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Marco Lillo e Ferruccio Sansa per il "Fatto quotidiano"
Silvio Berlusconi mente per nascondere la verità sui suoi rapporti con le prostitute a partire dal 2008. E paga Tarantini per mentire davanti ai magistrati. Ora i giudici di Napoli chiedono il conto di tre anni di bugie. Ieri sono state rese pubbliche le motivazioni dell'ordinanza del Tribunale del riesame. Sono due le novità principali per Berlusconi. La prima è positiva: potrebbe non essere più chiamato a testimoniare come vittima di un'estorsione.
L'altra notizia però è cattiva: nelle prossime ore il presidente del Consiglio potrebbe passare dal ruolo di vittima del reato di estorsione a quello di presunto colpevole del reato di induzione a rendere false dichiarazioni ai pm (di Tarantini). Ma c'è di più: il Riesame mostra di non credere alla ricostruzione fornita da Berlusconi nel suo memoriale presentato ai pm di Napoli. Quindi il Cavaliere rischia anche la falsa testimonianza (in proprio).
Il punto di partenza del ragionamento dei giudici è la fotografia di una realtà sempre smentita dal premier: per i giudici napoletani emerge dagli atti una "piena e indiscutibile consapevolezza del presidente del Consiglio della qualità di escort delle ragazze presentategli dall'imprenditore barese". Per nascondere questa realtà il premier ha pagato Tarantini per mentire. Nessun ricatto al premier dunque . Non si deve procedere per estorsione, ma per induzione alle false dichiarazioni. In questa prospettiva, Berlusconi e Tarantini si scambiano i ruoli e il Cavaliere da vittima diventa indagato.
"Non può essere revocato in dubbio", scrive il Tribunale di Napoli, "che almeno dal giugno 2011 si sia verificato il passaggio di consistenti somme di denaro provenienti da Silvio Berlusconi e destinate ai coniugi Tarantini per il tramite di Lavitola". La novità è il movente del pagamento: Berlusconi paga non perché costretto, ma perché sceglie di indurre Tarantini a mentire. In questo ribaltamento, l'unico a non vedere mutata la sua posizione è Valter Lavitola, che resterebbe comunque indagato. I magistrati lo descrivono come "una personalità spregiudicata" e parlano di "concreto pericolo di fuga...", di "un elevatissimo rischio di recidiva".
Ma soprattutto "l'indagato ha dimostrato la propria capacità di continuare a delinquere pur trovandosi all'altro capo del mondo... potendo contare Lavitola su una fitta rete di contatti". Niente libertà , quindi, almeno sulla carta per l'ex direttore dell'Avanti!, che resta latitante. Stasera interverrà da Panama in uno speciale di La7 organizzato da Enrico Mentana dove sarà presente anche Marco Travaglio, su esplicita richiesta del faccendiere. Lavitola aveva chiesto anche il confronto con Italo Bocchino "per questioni che lo possono riguardare" ma il parlamentare di Fli ha declinato l'invito.
La ricostruzione del Riesame sposta anche la competenza dell'inchiesta: anche se la colata di soldi ha investito Tarantini a Roma, tutto inizia a Bari, dove l'indagato per favoreggiamento della prostituzione ha reso le sue testimonianze reticenti. Tarantini avrebbe avuto in cambio cinquecentomila euro per avviare un'attività commerciale.
Poi le buste - chiamate fotografie - passate tramite Lavitola alla moglie di Tarantini. E su questo punto il Tribunale segnala l'ennesima bugia del premier e della sua segretaria Marinella Brambilla che hanno parlato di versamenti da 10 mila euro mentre secondo i giudici erano di 100 mila euro. Poi c'è l'affitto pagato dal premier alla coppia in un lussuoso appartamento che si affaccia su via Veneto a Roma.
Infine l'assistenza legale che avvocati indicati dal Cavaliere hanno fornito a Tarantini senza che pagasse (uno dei legali, Nicola Perroni, è addirittura lo stesso del premier, ma di questo eventualmente si occuperà l'Ordine degli Avvocati). Il Riesame elenca i mezzi che sarebbero stati utilizzati da Berlusconi per fare pressioni su Tarantini, in pratica inducendolo a dire il falso o a non parlare: "Appare indiscutibile che gli avvocati... indicati da Berlusconi e di sua fiducia... non siano stati pagati da Tarantini... che ha più volte ribadito che le spese legali erano sempre state sostenute da Berlusconi". Ha detto Gianpi: "Visto che mi doveva pagare l'avvocato, almeno che fosse un avvocato gradito a Berlusconi".
Secondo passaggio: Berlusconi sostiene che le somme destinate a Tarantini erano dovute a titolo di "liberalità ". Il Riesame lo smentisce parlando di "evidente sproporzione tra l'entità della protezione" offerta a Tarantini "e lo spirito di liberalità ". Di più: "L'aiuto a un amico in difficoltà non si concretizza con modalità non trasparenti quali quelle utilizzate in ogni occasione da Berlusconi".
Ancora: "Non può in alcun modo ritenersi credibile che, se Berlusconi avesse inteso semplicemente sostenere la famiglia Tarantini... avrebbe poi mostrato evidente insofferenza" verso i suoi amici. I magistrati parlano di "costante correlazione tra la vicenda processuale barese (l'inchiesta per le escort, ndr) e la parallela corresponsione al Tarantini di plurime utilità ... frutto di una vera e propria interdipendenza".
Altro che estorsione: Tarantini non è un ricattatore, piuttosto è un poveraccio disposto a rischiare il carcere per mantenere il legame - anche economico - con il premier. Tanto da manifestare, in occasione di un suo interrogatorio, l'intenzione di "ricevere istruzioni su quanto avrebbe dovuto riferire da "Lui", cioè Berlusconi.
Emerge, dicono i magistrati, "la debolezza anche psicologica di Tarantini... che manifesta un bisogno ossessivo di ricevere da Berlusconi rassicurazioni... sul rispetto dell'impegno che questi aveva assunto di sostenerlo in cambio di una condotta processuale di Tarantini diretta a limitare il più possibile il danno all'immagine pubblica del presidente del Consiglio".
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