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Francesco Borgonovo per “Libero Quotidiano”
Magari questa è la volta buona. Forse adesso giornalisti, politici, intellettuali assortiti e predicatori catodici di varie specie se lo faranno entrare in testa: sulle bagnarole che traghettano migliaia e migliaia di immigrati dalle coste nordafricane a quelle italiane non ci sono soltanto profughi in fuga da guerre e carestie. Ma anche elementi pericolosi, criminali e affiliati di organizzazioni terroristiche.
Del presunto jihadista arrestato ieri a Gaggiano, vicino a Milano, sappiamo nome, cognome e origine: è il ventiduenne Abdel Majid Touil, marocchino, accusato di essere uno degli esecutori dell'attentato al Museo del Bardo di Tunisi. Sappiamo pure come è giunto in Italia: a bordo di un barcone che ha attraccato a Porto Empedocle il 17 febbraio scorso. Ecco dunque una prova - il «pistola fumante», potremmo dire - che smentisce quanti, nei mesi scorsi, si sono affannati a ripetere che sui barconi ci sono soltanto dei poveracci meritevoli di accoglienza.
Oddio, non che di prove non ne avessimo a sufficienza anche prima di ieri. A sostenere il rischio di infiltrazioni jihadiste sulle navi cariche di immigrati sono stati i servizi di intelligence di mezzo mondo. Quattro giorni fa il consigliere del governo libico Abdoul Basit Haroun lo ha ripetuto alla Bbc. Due giorni fa lo ha ribadito perfino il segretario della Nato Jen Stoltenberg. Eppure, qui da noi, è stata una gara a negare, a smentire, a liquidare come populismo qualunque avvertimento.
Il caso più clamoroso rimane quello del passante che si trova casualmente a ricoprire l’incarico di ministro degli Esteri, cioè Paolo Gentiloni. A gennaio, a margine di un convegno a Londra sullo Stato islamico, dichiarò che il pericolo di infiltrazioni terroristiche sui barconi era concreto. Poi fu costretto a smentirsi a strettissimo giro. E ancora cinque giorni fa ripeteva: «I nostri servizi di intelligence ci dicono che non ci sono informazioni di infiltrazioni terroristiche nei barconi di immigrati». Per fortuna.
Poi c’è il caso clamoroso di Angelino Alfano, il quale ha sempre testardamente negato. «Non ci sono tracce di infiltrazioni», diceva già a gennaio. Stessa frase ripetuta non più tardi di due giorni fa: «Non ci sono terroristi sui barconi». Identica la versione - probabilmente leggevano tutti dallo stesso copione - della ministra della Difesa Roberta Pinotti: «Non abbiamo evidenza che ci siano state, fra tutti gli arrivi, delle infiltrazioni di terroristi», ha detto due giorni fa.
Ora, ci può anche stare che un politico non voglia diffondere il panico. Ma queste dichiarazioni sembrano figlie, più che della ragion di Stato, della sragione ideologica. Rispecchiano infatti le fumisterie dei professionisti dell’accoglienza, gli illustri teorici dell’integrazione a ogni costo. Ad esempio Gad Lerner.
Alla fine di aprile, Matteo Renzi ebbe un lampo di lucidità e dichiarò che, sulla navi cariche di clandestini «non ci sono solo famiglie innocenti». Una banalità, un ragionamento che chiunque potrebbe fare basandosi soltanto sul buonsenso: se non sappiamo chi sono le persone in arrivo, come facciamo a escludere che siano jihadisti? Ma subito Lerner partì alla carica. Accusò Renzi di avere «emesso uno sgradevole gorgoglio gastrico». «Sono quelle frasi buttate lì per complicità con i demagoghi», spiegava Gad, precisando che i populisti (Lega in testa) vogliono paragonare «la massa dei profughi» a «un esercito che ci muove guerra».
«Stupisce che il nostro Presidente del Consiglio rilasci informazioni che suggeriscono che le organizzazioni terroristiche usino il vettore dei barconi per far raggiungere ai propri uomini l’Europa», scrisse sull’Espresso Roberto Saviano, lo stesso che istruisce i concorrenti di Amici sulla necessità di aprire le porte a chiunque in nome della solidarietà.
Il 18 maggio, con la consueta sicumera, Luca Sofri ha sentenziato sul Post che «gli allarmi di questi mesi sul fatto che tra gli immigrati in arrivo in Italia dal Mediterraneo ci siano i terroristi dell’Isis» sono «ridicoli e sciocchi». Figurarsi poi se poteva mancare Laura Boldrini. La Presidenta della Camera, a metà aprile, sentenziava soddisfatta: «Non possiamo confondere le persone che fuggono da regimi dittatoriali dalla Siria, dall’Iraq e dalla Somalia con chi, invece, viene a minacciarci creando confusione e speculando su questo».
Secondo la signora di Montecitorio, «non possiamo considerare l’immigrazione una minaccia». Visto che, normalmente, quando la Boldrini dice una cosa è vero il contrario, basterebbero le sue parole per dimostrare che sui barconi ci sono pure i combattenti del jihad. Ma facciamo pure i garantisti. Mettiamo per assurdo che, come dicono i suoi vicini di casa, il giovane Abdel Majid Touil non sia un jihadista, che si tratti di uno sbaglio di persona. Cosa cambia? Niente, in realtà.
Riguardo alle migliaia di persone che arrivano sui barconi, non siamo nemmeno in grado di stabilire se siano davvero in fuga da guerre o siano partiti per altri motivi. Nell’identificazione ci sono falle enormi, dunque, nessuna ipotesi si può escludere. Nemmeno l’idea che tra gli immigrati ci siano terroristi. Di infiltrazioni parlano chiaramente, nei loro fogli di propaganda, gli ideologi dello Stato islamico. Fonti diplomatiche e di intelligence confermano. Ancora non basta per farci alzare la guardia? Non molto tempo fa, Laura Boldrini ha dichiarato che «gli immigrati sono i nuovi partigiani». Se poi qualcuno di essi si rivelerà un partigiano dello Stato islamico, sapremo a chi chiederne conto.
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