DAGOREPORT – DI FRONTE ALLO PSICODRAMMA LEGHISTA SUL VENETO, CON SALVINI CHE PER SALVARE LA…
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Quanto sia un abile giocatore Matteo Renzi lo si capisce da come si è mosso nelle ore immediatamente successive all’elezione della Mummia sicula.
Il premier spaccone ha impugnato la frusta e ha attaccato l’alleato alfaniano e Forza Italia atteggiandosi a grande vincitore della partita quirinalizia. Ma l’ascesa di Sergio Mattarella al Colle è una vittoria apparente. Molto apparente.
Per capirlo bisogna partire dal fatto che Renzie ha sognato a lungo di piazzare sulla poltrona di Re Giorgio un qualche soprammobile con il quale fare il bello e il cattivo tempo.
In questo senso, ai suoi occhi, Mattarella ha almeno il pregio di non oscurarlo nei rapporti con Obama e la Merkel come avrebbe fatto di certo Giuliano Amato, ma su tutto il resto potrebbe rivelarsi un brutto cliente.
sergio mattarella e giuliano amato
Mortarella non ha nulla a che fare con la politica di Renzie. Basti pensare al fatto che Matteuccio ha sbandierato ai quattro venti il suo no all’antiberlusconismo duro e puro, mentre in questo il nuovo capo dello Stato è rimasto sulla linea intransigente di un Ciriaco De Mita o di un Nino Galloni di democristiana memoria.
Inoltre è fermamente convinto che il conflitto d’interessi sia una faccenda seria e che chi fa affari non debba fare politica in prima persona.
E sull’attaccamento alla Costituzione il solco è profondo: Mattarella la conosce in ogni sua sfumatura e quasi la venera, mentre Renzie, in cuor suo, la valuta alla stregua di un vecchio gettone telefonico.
E poi è anche una questione di carattere. Il segretario del Pd è un inguaribile seduttore che vorrebbe piacere a tutti, sempre, mentre il presidente accoglie pure gli applausi incassando ancor più la testa candida nelle spalle. Renzie poi ha la parlantina svelta di un piazzista, mentre Mattarella ascolta e poi dice due parole con cui chiude il discorso.
Insomma, il capo dello Stato non è assolutamente della stessa pasta di Renzie e il furbetto di Rignano sull’Arno troverà lungo, con il Quirinale.
Se l’avvio dell’era Mattarella sarà lento e all’insegna della massima prudenza, una cosa però già appare certa. Ci saranno robusti tagli nel ricco bilancio del Quirinale, un’istituzione che costa oltre 220 milioni l’anno e che dovrà presto fare i conti con il modello “Panda grigia” del suo nuovo inquilino.
A vegliare sulla macchina del Colle, nelle vesti di segretario generale, dovrebbe essere chiamato il sicilianissimo (e grande amico di famiglia) Alessandro Pajno, presidente di sezione del Consiglio di Stato ed ex capo di gabinetto di Mattarella alla Pubblica Istruzione.
L AMBASCIATORE ITALIANO IN USA CLAUDIO BISOGNIERO E IL SUO PREDECESSORE GIULIO TERZI DI SANT AGATA
Sull’incarico di consigliere diplomatico, invece, si è giocata la prima (piccola) partita in cui Mattarella ha fatto vedere a Renzie di che pasta è fatto.
Una manovra a tenaglia Palazzo Chigi-Farnesina voleva “regalargli” l’attuale ambasciatore a Washington, Claudio Bisogniero, che non è in scadenza, allo scopo di mandare negli States Armando Varricchio, consigliere diplomatico del premier.
Ma il capo dello Stato ha declinato l’offerta e ha in mente di nominare come suo consigliere un altro siciliano doc, il siracusano Francesco Maria Greco, ambasciatore presso la Santa Sede prima che, tra due mesi, vada in pensione.
Come consigliere militare (il presidente è anche capo delle Forze armate) dovrebbe invece rimanere per un anno Rolando Mosca Moschini, uno degli uomini sponsorizzati da Napolitano con il successore.
CLAUDIO BISOGNIERO CON MOGLIEFRANCESCO MARIA GRECO CON MONTI
Ma intanto Mattarella si è rivolto per consigli all’amico ammiraglio Giampaolo Di Paola, ex ministro di Mario Monti. Mentre per gli affari interni è in pole position Luciana Lamorgese, attuale capo di gabinetto di Angelino Alfano.
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