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Marco Ludovico per “Il Sole 24 Ore”
La procura generale della Corte dei conti punta il faro su quello che disse a proposito del Mose il 23 ottobre 2008. Una deliberazione della sezione centrale del controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato: «Stato di avanzamento del progetto di salvaguardia della laguna e della città di Venezia», relatore Antonio Mezzera e presidente Tullio Lazzaro, all'epoca numero uno della Corte. Sono un centinaio di pagine dalla vita travagliata: l'atto è depositato in segreteria, per essere pubblicato, quattro mesi dopo, il 20 febbraio 2009, come ha stigmatizzato qualche giorno fa proprio Mezzera.
Ma altre anomalie stanno emergendo nel lavoro inquirente della magistratura contabile. Dalla deliberazione, infatti, non risulta in nessuna parte qual è la composizione effettiva dei magistrati che hanno firmato quell'atto. Si indica soltanto il «I e II collegio» della sezione controllo Stato, ma non sono indicati i nomi effettivi di chi c'era. Ci sono, invece, con un elenco minuzioso e dettagliato, i nominativi di tutte le amministrazioni convocate prima della deliberazione.
venezia progetto mose cantieri x
E si ritrovano molti dei soggetti coinvolti nell'inchiesta della procura di Venezia: come il magistrato alle acque Patrizio Cuccioletta, l'allora governatore del Veneto Giancarlo Galan e i vertici del Consorzio Venezia Nuova, il presidente Giovanni Mazzacurati e il dirigente Maria Brotto. La procura generale della Corte dei Conti ora deve accertare quali furono all'epoca i colleghi magistrati che hanno partecipato a quella deliberazione. Anche perchè ci sono anomalie emergenti ancora più inquietanti. La ricognizione dei giudici contabili sul Mose, infatti, contiene alla fine numerosi rilievi al progetto e non di poco conto.
Basta prendere l'aspetto più tipico per l'azione della magistratura contabile: quello di finanza pubblica. A pagina 32 del capitolo dal titolo inequivoco, «La lievitazione dei costi», si osserva: «Per i soli lavori, da una stima di 1.540 milioni di euro del Progetto di massima si è arrivati, ad oggi, a oltre 3.153 milioni, e, cioè, a più del doppio».
E poi: «Del tutto anomala risulta la consistenza delle somme a disposizione dell'amministrazione che arriva, nel Progetto di massima, quasi a uguagliare il valore dei lavori e si mantiene elevatissima anche nelle successive fasi progettuali, sintomo - sottolinea la Corte - di una progettazione caratterizzata dalla possibilità di ampi spazi di aggiustamento nelle fasi ulteriori di affinamento». Parole gravissime, è evidente, presagio più che fondato a distanza di oltre cinque anni dell'inchiesta della procura della Repubblica oggi in corso.
La sezione del controllo, tuttavia, come sanno gli addetti ai lavori, non ha facoltà di emanare sanzioni. Ma non può nemmeno fermarsi a un esercizio di stile: secondo la sentenza della Corte costituzionale n. 29 del 1995, infatti, in sede di attività di controllo la magistratura contabile ha l'obbligo di deferire alla sua stessa procura eventuali rilievi che possono costituire oggetto di un'indagine. Così come è scontato, nel caso di evidenze di natura penale, l'invio della deliberazione alla procura della Repubblica. Procura della Corte dei Conti e magistrati ordinari, poi, nella loro autonomia apriranno i rispettivi fascicoli.
Nel caso del Mose tutto ciò, nonostante i continui passaggi di quella delibera intrisi di espressioni come «perplessità», «contrarietà ai principi di trasparenza e di buon andamento», «onerosità», sembra non essere affatto accaduto. Per questo l'inchiesta della procura generale della Corte dei Conte dei Conti deve fare una ricognizione a tappeto: tutti gli atti, centrali e periferici, e tutti i soggetti della magistratura contabile a vario titolo coinvolti con il progetto Mose. Il fascicolo è aperto con la dizione «atti relativi a» senza, per ora, soggetti inquisiti.
Nei giorni scorsi era stato proprio il presidente della magistratura contabile, Raffaele Squitieri, a osservare che «eventuali casi individuali di corruzione o comportamenti illeciti da parte di magistrati della Corte vanno individuati e puniti con la massima sollecitudine e severità». Un fascicolo per danno erariale è stato aperto anche dalla procura regionale della Corte dei conti di Venezia.
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