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Maria Latella per "Il Messaggero"
Mancano solo due domeniche al 25 maggio e nessuno azzarda previsioni su quel che succederà dal 26 in poi. Nessuno, né in Forza Italia né nelle aziende del fondatore Silvio Berlusconi prova a immaginare cosa accadrà se il risultato sarà inferiore a quel 20% identificato come la linea di salvezza tra una dignitosa sopravvivenza e la debacle. Ognuno dei diversi regni che compongono l'impero berlusconiano la vede in maniera diversa e ha buone ragioni per non cambiare idea. Nelle aziende del gruppo, per dire, non si fa mistero di considerare con preoccupazione un eventuale riproposizione dell'ipotesi Marina Berlusconi.
«I giornalisti dovrebbero conoscere meglio la vita di un capo azienda. Ditemi voi se una che guida un gruppo come il nostro, una manager che ha le sue soddisfazioni, la sua vita familiare, può essere affascinata da un salto in politica» è il refrain più diffuso. Diffuso e condiviso davvero a tutti i livelli, al punto che uno dei manager più apprezzati da Marina Berlusconi e da Ernesto Mauri, quel Riccardo Cavallero che è direttore generale dei libri Mondadori, ha risposto con disarmante secchezza a "La Stampa" che gli chiedeva: se Marina Berlusconi sceglierà la politica per il gruppo sarà una perdita o un'opportunità ? «Una perdita. à un ottimo editore», ha scandito Cavallero. Lo farà ? «Spero di no». Inutile dire che, nelle ultime settimane, il numero dei perplessi cresceva quanto più il partito appariva fermo nei sondaggi.
LE PERPLESSITÃ
In un altro dei regni che compongono l'impero berlusconiano, quel circolo ristretto di politici esperti ancora in contatto col capo, si ragiona anche d'altro, per esempio di quest'Italia radicalmente cambiata per effetto di Matteo Renzi e Beppe Grillo. «La carta Marina era buona ma è stata giocata male - confida uno di loro - troppo tardi e troppo in fretta». Eppure Gigi Bisignani, ormai l'"especialista" di trame future, per dirla con Aldo Busi, è tornato a parlarne nella trasmissione "Un giorno da pecora", lui che un anno fa aveva avanzato l'ipotesi della successione dinastica in Forza Italia. Il politico di vecchia esperienza non gli crede: «Allora, dodici mesi fa, ci sarebbe stato il tempo per una pianificazione, per una preparazione in grande stile. Oggi si capirebbe che è una scelta da ultima spiaggia, soprattutto dopo i numerosi stop and go. Si è usato il nome di Marina per rialzare il morale delle truppe ma così lo si usura».
IL PIANO B
A riproporlo, quel nome, e con una certa ciclicità , sono invece i politici più vicini al cerchio magico, anche se qualcuno, tra loro, scherzando sostiene che chi parla di un'ipotesi Marina coltiva in realtà un altro sogno, altre aspirazioni. Una candidata che ha niente da perdere e molto da guadagnare in fondo ci sarebbe: Francesca Pascale. Lei? Lei. Ama la politica, è giovane, meridionale. Perché no? Perché non tutti in Forza Italia la prenderebbero bene, è la risposta.
Forse, ma se le ambizioni di Berlusconi si riducessero a un partito del 15%, un partito diciamo di testimonianza e difesa, garantito dal solo brand Berlusconi, le obiezioni dei vari valvassori e valvassini conterebbero poco. Certo, qualche spiegazione in giro andrebbe data, ma è anche vero che nell'impero berlusconiano le candidature alla successione nascono e muoiono nel giro di una settimana. Non è forse successo così anche con Barbara? La primogenita di Silvio e Veronica sembrava disponibile a lanciarsi in queste europee. Poi, l'ipotesi è stata lasciata cadere e, a questo punto, senza possibilità di ripescaggi. Barbara la disponibilità l'aveva data ma il bis, come Paganini, non lo concede.
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