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DAGOREPORT - SERVIZI E SERVIZIETTI: IL CASO ALMASRI E' UN “ATTACCO POLITICO” ALLA TRUMPIANA MELONI?…
Francesco Semprini per “la Stampa”
Come dire, quando non ci si mette il «braccio violento della legge», i fomentatori e le strumentalizzazioni, negli Stati Uniti ci pensano le toghe a infiammare gli animi in tema di discriminazioni razziali. Una toga in particolare, quella di Antonin Scalia, giudice della Corte Suprema, tra i più conservatori dei nove del massimo organo giudiziario Usa.
La colpa del giudice italo-americano è di aver dichiarato che il sistema delle quote di accesso delle minoranze nelle scuole di livello «non è detto che rappresenti un beneficio per gli afro-americani». Anzi, certe minoranze sarebbero più adatte a frequentare scuole di secondo rango o livello meno avanzato.
«I neri in sostanza dovrebbero andare in scuole di serie B», è stata l' interpretazione dei più. Il giudice avrebbe così messo in discussione il cosiddetto «affirmative action», il sistema che garantisce l' opportunità di frequentare gli istituti di livello alle minoranze, una conquista delle lotte per i diritti civili in Usa. La tesi del giudice è che spesso nelle scuole d' élite gli studenti «sono spinti avanti troppo in fretta».
A conferma di quanto detto, Scalia spiega come molti grandi scienziati afro-americani non vengono da atenei come l' Università del Texas: «Vengono piuttosto da scuole inferiori, dove hanno potuto frequentare classi che non erano troppo veloci per loro».
Caso politico Il riferimento è relativo alla discussione che era in corso in aula nel caso «Fisher contro University of Texas». Nel 2008 Abigail Fisher, una ragazza bianca, aveva fatto causa all' Università del Texas per non essere stata accettata - a suo dire - a causa di ingiuste preferenze accordate ai coetanei neri meno qualificati di lei. La Fisher, che nel frattempo si è laureata alla Louisiana State University, ha continuato a perorare la sua causa che è giunta all' attenzione della massima Corte. Da qui le affermazioni di Scalia che, a torto o a ragione, hanno sollevato una polemica politica.
«È un ritorno a un passato che l' America si era lasciato alle spalle mezzo secolo fa», ha detto nell' aula del Senato il leader democratico Harry Reid, accusando il giudice italo-americano di «razzismo». E lo sdegno rischia ora di trovare sfogo nelle piazze.
Nel corso del dibattito sul caso, tuttavia, una maggioranza di colleghi di Scalia è sembrato dubbioso sull'«affirmative action», almeno per come è applicato all' Università del Texas. La decisione della Corte Suprema è attesa a giugno, e un pronunciamento contro l' Università metterebbe in discussione programmi analoghi in altri atenei. La Corte aveva già evitato di dare giudizi nel 2013 e potrebbe fare lo stesso stavolta.
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