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Giacomo Amadori per "Libero Quotidiano"
salvatore buzzi con il quarto stato alle spalle
I due grandi accusatori di Mafia Capitale sono separati dal mar Tirreno e da troppe parole. Sono reclusi in due città molto lontane: Salvatore Buzzi nel carcere nuorese di Badu 'e Carros, Franco Panzironi in quello romano di Rebibbia. Il primo è considerato uno dei due vertici dell' associazione malavitosa sotto indagine, Panzironi era invece uno dei manager di fiducia dell' ex sindaco di Roma Gianni Alemanno.
Nei suoi precedenti interrogatori Panzironi ha sostenuto che lo stesso Alemanno e l' ex assessore all' Ambiente Marco Visconti avrebbero percepito 400 mila euro per lo sblocco di alcuni pagamenti alle coop di Buzzi.
Ma quest' ultimo a giugno ha ripreso a parlare e ha rincarato le accuse contro Panzironi: quando era alla guida dell' Ama (Azienda municipale ambiente) e successivamente della controllata Multiservizi, avrebbe incassato, all' insaputa di Alemanno, circa un milione di euro di mazzette.
E così il primo luglio scorso i magistrati romani Michele Prestipino e Paolo Ielo si sono presentati a Rebibbia per contestargli le nuove dichiarazioni del boss delle cooperative rosse romane. Ma le risposte dell' ex presidente di Ama, assistito dall' avvocato Pasquale Bartolo, sono state di ferma smentita e forse hanno contribuito a convincere la procura dell' inattendibilità di Buzzi.
SALVATORE BUZZI FRANCO PANZIRONI
Durante l' interrogatorio Ielo riassume i verbali che ritraggono Panzironi come «il padrone di Ama sino al maggio del 2013 (...) quando cade Alemanno». Nel 2008 il cda controllato dal centrosinistra si dimette e l' ex consigliere Panzironi viene scelto per la carica di presidente. Per Buzzi l' avvicendamento nasce da un patto tra Alemanno e il referente di Rifondazione comunista.
Panzironi ammette che nel 2008 Alemanno gli chiese di dimettersi perché lo aveva fatto l' esponente di Rc Antonio Passerelli, in cambio della «presidenza di un' azienda dell' Ama».
L' occasione servì anche a piazzare «persone nostre» nel cda, ma il cambiamento si era reso necessario soprattutto perché l' azienda era in una situazione prefallimentare e qui Panzironi cita i conti dell' Ama dei tempi del sindaco Walter Veltroni: «Fu accertato un debito verso le banche per circa 700 milioni, a breve termine, con interessi... fu accertato un debito verso i fornitori per circa 300 e rotti milioni e fu accertato che nel bilancio del 2008 c' erano crediti inesigibili.
Pertanto il bilancio chiuse con 258 milioni. Tutto questo portava al fallimento». Panzironi spiega anche che le operazioni di salvataggio dell' azienda che mise in atto dismettendo, per esempio, parte del patrimonio immobiliare, vennero concordate anche con «minoranza politica e sindacati».
A questo punto gli inquirenti iniziano a entrare nel dettaglio delle accuse di Buzzi. Nel 2009 viene bandita una nuova gara per la raccolta differenziata e Panzironi per far vincere l' appalto a Buzzi & C. avrebbe chiesto 100 mila euro a un rappresentante del Consorzio nazionale servizi (Cns), il ternano Massimo Cabiati, ex rappresentante dei precari nella Cgil.
Il presunto intermediario, Cabiati, oggi non può più testimoniare perché nel frattempo, nel 2012, è deceduto a soli 48 anni. Panzironi dice di trovare originale il fatto che «la persona che è morta» sia «il filo conduttore» delle accuse nei suoi confronti e che le dichiarazioni di Buzzi si stiano concentrando contro di lui: «Io questo (Buzzi ndr) praticamente non l' ho neanche frequentato».
Prestipino lo tranquillizza: «Buzzi è indagato. Quindi ha diritto al silenzio, ha diritto a mentire, ha diritto a fare la sua strategia processuale e quindi noi abbiamo il dovere poi di verificare».
Ma ecco le parole del cooperatore: «Facciamo una riunione al Cns di Bologna e con l' approvazione di quelli che sono presenti si decide di pagare. I soldi vengono consegnati a Cabiati che li dà a Panzironi con il risultato della vittoria della gara». L' accusato è confuso: «Io non so di che cosa stiamo parlando, è questo il problema. Cioé a me Cabiati non mi ha dato mai nulla».
Panzironi ammette di aver conosciuto Cabiati ad "Obiettivo lavoro", l' agenzia legata alla Cgil di cui l' ex presidente di Ama è stato direttore e Cabiati il responsabile nazionale sviluppo.
«Quando qualche volta è venuto in Ama è perché voleva partecipare alle gare per il lavoro interinale...» è l' unico ricordo di Panzironi. L' ex manager offre ai pm un possibile movente delle accuse di Buzzi: «Io avevo dato disposizione in Ama di non far accedere alle attività le cooperative (…) perché ritenevo che l' esternalizzazione di attività caratteristiche dell' azienda, ossia la raccolta di rifiuti, era irregolare».
Ielo gli riferisce che Buzzi lo accusa di aver chiesto altri 100 mila euro per assegnare la gara per la pulizia dei cimiteri allo stesso Buzzi e alla Ecoflora di Passerelli, ex consigliere di Ama. Panzironi risponde che «non c' è nulla di vero» e che, anzi, lui ha praticamente fatto annullare la gara per favorire la Multiservizi.
Ma l' elenco della spesa di Buzzi non è terminato. Nel 2010 Panzironi avrebbe chiesto altri 120 mila euro a Cabiati per l' aggiudicazione dell' appalto per la raccolta dell' organico. «Io non ho preso soldi da Cabiati né prima né dopo» è la difesa di Panzironi. Che, visto l' elenco degli appalti contestati dai pm, ironizza: «Non riesco a capire perché questo (Buzzi ndr) si lamentava che non prendeva le cose».
gianfranco fini gianni alemanno
I pm spiegano che loro fanno tutte queste domande per capire la posizione anche degli altri associati di Buzzi, i presunti corruttori. Uno è defunto, ma ne rimangono altri da identificare: «Dobbiamo capire se questi soldi sono stati pagati oppure no, perché il tema di fondo è la posizione di questi...».
Ma Panzironi per adesso salva tutti: «Sono esterrefatto» dichiara e ricorda a Ielo e Prestipino di aver già denunciato Buzzi per calunnia e di essere pronto a rifarlo. Gli inquirenti domandano all' imputato se confermi le sue precedenti dichiarazioni e se abbia qualcosa da aggiungere. Panzironi non modifica la sua versione e aggiunge di assumersi tutte le responsabilità di quanto detto.
Una linea ben diversa da quella di Buzzi che ogni mese tira fuori nuovi ricordi. Che non hanno modificato la linea difensiva del manager, come spiega l' avvocato Bartolo: «Il mio assistito ha fatto sapere ai pm che se vogliono che lui ammetta di aver ricevuto quel denaro lui può anche farlo per uscire di prigione. Ma per un questione di onestà intellettuale devono anche sapere che lui quei soldi non li ha presi».
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