta per Banca Etruria, di cui è stato vicepresidente Pier Luigi Boschi, papà del ministro Maria Elena Boschi. L’operazione Mps, peraltro, consentirebbe al premier di risolvere una grana che tiene da mesi sotto scacco il sistema bancario (alla banca senese serve un partner, ma tutti i grandi gruppi, a cominciare da Ubibanca, si sono sfilati).
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Ma è di sicuro la prospettiva di accrescere il potere finanziario ad aver solleticato l’appetito di Renzi. Tutto questo prende le mosse dai suoi legami con le bcc toscane. Qualche nome aiuta a inquadrare meglio la faccenda: il presidente della Bcc di Cambiano è Paolo Regini e la moglie, Laura Cantini, è senatrice Pd in quota «Renzi» dal 2012; nella stessa banca figura, tra i dirigenti, Marco Lotti e suo figlio Luca è il sottosegretario, plenipotenziario del premier, che ha in mano il dossier bcc.
E proprio Lotti, ieri, è uscito allo scoperto: prima ha detto che sui rimborsi ai risparmiatori «si vedrà più avanti» (e qui si è tirato addosso le critiche di Renato Brunetta); poi ha promosso la riforma (che ufficialmente non esiste) sostenendo che «aiuta a consolidare il sistema». Di quale sistema parla?
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