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LA MAGGIORANZA SBANDA SULLA MANOVRA - VOLANO STRACCI BAGNATI DURANTE IL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN CUI È STATA APPROVATA LA "MANOVRINA" - IN TANTI SONO SCONTENTI PER I TAGLI DEL MINISTRO GIORGETTI: VALDITARA È INCAZZATO PERCHÉ PER LA SCUOLA, GIÀ IN SOFFERENZA, SONO STATI DESTINATI MENO SOLDI DI QUELLI CHE AVEVA RICHIESTO. L'IRRITAZIONE DI GIULI PER LA "TAGLIOLA" DEL MEF IN MERITO AI FONDI NON UTILIZZATI DA PARTE DEI MINISTERI - LA BATTUTACCIA DELLA MELONI, CHE CAZZIA I COLLEGHI: "DOVEVATE FARE I COMPITI" - MISIANI, RESPONSABILE ECONOMIA DEL PD, TOMBALE SULLA MANOVRA: "È LA PIÙ PIATTA E RINUNCIATARIA DEGLI ULTIMI ANNI"
DALLA SCUOLA ALLA CULTURA IN CDM L'IRA DEI MINISTRI CONTRO I TAGLI DI GIORGETTI
Tommaso Ciriaco e Lorenzo De Cicco per “la Repubblica”
giorgia meloni in conferenza stampa - meme
Prima dei sorrisi in conferenza stampa a favore di flash, nel chiuso del consiglio dei ministri volano frecciate e accuse. Non tanto per la tassa sulle banche, che ha agitato il vertice pre-Cdm di giovedì notte e su cui i leader di maggioranza hanno siglato una faticosa tregua.
A irritare un pezzo di governo sono i tagli firmati dal ministero dell'Economia per far quadrare i conti. La famigerata spending review. Nel corso della riunione, mentre Giorgia Meloni prova a chiamare Sigfrido Ranucci (senza esito, perché il giornalista è impegnato a riferire a chi indaga i dettagli dell'attentato) e gli manda un sms di solidarietà promettendogli la doverosa protezione dello Stato, tra gli scranni dell'esecutivo gli animi si surriscaldano.
matteo salvini giorgia meloni antonio tajani giancarlo giorgetti 2
Il primo a esporsi è il ministro dell'Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, nominato in quota Lega, così come il destinatario della sua insofferenza, Giancarlo Giorgetti. Al responsabile dell'Economia, Valditara imputa una disparità di trattamento tra i dipendenti della pubblica amministrazione in generale e quelli del comparto scuola.
Secondo il titolare di viale Trastevere, la detassazione dei premi accessori prevista in manovra produce maggiori benefici per gli impiegati della Pa rispetto agli insegnanti. Perché questi ultimi hanno premi ridotti rispetto agli altri statali (ma con uno stipendio base, il cosiddetto tabellare, più alto). Il mondo della scuola è in sofferenza da mesi, reclama il nuovo contratto del settore e Valditara ha il cruccio di ritrovarsi con meno risorse di quelle sperate.
Anche perché nel frattempo il collega della Pa, il forzista Paolo Zangrillo, gongola: aveva chiesto 150 milioni per chiudere il nuovo contratto dei dipendenti pubblici e ne porta a casa quasi 550, con una novità particolarmente attesa dagli statali vicini al pensionamento: l'incasso del Tfs non arriverà più dopo anni, i primi 50mila euro saranno liquidati tre mesi dopo il ritiro dal lavoro.
Valditara non è l'unico scontento. Diversi ministri lamentano la sforbiciata sulle spese dei dicasteri — 8 miliardi in tre anni, di cui 2,3 subito — per com'è stata formulata dal capo della ragioneria, Daria Perrotta. L'anno scorso era previsto un taglio lineare del 5%, che però i ministeri potevano spostare da una spesa all'altra, all'interno del proprio budget. Stavolta no: saltano tutti i fondi residui, cioè quelli sin qui non spesi. Finiscono tutti nella "rete" del Mef.
giuseppe valditara pontida 2025 14
Protesta contro «il metodo» Francesco Lollobrigida, capo-delegazione di FdI. Si inalbera il ministro meloniano della Cultura, Alessandro Giuli. Giorgetti spiega che la tagliola ha riguardato poste non utilizzate.
Come dire: colpa vostra. Replica il successore di Sangiuliano: i ministeri senza portafoglio (come il suo, ndr) non spendono anche perché per farlo serve un'autorizzazione del Tesoro che spesso verrebbe firmata tardi. Meloni interviene con una battuta (ma significativa): «Dovevate fare i compiti». [...]
“PIATTA E RINUNCIATARIA, COSÌ NON SI CRESCE LE ENTRATE PER GLI ISTITUTI NON SONO CERTE”
Estratto dell'articolo di Niccolò Carratelli per “la Stampa”
Antonio Misiani, senatore e responsabile Economia del Pd, come giudica la manovra appena varata dal governo?
antonio misiani foto di bacco (2)
«È la più piatta e rinunciataria degli ultimi anni, privilegia l'austerità senza un barlume di strategia per lo sviluppo. Non si parla di dazi o di costi dell'energia. L'impatto è zero sui consumi e il Pil e negativo sugli investimenti».
I conti in ordine non sono un valore per la nostra affidabilità a livello internazionale?
«Ridurre il deficit non basta, se rimaniamo intrappolati nella stagnazione. Così il debito difficilmente scende. Il governo finora ha vissuto di rendita grazie al Pnrr, senza il quale saremmo in recessione.
E non ha una strategia per il futuro, quando le risorse Ue non ci saranno più».
C'era il modo per rendere la manovra un po' più corposa?
«Con interventi più incisivi sulla revisione della spesa, l'evasione fiscale e la base imponibile Irpef gli spazi sarebbero aumentati. Si poteva agire sui sussidi ambientalmente dannosi e sul riordino degli incentivi alle imprese. Certo, queste misure costano voti».
Il governo sceglie di chiedere i soldi alle banche, fa bene?
«È una vicenda gestita male. Non c'è alcuna tassa sugli extraprofitti, ma un contributo "volontario". Una sorta di tassazione "à là carte" per una singola categoria. Ho due domande. Che certezza ci sarà di queste entrate nel bilancio dello Stato? E, se le banche pagheranno, che garanzie ci sono che il contributo non verrà scaricato sui correntisti?».
Però i soldi serviranno per tagliare l'Irpef al ceto medio, un bene no?
«Sostenere il ceto medio è necessario. Ma per il taglio Irpef ci sono 2,8 miliardi annui, mentre con il fiscal drag gli italiani hanno pagato 25 miliardi di tasse in più. E poi a cosa serve un mini sconto fiscale se poi bisogna pagarsi le cure nella sanità privata?». [...]
E la detassazione degli aumenti per i rinnovi contrattuali e dello stipendio sul lavoro notturno e festivo?
«Tutto quello che aumenta le buste paga va bene, ma questi sono solo pannicelli caldi. In compenso, il governo ha affossato il salario minimo e non fa nulla per garantire veramente l'equo compenso agli autonomi. Servirebbe un intervento strutturale per sterilizzare il drenaggio fiscale e restituire ai lavoratori i 25 miliardi di cui parlavo». [...]
giorgia meloni giancarlo giorgetti foto lapresse
Il problema è che bisogna accantonare risorse per le spese militari?
«Solo nel 2026 serviranno tre miliardi e mezzo in più, a causa dell'accordo Nato con cui i governi europei – con la Meloni in prima fila – si sono piegati ai diktat di Trump. Sono più soldi di quelli messi per sanità e Irpef. E rischiano pure di essere spesi male, in assenza di una vera difesa europea».
giorgia meloni antonio tajani giancarlo giorgetti foto lapresse
giorgia meloni e giancarlo giorgetti - question time alla camera
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