
DAGOREPORT - PARAFRASANDO NANNI MORETTI, CON LEADER DEL CALIBRO DI ELLY SCHLEIN E DI GIUSEPPE…
Bankomat per Dagospia
Ha fatto bene il Corriere della Sera a intervistare Raffaele Mincione, nel pieno della battaglia intorno alla Popolare di Milano. Che è pur sempre una delle principali banche italiane ed è anche quotata in Borsa (val sempre la pena ricordarlo).
Mincione non è proprio notissimo al grande pubblico e conferma di controllare circa l'8 per cento della Popolare di Milano. E' un italiano che vive e lavora a Londra, dopo un passato in grandi banche internazionali. L'intervistatore sorvola su un paio di aspetti che invece vale la pena approfondire. Anche perché sono forse i più importanti, per il lettore-investitore: chi sono i veri proprietari di cotanto pacchetto azionario e come ha fatto fortuna Raffaele Mincione.
Sul primo punto, il finanziere dichiara come nulla fosse una cosa un po' esilarante. In sintesi: "Per aggirare le norme dello statuto sulle partecipazioni massime in capo ad un soggetto avevo spezzettato le mie partecipazioni su varie società ". Poi le ha aggregate tutte in una società lussemburghese quando nuove norme europee lo hanno reso obbligatorio. Peccato che la Banca sia italiana e che da noi (come ovunque del resto) varrebbe il principio secondo cui le condotte scientemente messe in atto per aggirare delle leggi... Transeat.
Ma il punto e' ancora un altro: le azioni, a esser precisi, non sono detenute da una società lussemburghese i cui proprietari sono noti. Sono detenute da un fondo. Chi sono i quotisti e veri beneficiari ultimi il Mincione non lo dice e il Corriere non lo chiede. Neppure si chiede cosa abbia risposto Mincione alla Consob, che seppure forse un po' in ritardo ha di recente chiesto spiegazioni al Mincione. Perché troppa trasparenza non c'era. Ma sull'intervento di Consob il lettore nulla apprende.
Il meglio pero' viene alla fine dell'intervista. Come ha fatto fortuna Mincione? Semplice: era un top manager a livello europeo nell'area finanza di una grande banca, ma ha speculato in proprio su di una singola posizione e ha fatto bingo. Tanto da potersi permettere di non lavorare più per il resto della vita.
Si sa che Napoleone preferiva i marescialli fortunati a quelli bravi. Ne tengano conto come meglio credono anche i soci della Milano.
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