L'UOMO CHE SUSSURRAVA AI KAZAKI - CHI E' PROCACCINI, IL CAPRONE ESPIATORIO DI ALFANO

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Francesco Grignetti per "la Stampa"

Giuseppe Procaccini, prefetto di prima classe, nato a Napoli nel 1949, capo di gabinetto del ministro dell'Interno dal 2008, aspirante alla carica di Capo della polizia fino a qualche settimana fa. Di sua eccellenza Procaccini da qualche giorno vediamo la foto sui giornali e ne sentiamo parlare come di un protagonista.

Già, ma chi è Giuseppe Procaccini? La risposta non è semplice: è un uomo-ombra, uno di quelli di cui si ricorda il puntiglio, la meticolosità, lo zelo nell'eseguire le indicazioni del ministro pro-tempore. Che fosse Bobo Maroni, o Annamaria Cancellieri, oppure oggi Angelino Alfano, chiunque si interpelli, politico o grand commis dello Stato, la risposta è sempre la stessa: «Procaccini è un uomo di fiducia».

Possibile dunque che il prefetto riceva l'ambasciatore del Kazakhstan al Viminale, il 27 maggio scorso, facendo le veci del ministro, e poi attivi l'intera catena di comando della polizia affinché si catturi un latitante kazako, senza informare il suo ministro? In fondo, il giallo è tutto qui.

Il ministro Alfano giura che lui non è stato informato. Quindi bisogna dedurre che Procaccini nel caso Shalabayeva si sia arrogato un potere non suo, inseguendo chissà quale sogno di gloria. Magari il sogno proibito di diventare Capo della polizia.

Non che fosse così lontano dai veri circoli del potere. Solo per stare agli eventi più recenti: il 12 giugno è stato lui ad aprire la Conferenza dei Prefetti, prima dell'intervento del ministro dell'Interno e del saluto del Presidente Napolitano. Si evince dallo stipendio che lo Stato gli corrisponde: quando il governo Monti pubblicò gli emolumenti dei dirigenti statali, lui era al trentesimo posto con 395.368 euro annui.

Non ci si deve meravigliare. L'uomo, dai modi sempre felpati e diplomatici, frequenta da sempre gli ambienti che contano. Era a Bruxelles nel 1990, appena quarantenne, accompagnando l'allora ministro del Tesoro Guido Carli per partecipare alla firma del Trattato di Maastricht. In quella fase era stato distaccato alla presidenza del Consiglio e poi al ministero del Tesoro, salvo rientrare nel 1992 al ministero dell'Interno e da allora ha scalato tutte le posizioni, una alla volta.

Al ministero ha annusato il potere che si esercita in polizia quando, nel luglio 2000, fu nominato a capo della Segreteria del Dipartimento di Ps. Un anno dopo venne nominato Vicecapo della polizia, preposto all'attività di Coordinamento e pianificazione delle forze di polizia, dove rimase fino al dicembre 2006. Salvo una parentesi di due anni, corrispondente al biennio di Giuliano Amato. Poi Procaccini tornò trionfalmente in auge con il ritorno del centrodestra e l'arrivo di Roberto Maroni sostituendo nientemeno che Gianni De Gennaro, spostato alla guida dei servizi segreti.

Il ruolo di capo di gabinetto infatti non porterà sotto i riflettori, ma è immancabilmente trampolino di lancio verso successi ulteriori. E infatti, dopo cinque anni di vero potere nei corridoi più importanti del ministero dell'Interno, per quasi un anno - coincidenti con le condizioni di salute sempre più precarie di Antonio Manganelli - il nome di Procaccini non è mai mancato nei totonomine. L'uomo faceva sapere in giro di avere solidi appoggi politici. Ma secondo suo costume non si esponeva. È un raro caso, infatti, il suo, in cui il database dell'Ansa non registra una sola parola detta in pubblico.

 

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