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MAI DIRE RENZI! - BOCCIATA DALLA TARANTOLA (E GUBITOSI), IL PD RENZIANO PROVA A TIRARE FUORI LA RIFORMA RAI DALLE SECCHE DEL SENATO: ANZALDI E PELUFFO SVEGLIANO MATTEOLI E I RELATORI RANUCCI E BUEMI. MA FORZA ITALIA E I GRILLINI FANNO MURO IN DUPLEX…

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Tommaso Ciriaco per “La Repubblica”

 

E adesso il Pd passa al contrattacco. Con una lettera ad alto contenuto polemico, il partito di Matteo Renzi chiede conto ai senatori dei tempi necessari ad approvare la riforma della Rai nel passaggio a Palazzo Madama. Fa sentire il fiato sul collo ai “frenatori”, denuncia lo spettro di manovre dilatorie ordite dalla Camera alta.

 

«Vi chiediamo di poter avere una road map chiara e il più possibile accurata dei tempi del disegno di legge - scrivono il plenipotenziario renziano in Vigilanza Michele Anzaldi e il capogruppo dem in commissione Vinicio Peluffo - per capire orientativamente entro quando potrà essere licenziata e arrivare alla Camera». Da adesso in avanti, insomma, il timer renziano è innescato.

 

E la sfida lanciata: «Giunti a un passo dal traguardo - si legge nel testo - Sarebbe singolare se ci si arrestasse e si arrivasse tardi per errori di programmazione dei lavori parlamentari». Senza risposte adeguate, Palazzo Chigi procederà comunque alle nomine del consiglio d’amministrazione. Rispolverando la contestatissima legge Gasparri, come anticipato ieri da Repubblica.

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La missiva, recapitata in serata al presidente della commissione Trasporti Altero Matteoli e ai relatori Enrico Buemi e Raffaele Ranucci, rappresenta senza dubbio un’entrata in tackle. Ruvida, almeno secondo il “protocollo” che regola i rapporti tra deputati e senatori.

 

E però in linea con l’obiettivo di Renzi, che è quello di approvare al più presto la riforma. Il cda scade a luglio e di fronte al rischio di tagliare il traguardo fuori tempo massimo il Pd è disposto anche a forzare la mano. Perché una cosa è certa: l’esecutivo non intende lasciare in mano a un cda in proroga (quello attuale) la gestione della nuova fase aperta a viale Mazzini con il piano di riforma delle news varato da Gubitosi.

 

altero matteoli consiglio nazionale forza italia foto lapresse altero matteoli consiglio nazionale forza italia foto lapresse

Anche a costo di ricorrere una volta di più alla Gasparri per nominare il prossimo consiglio. «L’approvazione del ddl - confermano i dem nella lettera - è particolarmente urgente perché si rischia di rinnovare il cda con la vecchia legge. Una legge che ha dimostrato in questi anni tutti i suoi limiti, a partire dalla ingovernabilità e dalla politicizzazione inarrestabile dell’azienda».

 

Non è un mistero che i renziani attribuiscano a Forza Italia e Grillo il progetto di «insabbiare il ddl». Non a caso è proprio Renzi ad imporre la brusca accelerazione. «Faremo le nomine con la Gasparri se non ci sarà la riforma - spiega il premier a radio Anch’io ma credo ci sia spazio per poter portare la riforma della governance in Parlamento e votarla. I partiti - aggiunge - devono stare fuori dalla Rai: non userò mai il mio ruolo di segretario per scegliere i direttori o i caporedattori dei Tg Rai».

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Il capo dell’esecutivo esclude invece «forzature», sgombrando il campo (almeno per il momento) dall’ipotesi di ricorrere a un voto di fiducia. Una strada, quest’ultima, fino a poche ore prima considerata inevitabile per riuscire a strappare il via libera alla riforma entro l’estate.

 

Chiamato in causa, Matteoli non si sottrae. Promette una gestione equilibrata della commissione chiamata a vagliare la riforma. E offre qualche indizio sui tempi necessari a licenziare il testo: «Entro il 21 maggio chiudiamo con le audizioni. Su questo punto c’è l’unanimità. Poi ci sarà spazio per la discussione generale».

 

Il presidente non si sbilancia invece sulla possibilità di concludere l’iter entro metà giugno, come da tabella di marcia renziana: «Penso che ci siano i presupposti, ma non posso garantirlo. Dipenderà molto dal numero degli emendamenti e dall’atteggiamento dei senatori».

 

gasparri allo stadiogasparri allo stadio

Ecco, proprio l’opposizione strenua di Forza Italia rischia di imbrigliare la riforma. Sulla barricate si agita già Maurizio Gasparri. Di fronte al rischio di mandare in pensione la sua creatura, l’ex ministro minaccia fuoco e fiamme: «La proposta di Renzi è incostituzionale.

 

L’amministratore delegato che fa le nomine da solo e il cda senza poteri è la dittatura di un solo partito. Cambiare o stop!». Non sono solo gli azzurri a opporsi. I senatori dem più critici con Renzi sono pronti a mettersi di traverso a Palazzo Madama. La Lega promette «battaglia».

 

E anche il presidente grillino della Vigilanza Roberto Fico picchia duro sul testo dell’esecutivo. «Il disegno di legge governativo può avere solo un titolo: “occupy Rai”». Per il Movimento, la riforma non migliora le condizioni di viale Mazzini: «In ogni caso siamo rovinati: se si va avanti con la Gasparri, il nuovo cda sarà occupato dai partiti politici. Se invece andiamo avanti con il ddl governativo, sarà occupato dal Governo. Se non piove, grandina». La battaglia è solo all’inizio.