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Simona Ravizza e Andrea Senesi per il “Corriere della Sera”
Ai bei tempi tre poltrone in un colpo solo non gli sono bastate. Meglio averne cinque. Tutte insieme. Già senatore di Forza Italia, colonnello plenipotenziario di Silvio Berlusconi che l’ha messo alla guida del partito in Lombardia e sindaco di Arconate, nel marzo 2013 Mario Mantovani, 65 anni, diventa anche assessore alla Sanità e vicepresidente della Regione. Le ultime elezioni l’hanno consacrato come il più votato con quasi 13 mila preferenze.
Sono gli anni in cui Mantovani, da ieri in carcere a San Vittore per corruzione, è l’uomo più potente della Lombardia, secondo solo al governatore Roberto Maroni.
Per la sua capacità di restare impassibile davanti a qualsiasi attacco, gli amici più stretti lo definiscono «un uomo a cui spari ma non riesci a fargli uscire sangue». Per i nemici, invece, il soprannome è «il badante di mamma Rosa»: da sempre, infatti, c’è chi accosta la sua ascesa politica in Forza Italia alla dedizione alla madre di Berlusconi, Rosa Bossi.
Mantovani, la cui carriera inizia come imprenditore di case di riposo, le garantisce a lungo cure e assistenza e, per il giorno del suo funerale, proclama il lutto cittadino ad Arconate.
Prima dell’arrivo in Regione, tra il 2008 e il 2009, la carica di europarlamentare lo porta a Bruxelles, quella di senatore e sottosegretario alle Infrastrutture a Roma. Ma è proprio in questo paese da seimila abitanti, dov’è considerato il «Faraone» , che girano la vita e gli affari di Mantovani. Le norme non gli permettono di essere sindaco per tre volte di seguito? Per aggirarle, la sua maggioranza si dimette poco prima della fine del mandato, in modo da consentirgli di correre per la terza volta.
MARIO MANTOVANI ROSA BERLUSCONI SILVIO BERLUSCONI
E anche quando, ormai eletto in Regione, le sue dimissioni diventano un atto dovuto, il Consiglio comunale, a guida Forza Italia, si rifiuta di votarne la ratifica, con una querelle giudiziaria lunga un anno e alla fine della quale Mantovani ha uno dei dispiaceri più grossi della vita, quello di non essere più il sindaco di Arconate.
Un altro, arriva subito dopo: sua nipote Samanta Rellamonti, nuova aspirante alla carica di primo cittadino in nome dell’esperienza di famiglia, viene sconfitta alle elezioni dalla lista civica «Cambiamo Arconate». Un duro colpo per «il Faraone», reduce da una campagna elettorale in cui aveva promesso che avrebbe avuto un occhio di riguardo nelle assunzioni in Sanità per gli abitanti del suo paese: del resto, il suo autista-segretario, l’arconatese 21enne Fabio Gamba, era stato chiamato in Regione con una consulenza di 16 mila euro per occuparsi di «analisi dei costi delle spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera».
MARIO MANTOVANI SILVIO BERLUSCONI
Non l’ha mai scalfito neppure il rischio di conflitto di interessi: assessore alla Sanità della Lombardia e un impero di case di riposo il cui accreditamento dipende dalla Regione. Gli anziani assistiti sono oltre 900, per milioni di euro di rimborsi pubblici. L’incompatibilità di ruoli gli viene rinfacciata durante un’animata riunione lo scorso 4 agosto dalla lady di ferro della Lega Cristina Cantù, allora assessore al Welfare. L’occasione è l’adeguamento della rete di case di riposo: tra i due sono scintille.
MARIO MANTOVANI ROBERTO MARONI
A lui la parola finale con la minaccia di una querela per diffamazione. Ma adesso è proprio lì, tra le onlus e le fondazioni del «sistema Sodalitas» riconducibili a Mantovani, che scava la Guardia di Finanza.
Quella del 4 agosto è, però, la sua ultima giunta da assessore. I rapporti con il governatore Roberto Maroni si sono raffreddati da tempo e, con l’occasione dell’approvazione della riforma della Sanità, viene scaricato. La mozione degli affetti con mamma Rosa evidentemente non fa più presa su Berlusconi che lo lascia silurare senza che Forza Italia, dal gennaio 2014 coordinata da Mariastella Gelmini, muova un dito in sua difesa. Gli restano, fino a ieri, il ruolo di vicepresidente e una manciata di deleghe per le relazioni internazionali.
MARIO MANTOVANI ROBERTO MARONI
Per difendersi dalle accuse, Mantovani sceglie come legale Roberto Lassini, l’avvocato finito a sua volta indagato nel 2011 per i manifesti anti pm («Via le Br dalle Procure») con cui era stata tappezzata Milano: «Noi ci siamo già passati da innocenti», è lo sfogo del «Faraone». Insieme con Lassini e il suo braccio destro Giacomo Di Capua, anche lui da ieri a San Vittore, Mantovani è stato tra i promotori dei sit in davanti al Tribunale di Milano in difesa di Berlusconi.
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