DAGOREPORT: BANCHE DELLE MIE BRAME! - UNICREDIT HA MESSO “IN PAUSA” L’ASSALTO A BANCO BPM IN ATTESA…
1.MALI: MINISTRO MALIANO, OSTAGGI TUTTI LIBERI
(ANSA) - Tutti gli ostaggi all'hotel Radisson Blu di Bamako sono stati liberati dalle forze di polizia, ha riferito un ministro maliano citato dai media francesi.
2.MALI: SALE A 27 BILANCIO PROVVISORIO VITTIME RADISSON
(ANSA) - Sale a 27 morti il bilancio, ancora provvisorio, delle vittime al Radisson Hotel di Bamako dopo l'attacco di oggi. Lo riferiscono - secondo quanto riporta Abcnews - i peacekeepers delle Nazioni Uniti riferendo di aver contato 27 corpi.
3.SICUREZZA HOTEL INGANNATA DA AUTO CON TARGA DIPLOMATICA
(ANSA) - "All'inizio non si sono sentiti colpi di arma da fuoco, perché gli assalitori erano arrivati alle sei del mattino a bordo di un auto con targa diplomatica e questo ha fatto sì che la sicurezza e la sorveglianza all'esterno di questo albergo, non sia stata particolarmente alta a causa proprio di questa targa diplomatica".
Comincia così il racconto di Mamadou Diarra, direttore della radio Maliweb.net di Bamako, intervistato da Ilaria Sotis durante lo Speciale Gr1 in onda su Radio1 Rai dedicato all'attentato in Mali. "Del commando - ha detto ancora Diarra - facevano parte da quattro a otto terroristi, dotati di armi semi-automatiche, due guardie sono state uccise al momento dell'entrata dei terroristi questa mattina, poi il commando è salito al settimo piano e poi non si è saputo più nulla". Confermata anche la nazionalità degli ostaggi: maghrebini, cinesi, americani e anche rappresentanti della Turkish Airlines, oltre a personale di Air France.
4.MALI: GENTILONI, NON RISULTANO ITALIANI COINVOLTI
(ANSA) Non risultano all'Unità di Crisi della Farnesina italiani coinvolti nell'assalto dei jihadisti all'hotel Radisson di Bamako, in Mali. Lo ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni in diretta a #Corrierelive.
5.MALI: MEDIA, JIHADISTI DI AL MOURABITOUN RIVENDICANO
(ANSA) - I jihadisti di al Mourabitoun hanno rivendicato sul loro account twitter l'attacco all'hotel Radisson di Bamako. Lo riportano media internazionali. Il gruppo jihadista al Mourabitoun è stato fondato da Mokhtar Belmokhtar, ex comandante di al Qaeda nel Maghreb, ma recentemente si sarebbe unito all'Isis. Belmokhtar lo ha però smentito.
6.MALI: PRODI, GRUPPI TERRORISTICI LEGATI TRA LORO
(ANSA) - "I vari gruppi terroristici sono legati fra loro, non è possibile che queste cose avvengano senza che ci sia, non dico una regia unica, ma dei collegamenti organici fra le diverse fazioni". Così a Sky TG24 HD Romano Prodi, parlando dell'attentato di Bamako.
"Quando andai in Egitto a parlare con l'allora presidente Morsi, che era contro l'intervento francese, mi spiegò che la sua preoccupazione era che i terroristi del Sahel si unissero con quelli del Sinai, vedeva già in quel momento un legame. Non consideriamo questi episodi come interamente staccati tra di loro. Può darsi che ognuno abbia preso l'iniziativa - conclude - ma c'è certamente un coro che li guida".
7.MALI: PRODI, METÀ PAESE FUORI CONTROLLO
(AdnKronos) - In Mali "metà del paese non è sotto controllo, quindi per me non è una sorpresa quello che è avvenuto". Lo ha detto Romano Prodi a SkyTg24.Nel Paese “abbiamo le zone di Timbuctù. La zona di Gao, la zona di Kidal soprattutto, in cui l’esercito francese ha preso il controllo delle città, ma tutto attorno è in mano a nessuno, in mano alle bande armate. Il fatto di aver fatto una sortita in città non era difficile, data la situazione esistente, che da un paio d’anni è in stallo, una situazione di sospensione di tutto”, ha concluso.
8.PRODI: IL MIRACOLO-MALI DIMOSTRA CHE L’AFRICA PUÒ DECOLLARE”
Intervista di Francesco Semprini a romano Prodi su La Stampa del 14 agosto 2013
«Non possiamo lasciare il Mali e il Sahel nelle mani di terroristi e trafficanti. L’Africa ha cominciato un cammino di sviluppo e il mio obiettivo è di permettere alla regione di agganciarsi al resto del continente». Parte con questo appello il colloquio con Romano Prodi, iniziato al forum dei Nobel di Astana, e proseguito sino ai recenti sviluppi in Mali. L’Inviato speciale per il Sahel spiega che, con Ban Ki-moon, hanno modulato un approccio rivoluzionario per la regione, sistemico e snello, che responsabilizza in solido i Paesi donatori. Mentre all’Italia chiede di farsi maggiormente carico dei propri doveri.
HOTEL RADISSON A BAMAKO IN MALI
Presidente Prodi, come nasce il suo mandato Onu per il Sahel?
«Nasce dalla necessità di strutturare un progetto di sviluppo integrato per la zona più povera dell’Africa. Il ruolo che mi è stato affidato da Ban Ki-moon non è per un singolo Paese, ma per un’area intera, per affrontare i grandi aspetti dello sviluppo».
Qual è l’obiettivo?
«Fare in modo di avviare una fase di crescita sostenibile e integrata per i cinque Paesi centrali: Mali, Mauritania, Niger, Burkina Faso e Ciad. Paesi enormi territorialmente ma fragili dal punto di vista economico e finora separati in ogni strategia di sviluppo. Ban Ki-Moon ha voluto provare a lanciare un progetto di coordinamento per delle realtà poverissime e incapaci, da sole, a inserirsi nelle nuove speranze di sviluppo del continente».
prodi in mali con il presidente dioncounda traore
Quale approccio prevede il piano che ha messo a punto?
«Abbiamo mobilitato le università e gli esperti della regione, trovando risorse umane eccellenti e con una conoscenza molto più elevata di quella dei centri di ricerca collocati a migliaia di km di distanza e ai quali si faceva prima riferimento».
Quali sono i punti fondamentali della nuova strategia?
«Il primo è l’agricoltura, ovvero il nutrimento, l’irrigazione, le tecniche agricole e le vaccinazioni degli animali. Quindi le infrastrutture, visto che i Paesi non sono collegati fra loro da ferrovie o altro. Innovativo è il progetto di energia decentrata per portare l’elettricità in tutte le case, soprattutto con il solare, una rivoluzione come quella avvenuta con i cellulari. Infine, istruzione e salute, con scuole e ospedali».
Sul lato dei finanziamenti?
«Questa è l’altra novità. I fondi verranno ricercati a livello mondiale, facendo quasi una raccolta porta a porta. La vera innovazione è che il contributo può essere in denaro o in “natura”. Il donatore può versare fondi al Palazzo di vetro o agire direttamente, in coordinamento con l’Onu, senza strutture di passaggio che, per definizione, rendono tutto più macchinoso».
Questo cosa comporta?
«Se la Germania sceglie di realizzare un ospedale, lo costruisce direttamente ed è sua responsabilità di fronte al mondo se questo ospedale è ben fatto o no. È un modello di concorrenza virtuosa che evita le lentezze che oggi ritardano gli interventi internazionali a favore dello sviluppo».
Che tempi richiede la sua rivoluzione per il Sahel?
«Questo è il disegno generale su cui stiamo lavorando, poi il piano sarà portato in attuazione dalle istituzioni dell’Onu o a esse collegate come Banca Mondiale o Banca Africana di Sviluppo. L’incarico di Inviato speciale deve essere comunque a tempo determinato, non voglio che queste missioni straordinarie si procrastino all’infinito, si deve agire con rapidità».
Gli italiani si sono dimostrati virtuosi sino ad ora?
«Lo potrebbero essere di più dato che siamo piuttosto assenti in questa regione, nonostante l’attività di molte Ong. È ora di considerare maggiormente i nostri doveri ed i nostri interessi per un’area del mondo povera ma potenzialmente promettente e vicina. Non possiamo lasciare il Sahel nelle mani dei terroristi e dei trafficanti di droga. L’Africa ha realmente cominciato un cammino di sviluppo, e il mio obiettivo è di offrire un’occasione affinché il Sahel si agganci al resto del continente. C’è realismo non c’è solo sogno».
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