RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Marco Conti per "il Messaggero"
La magistratura deve ritrovare «rigore», sobrietà nei comportamenti e, soprattutto, rinunciare al «protagonismo». La riforma del Consiglio Superiore della Magistratura «non è più rinviabile». I processi penali devono essere velocizzati. Tre bastonate che in altri tempi avrebbero sollevato chissà quali reazioni e che invece la magistratura italiana incassa in silenzio. La vicenda-Palamara ha svelato i meccanismi di nomina e di carriera e la resistenza passiva sembra ormai essere l'unica arma in mano alle toghe.
LE PASTOIE Sergio Mattarella ci va giù duro nel discorso che pronuncia alla Scuola superiore della Magistratura a Scandicci, nel quale invita anche la politica a muoversi e in fretta, perché da troppo tempo si parla di indispensabile riforma dei meccanismi di nomina dell'organo di autogoverno dei magistrati.
La riforma dovrebbe comporre il trittico del pacchetto giustizia, insieme a quelle del processo civile - approvato ieri alla Camera - e penale, ma langue nelle pastoie di una trattativa con le toghe e non è ancora arrivata sul tavolo del Consiglio dei ministri. Il governo deve ancora licenziarla, il Parlamento deve approvarla e il Csm metterla in funzione attraverso una serie di regolamenti interni. Il tutto, per evitare di votare ancora con il metodo-Palamara, dovrebbe avvenire in otto mesi, visto che le prossime elezioni dell'organo sono previste a luglio del 2022.
Da presidente de Csm, Sergio Mattarella striglia di nuovo e, al tempo stesso incoraggia i magistrati, a ritrovare quella credibilità perduta. «Le vicende registrate negli ultimi tempi nell'ambito della magistratura - ricorda il Capo dello Stato - non possono e non devono indebolire l'esercizio della funzione giustizia, essenziale per la coesione di qualunque società, anche della nostra comunità.
Attività del resto svolta quotidianamente, con serietà, impegno e dedizione, negli uffici giudiziari. Se così non fosse, ne risulterebbero conseguenze assai gravi per l'ordine sociale e nocumento per l'assetto democratico del Paese. Ma occorre un ritrovato rigore».
LE RADICI Alla presenza della ministra della Giustizia Marta Cartabia, Mattarella non entra nel merito della riforma che dovrebbe cancellare il collegio unico nazionale che poi permette la spartizione tra le correnti. Dice però con estrema chiarezza che «non si può accettare il rischio di dover indire le elezioni con vecchie regole e con sistemi ritenuti da ogni parte come insostenibili».
La proposta di riforma, presentata dalla commissione guidata dal costituzionalista Massimo Luciani, ha la data di giugno ma non è riuscita ancora a trasformarsi in emendamenti al testo base che giace in commissione Giustizia della Camera. Per Mattarella «la Magistratura è chiamata, in questo periodo, a rivitalizzare le proprie radici deontologiche, valorizzando l'imparzialità e l'irreprensibilità delle condotte individuali; rifuggendo dalle chiusure dell'autoreferenzialità e del protagonismo». Una necessaria iniezione di credibilità che per il presidente della Repubblica passa per la riforma dei meccanismi di nomina che «sappia sradicare accordi e prassi elusive di norme che, poste a tutela della competizione elettorale, sono state talvolta utilizzate per aggirare le finalità della legge».
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