
BELLONI, UN ERRORE DOPO L’ALTRO. QUANDO SBATTÈ LA PORTA DEL DIS, ESSENDO ENTRATA IN CONFLITTO CON…
Giovanna Vitale per “La Repubblica – Roma”
Tra minacce e ricatti ha rischiato seriamente di partire azzoppata, la candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024. Una possibilità — l’approvazione della mozione in aula con i soli voti della maggioranza e di qualche sparuto volontario della minoranza — rimasta in piedi sino all’ultimo istante. Finché il sindaco Marino — convinto dal presidente del Coni Giovanni Malagò e dal vicepresidente del Comitato promotore Luca Pancalli — non ha deciso di ritrattare in corner, a tempo quasi scaduto, l’invettiva lanciata domenica sera alla Festa dell’Unità: quel «la destra torni nelle fogne» che tanto malumore aveva provocato fra gli eredi di Giorgio Almirante.
Una trattativa durata più di 48 ore. Condita di blandizie, avvertimenti e ultimatum per ridurre il chirurgo dem a più miti consigli. Da lui tuttavia a lungo rifiutati. E ciò nonostante il pressing del solito Guido Improta, tornato a vestire i panni dell’assessore all’Armonia pur di individuare — con l’aiuto dell’attivissimo capogruppo pd Fabrizio Panecaldo — una formula che accontentasse il centrodestra e salvasse la faccia a Marino. E pure di Pancalli, determinato a portare a casa il risultato. Mentre Malagò si occupava di rabbonire e persuadere il senatore Andrea Augello (Ncd), a capo delle truppe d’opposizione intenzionate a sabotare la mozione.
ignazio marino alla festa di sel
Ha provato a resistere, il sindaco. A cercare sponda nei suoi. A dire che non ci pensava nemmeno, «ci provassero a votare contro Roma e il Paese, passeranno per quelli che hanno voluto affossare una sfida che porterà sviluppo alla città», il suo ragionamento. Fino a quando non gli hanno raccontato ciò che Augello era pronto a fare, qualora «le scuse per quella frase infelice sulle fogne» non fossero arrivate.
Il piano dell’ex colonnello di An, rivelato a tutti gli interlocutori (istituzionali e non) impegnati nella partita olimpica affinché lo spiegassero all’inquilino del Campidoglio, era diabolico. «Se lui non fa marcia indietro, noi domani convocheremo i giornalisti al Circolo della Stampa estera e presenteremo un dossier — tradotto in inglese, francese e tedesco — dal titolo chiarissimo: “Il sindaco Marino, il Blatter italiano” in cui elencheremo tutti i dirigenti da lui nominati, coinvolti in Mafia Capitale». Un colpo mortale per l’immagine di Roma e per la corsa ai Giochi.
ignazio marino alla festa di sel
È solo allora che il chirurgo dem ha compreso di non avere scampo. Che l’unica strada possibile era la marcia indietro. Sebbene digerita a fatica. Come d’altra parte tutti — da Malagò a Montezemolo, passando per Improta — avevano tentato di fargli capire con le buone. «Non userò più quelle parole», ha scandito infine in aula. Costretto, con le cattive.
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