“LA STAMPA” DI MARIOPIO CALABRESI LUCIDA IN ANTICIPO LA STATUETTA DEL NUOVO GIANNI LETTA, AL SECOLO ENZO MOAVERO MILANESI, "IL BRACCIO DESTRO DI SUPERMARIO" - SANTINO IN SCALA UNO A UNO CHE DIMENTICA SOLO DI RACCONTARCI DOVE VA AL MARE "IL GRAND COMMIS CHE GIUNGE DAL NORD EUROPA" - VE LO DICIAMO NOI: ALL'ARGENTARIO, DOVE FREQUENTAVA I MEGLIO AVANZI DI GAROFANO…

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Fra. Gri. per "la Stampa"

Gli italiani faranno bene ad imparare questo nome: Enzo Moavero Milanesi. Sarà quasi certamente lui il nuovo Mazarino di palazzo Chigi, il prossimo sottosegretario alla Presidenza. Un Grand commis che giunge dal Nord dell'Europa a sostituire il romanocentrico Gianni Letta. E però, proprio come il suo predecessore, Moavero, prima a Bruxelles, ora in Lussemburgo dove è giudice alla Corte di giustizia europea, è famoso per la capacità di reggere un'enorme mole di lavoro, l'attenzione certosina ai particolari e ai documenti, la gentilezza squisita nei rapporti umani, e anche - perché no? - l'ambizione di indirizzare le cose del mondo da una scrivania che non è sotto i riflettori.

Nato a Roma nel 1954, laurea in legge alla Sapienza nel 1977 e master successivi in diritto comunitario e diritto internazionale in Belgio e negli Usa, Moavero ha una brevissima esperienza da ufficiale nella Guardia di Finanza tra il 1978 e il 1979. Fa in tempo a guadagnarsi un encomio solenne di cui è molto orgoglioso, ma altri sono i suoi interessi.

Nel 1983 vince un concorso come funzionario europeo e alle soglie dei trent'anni sbarca a Bruxelles. Si fa le ossa in vari incarichi finché non lo nota Filippo Pandolfi, un dc con fama di tecnocrate che De Mita ha spedito a Bruxelles come commissario europeo in rappresentanza dell'Italia. Dal 1989 al 1992 Moavero lavora nello staff di Pandolfi scalando una posizione alla volta fino a diventarne capogabinetto.

L'esperienza di Pandolfi termina mentre in Italia la Prima Repubblica sta morendo. Al governo c'è ora un certo Giuliano Amato che chiama Moavero nella squadra che deve occuparsi del risanamento degli enti pubblici. Resta a palazzo Chigi anche l'anno dopo. È uno dei «Ciampi boys», i giovani brillanti funzionari che l'ex Governatore mette al lavoro sotto la regia di Andrea Manzella. A Moavero affidano il Segretariato per gli Affari Europei. Lo aspetta un altro anno di lavoro esaltante. Partecipa al Gruppo di lavoro sulle privatizzazioni. Entra nel Comitato per il coordinamento della politica economica italiana con quella comunitaria. Lo inseriscono anche nel comitato di esperti che deve stilare il programma di governo.

Un flash che la dice lunga: il 30 ottobre del 1994, a Pontignano, in uno storico maniero medievale si tiene un bilaterale italobritannico di tre giorni. Padrone di casa è Giuliano Amato. Apre i lavori l'onorevole Giorgio Napolitano. Tra i relatori spicca il quarantenne Moavero che si trova a suo agio tra la dimensione nazionale e quella comunitaria.

L'esperienza Ciampi finisce nel maggio 1994. A palazzo Chigi s'insedia il primissimo Berlusconi. Moavero torna lesto a Bruxelles dove il commissario Mario Monti nominato a quel ruolo assieme a Emma Bonino dal Cavaliere - gli chiede di lavorare per lui. E qui verranno i cinque anni che cementano il rapporto con il professore della Bocconi. Lui capo di gabinetto, Monti che diventa il Supermario che ingaggia un epico scontro con le multinazionali per garantire la libera concorrenza. Il suo lavoro finisce con la promozione a direttore nella Direzione generale della Concorrenza.

Intanto un'altra stagione s'avanza. Romano Prodi è diventato presidente della Commissione Europea e nel 2002, a metà cammino, Enzo Moavero Milanesi viene scelto come segretario generale aggiunto. Le cronache dell'epoca lo definiscono come «l'italiano ai comandi della "macchina" dell'esecutivo di Prodi». A soli 47 anni, infatti, Moavero assumeva la responsabilità operativa mai concessa prima a un funzionario italiano. Amato, Ciampi, Monti, Prodi: è ben lunga la lista dei Presidenti con cui collabora. Da ultimo aveva scelto di lasciare Bruxelles per trasferirsi in Lussemburgo ad occuparsi della giustizia europea. Un parcheggio, in apparenza. Forse un modo per ricaricare le batterie.

 

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