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Tommaso Ciriaco per "La Repubblica"
Non alza la voce, Mario Monti. Ma davanti ai parlamentari di Scelta civica, riuniti a sera a Montecitorio, si scaglia contro Mario Mauro e Pier Ferdinando Casini. Li provoca. Li definisce «zerbini» di Silvio Berlusconi. Li bolla come «traditori», spingendoli verso la porta. Eppure, l'area popolare strenuamente resiste. Riesce a evitare la conta sul documento che dovrebbe sancire la cacciata. E scende in trincea, come annuncia il ministro della Difesa: «Saremo minoranza interna».
Non c'è l'Udc, ad ascoltare Monti. Ma l'ex premier è comunque martellante. Definisce «soloni » i popolari. Poi affonda il colpo: «Un partito che non ha i numeri per far cadere il governo sia almeno coscienza critica e non zerbino di forze altrui». Mauro guarda negli occhi l'ex premier, poi replica. Invita il Professore a non «destabilizzare il governo», gli chiede di lasciare in pace l'Udc: «Non è il nemico, evitiamo il ridicolo».
Come non detto. Monti ha ormai deciso che la soluzione migliore è la scissione dei cattolici. Vorrebbe far approvare il documento che ribadisce l'incompatibilità tra le due anime, ma a tarda sera l'ipotesi sfuma. «à una riunione informale - è la linea di Mauro - votare oggi sarebbe illegittimo».
Ma il testo resta comunque la linea ufficiale del partito. La verità è che Scelta civica è finita in stallo. I popolari non vogliono lasciare il gruppo del Senato, dove sono maggioranza. L'assemblea plenaria dei parlamentari, invece, è a maggioranza montiana. A complicare ancor di più il quadro c'è anche la retromarcia del Professore. Che lascia sì la guida di Scelta civica, ma decide di non dimettersi dal gruppo di Palazzo Madama. E infatti nessuna comunicazione per il passaggio al Misto risulta inoltrata alla Presidenza del Senato.
La sfida riprende questo pomeriggio. Si riunisce il gruppo del Senato. In quella sede i popolari sosterranno che esiste un patto - firmato prima delle elezioni - con il quale le varie anime si impegnavano a tenere in vita il gruppo fino a fine legislatura. Il traghettatore Alberto Bombassei, però, sostiene che alla fine la separazione sarà inevitabile:
«Troveremo il modo di fare due gruppi».
Dovesse proseguire il braccio di ferro, potrebbero essere in realtà i montiani a formare un altro gruppo. O, se non riuscissero a ottenere la deroga, a traslocare nel Misto. C'è già un nome pronto, "Con Monti per l'Italia". La battaglia, ormai, è senza quartiere.
E potrebbe arricchirsi nelle prossime ore di un nuovo capitolo. In Basilicata il senatore di Scelta civica Tito Di Maggio - vicino a Mauro - correrà per la Presidenza della Regione, sostenuto anche dal Pdl e dalla Fiamma tricolore. Infuriati per l'alleanza, i montiani sono pronti a ritirare l'uso del simbolo di Sc. «Credo proprio che finirà così», conferma Piero Ichino.
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