DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
Emiliano Guanella per “La Stampa”
Come sono lontani i tempi del Lula mattatore, dell' icona della sinistra mondiale, applaudito per dieci minuti dai leader planetari in piedi mentre inaugurava, da prassi tocca sempre al presidente brasiliano, l' assemblea generale delle Nazioni Unite. Luis Inacio da Silva era la speranza che veniva dal Sud del mondo, l' artefice di un grande piano di lotta alle diseguaglianze sociali compatibile con crescita e sviluppo economico. Oggi la sua stella, assieme a quella bianca su sfondo rosso del suo Partito dei Lavoratori, è in rovinosa caduta.
È stato formalmente incriminato per corruzione e riciclaggio di denaro nell' ambito della maxi inchiesta sulle tangenti nella compagnia statale Petrobras. Per gli inquirenti sarebbe il «comandante supremo» del sistema di mazzette pagate dalle maggiori imprese di costruzioni brasiliane, i cui dirigenti sono oggi in galera, per gli appalti del colosso petrolifero; un meccanismo che serviva a finanziare i partiti di governo e far arricchire i politici.
Il giudice Sergio Moro, anima dell' operazione «Lavajato», la Mani Pulite brasiliana, non sposa in toto questa tesi, ma ha accolto comunque la richiesta di incriminare Lula per un appartamento di lusso che lui e la moglie avrebbero ricevuto in dono in cambio dei favori fatti a una delle ditte coinvolte.
Un regalo di poco più di un milione di euro, che appare un' inezia rispetto alle cifre miliardarie dell' intero sistema, ma che basta per coinvolgerlo.
Lui nega tutto, ma la sua situazione è oggi molto complicata e non c' è giorno che passi senza che si scatenino le voci di un suo possibile arresto. I brasiliani sono divisi; per molti Lula, così come la presidente deposta Dilma Rousseff, non poteva non sapere, ma c' è anche chi continua ad appoggiarlo, convinto che tutto sia frutto di una grande manovra golpista della destra conservatrice per frenare i progressi sociali degli ultimi anni.
Difficile, comunque, pensare che possa diventare un martire. La sua straordinaria biografia, dalla fame del deserto del Nordest alle lotte operaie durante la dittatura fino alla presidenza, è ormai intaccata da una responsabilità quanto meno oggettiva rispetto al modus operandi del suo partito.
Dopo aver fustigato i difetti cronici della politica brasiliana, la sinistra di governo ha fatto propria la corruzione, il consociativismo, le alleanze spregiudicate, la spartizione della gigantesca macchina statale. Chiamati a cambiare il sistema, sono diventati parte dello stesso.
Lula ha sempre lottato e promette di farlo ancora, ma ha sempre meno forza. Il Pt è in caduta libera e ci si aspetta una batosta nelle elezioni amministrative a inizio ottobre.
Molti candidati hanno nascosto il simbolo del partito, ormai inevitabilmente associato allo scandalo della Lavajato.
La grande stampa brasiliana, che non ha mai amato Lula, nemmeno quando si guadagnava le copertine di mezzo mondo, ora picchia duro. Consumato l' impeachment, il governo di Michel Temer, con popolarità comunque molto bassa, cerca di far passare l' idea del cambio di pagina, mentre in Parlamento ci sono una decina di progetti di legge per bloccare le inchieste in corso, annullando il reato di finanziamento illegale della campagna elettorale o eliminando la figura dei pentiti.
Per molti Lula è sempre stato l' obbiettivo finale delle inchieste sulla corruzione. Dopo di lui l' operazione Lavajato potrebbe fermarsi, prima che l' intero attuale sistema politico crolli, come è successo in Italia con Mani Pulite. A Brasilia il clima è da «si salvi chi può» e nessuno, in fondo, è disposto a perdere il suo posto.
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