DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Stefano Cappellini per la Repubblica
Qualcuno (Pizzarotti, per esempio) è stato espulso, altri (vedi Nogarin) graziati, ma nessuno più di Virginia Raggi ha contribuito a stravolgere la disciplina interna sulla giustizia. Prima le è stato condonato lo status di indagata con un cambio in corsa delle regole, del quale ha poi usufruito anche Luigi Di Maio per candidarsi alla premiership, ora invece siamo al punto che la caduta di una delle accuse nei suoi confronti (l' abuso di ufficio) è stata ieri accolta con un trionfale entusiasmo dai vertici grillini («Smentita la campagna di fango contro di noi», ha detto Di Maio) nonostante la contemporanea richiesta di rinvio a giudizio per falso.
Intendiamoci, la scoperta del garantismo da parte dei Cinquestelle è un fatto positivo, e l' aver cominciato a familiarizzare con i rudimenti dello Stato di diritto - la presunzione d' innocenza, la distinzione tra notizia di reato e sentenza, la parità di accusa e difesa davanti al giudice - promette di restituire al Paese una forza meno rozza degli esordi, a patto che la linea di condotta sia applicata anche fuori dai confini del libero Stato di Rousseau, cioè a tutti coloro che non hanno la fortuna di essere illuminati dal verbo grillino.
Ma anche a patto che la furia propagandistica non sommerga qualunque discorso di principio, perché spacciare la caduta di una imputazione per una assoluzione preventiva non è garantismo. È una mistificazione. Siamo, dal punto di vista delle argomentazioni, non lontani dai tempi in cui le prescrizioni di Berlusconi erano festeggiate come assoluzioni dai peones forzisti. Soprattutto se l' esultanza è accompagnata da farneticanti accuse di complotto contro Raggi e di riabilitazione anche politica delle scelte che l' hanno portata sotto accusa.
SALVATORE ROMEO E VIRGINIA RAGGI
I pm romani non hanno stabilito che la nomina di Salvatore Romeo a capo della sua segreteria fosse legittima - come la vulgata grillina ha provato a tradurre - ma solo che non c' erano gli estremi per dimostrare il dolo, e cioè che Raggi fosse consapevole di commettere un reato nel promuovere e triplicare lo stipendio a un dipendente del Comune messosi in aspettativa apposta per incassare la nomina.
Cioè Raggi non è penalmente perseguibile per quella che, fanno sapere gli inquirenti, resta una procedura fuori norma. Se poi il M5S ha cambiato idea anche sul profilo dei nominati - oltre a Romeo, il famigerato Raffaele Marra - spieghi allora anche di aver sbagliato a pretendere da Raggi la loro cacciata. Le suggerisca, anzi, di richiamarli in servizio, sempre che Marra riesca a sua volta a scampare alle grane giudiziarie.
Resta poi l' accusa di falso. Stabiliranno i giudici, qualora Raggi sarà rinviata a giudizio, se il reato c' è o no. Per ora è agli atti solo il complicato rapporto tra Raggi e il vero: ha omesso nel curriculum il praticantato nello studio Previti, rimosso i suoi incarichi aziendali in era Alemanno, taciuto la notizia dell' assessora Muraro indagata e quindi giustificato l' arresto del braccio destro Marra con una frase di scajoliana fantasia («Era solo uno dei 23 mila dipendenti del Campidoglio»). Con questa sfilza di precedenti, il M5S farebbe bene a interrogarsi sul valore politico di una condanna per falso prima ancora che sul suo rilievo penale.
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