MISTERO SUL TESORO DELL’ACCUSATORE DI DEL TURCO

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Gian Marco Chiocci per "il Giornale"

Dopo le foto «false» per incastrare Del Turco, le destinazioni «vere» dei soldi che l'imprenditore-accusatore giura aver dato all'ex governatore abruzzese. Sono candelotti di dinamite sotto il castello accusatorio le deposizioni di un consulente tecnico ascoltato parzialmente ieri al processo in corso a Pescara che per conto di un'altra procura (Chieti) ha ricostruito il pazzesco giro di soldi del Grande Accusatore.

Poco prima l'ex capo della scientifica di Roma Maurizio Arnone ha ipotizzato, rilievi antropometrici alla mano, che la persona ripresa nelle famose immagini scattate nel 2006 e spacciate per foto fatte nel 2007, possa non essere Angelini. Quest'ultimo ha ribattuto con veemenza, sostenendo di essere lui quello ripreso mentre entra a casa Del Turco, precisazione ininfluente alla luce della scoperta sulla cronologia delle foto.

Ha parlato o meglio ha provato a parlare, tra non poche interruzioni e difficoltà, anche Sergio Cosentino, il consulente della Procura di Chieti, l'ufficio giudiziario che ha mandato in gale-ra «il povero Vincenzo Angelini, vittima della concussione di Del Turco» ( dixit l'ex procuratore di Pescara Trifuoggi) per un crac da 220 milioni di euro.

A lui il compito di illustrare al tribunale ciò che aveva già illustrato a Chieti, e cioè che, dal 2003 al 2009, Angelini ha versato sui suoi conti correnti otto milioni e mezzo di euro. Un mare di soldi,ha cercato di specificare l'esperto, la cui provenienza è in parte ignota in altra parte figlia di prelievi compulsivi dai conti delle sue società.

In aula il perito si è soffermato su un dato inquietante, quello dei tre milioni depositati sul conto personale di Angelini una quindicina di giorni dopo l'arresto di Del Turco. Versamenti sospetti che pure erano stati segnalati (lo ha riferito in aula nelle scorse udienze l'ex comandante della GdF Favia) ai pm di Pescara, che però non avevano voluto approfondire oltre. Il tribunale ha pertanto deciso di acquisire le conclusioni del perito nell'inchiesta sulla bancarotta di Villa Pini. E per Angelini non è certo una bella cosa.

La coincidenza è suggestiva, come tutte le indagini non fatte su Angelini a Pescara. Ci si è interessati solo dei soldi a Del Turco e a quelli dei presunti sodali, di cui, a distanza di cinque anni dai fatti, non si riesce a trovare traccia nonostante indagini patrimoniali e bancarie a tappeto nei confronti dell'ex governatore e delle persone a lui più vicine e malgrado oltre un centinaio di rogatorie internazionali. Si trovano, invece, i soldi che Angelini ha versato a se stesso prelevando da conti di sua società e chissà da dove altro ancora.

Su input dei pm di Chieti la GdF a caccia del tesoro di Angelini, si è imbattuta nei 356 reperti d'arte («materiali archeologici, quadri di arte antica, moderna e contemporanea, mobili con arco cronologico a partire dal XVII secolo, orologi d'epoca e contemporanei di pregio, sculture in bronzo o marmo di epoca moderna, argenterie d'epoca») che l'imprenditore elemosiniere aveva dimenticato di denunciare all'autorità giudiziaria.

Un tesoretto di oltre dieci milioni composto da pezzi inestimabili di Tiziano, De Chirico, Mattia Preti, Luca Giordano, Salvator Rosa, Schifano, Cascella, Matisse, Guttuso e via discorrendo. Una pinacoteca degna di un museo occultata in un garage, messa assieme da un punto di vista cronologico proprio nel periodo in cui sarebbe stato concusso.
L'arte,i quadri,i soldi in contanti sono una costante della storia processuale di Angelini, e non solo in relazione all'inchiesta che terremotò la giunta regionale dell'Abruzzo.

Nei mesi scorsi, infatti, l'imprenditore bancarottiere è finito sott'inchiesta, con relativa richiesta di rinvio a giudizio, per sequestro di persona, estorsione aggravata e lesioni personali aggravate (in concorso con un esperto di karate) per aver rapito e immobilizzato, con tanto di corda al collo, un suo ex dipendente.

Il malcapitato sarebbe stato tenuto in ostaggio in auto perché riconsegnasse 750mila euro in contanti, monili d'oro e quadri preziosi che il suo ex datore di lavoro gli aveva affidato. Ancora soldi in contanti. Una pioggia di bigliettoni che non si sa da dove arrivino. E che appare ormai chiaro non abbiano mai preso la strada per Collelongo.

 

VINCENZO ANGELINIDel Turco