DAGOREPORT - SI SALVINI CHI PUO'! ASSEDIATO DAL PARTITO IN RIVOLTA, PRESO A SBERLE DA GIORGIA…
Carlo Nicolato per Libero Quotidiano
champagne per i rich kids svizzeri
Immaginate se un bel giorno in Italia si potesse votare per l' abolizione del canone Rai. Salvo qualche masochista la stragrande maggioranza avrebbe ben pochi dubbi sul dove apporre la propria croce. Immaginate poi se lo stesso giorno, nello stessa tornata referendaria, vi fosse posto un altro quesito, ovvero se volete smettere di pagare le tasse, dall' oggi al domani. Certo, lo Stato andrebbe in malora, ma volete mettere la tentazione di poterci mandare anche tutti i carrozzoni connessi, Equitalia in primis, e i politici che ci mal governano da almeno 30 anni?
Resta il fatto però che in ogni caso in Italia il risultato conterebbe ben poco visto che alla fine lo Stato farebbe comunque come vuole, come ha già fatto per diversi altri referendum regolarmente inattesi (ricordate la responsabilità civile dei giudici). Cosa che però generalmente non capita in Svizzera dove si dà il caso che a inizio marzo, il 4 per l' esattezza, i cittadini si recheranno alle urne per votare proprio per l' abolizione del canone della televisione pubblica. Ma cosa ancora più clamorosa avranno la possibilità di far saltare il banco votando contro il decreto federale per il nuovo ordinamento finanziario che partirà dal 2021 e si concluderà nel 2035.
Detta così la cosa non sembra poi tanto eccitante, ma in soldoni significa che se lo vorranno gli elvetici tra tre anni smetteranno di pagare le tasse, o almeno buona parte di esse. La Svizzera è un Paese strano, nel film il Dormiglione Woody Allen diceva di credere «all' intelligenza dell' Universo, con l' eccezione di qualche cantone svizzero»; e paradossalmente ci aveva preso perché è difficile credere che al di là di Ponte Chiasso il diritto dello Stato a riscuotere le tasse è a tempo determinato.
Eppure fino alla Grande Guerra gli introiti della Confederazione erano costituiti esclusivamente dai dazi doganali e Berna riscuoteva imposte sul reddito o sul fatturato unicamente in tempi di crisi. Solo nel 1958 con un referendum si stabilì che quelle che poi sarebbero diventare l' imposta federale diretta e l' Iva fossero messi per iscritto nella Costituzione, ma non per sempre, solo per qualche anno, cioè a tempo determinato. Da allora popolo e Parlamento svizzeri sono chiamati a votare sul tema ogni tot anni, ma finora non hanno mai riservato sorprese.
Certo i tempi cambiano e anche gli svizzeri sono un po' meno disciplinati e un po' più incavolati di prima, ma verosimilmente nemmeno stavolta hanno in serbo lo scherzetto. Almeno così si dice da quelle parti. Anche perché sarebbe la fine per la Confederazione che dall' imposta federale diretta e dall' Iva ricava circa due terzi delle sue entrate annue, vale a dire 43 miliardi di franchi. «Senza quei soldi semplicemente non si andrebbe avanti», ha affermato lo scorso anno in Consiglio nazionale il consigliere federale dell' Unione democratica di centro (Udc) Ueli Maurer.
Discorso diverso per il canone radiotelevisivo sull' abolizione del quale la battaglia è ampiamente aperta. Il referendum, noto in Svizzera con il nome di «No Billag» dal nome dell' associazione che lo ha promosso (Billag sta a indicare l' ufficio che si occupa della riscossione del canone), ha come principali sostenitori quelli dell' Udc, destra populista, i quali sostengono semplicemente che «è inaccettabile costringere la gente a spendere soldi per qualcosa che non necessariamente vogliono».
E soprattutto fanno notare che l' abolizione del canone avrebbe lo scopo di aprire il mercato radiotelevisivo elvetico a operatori privati e di superare la situazione di sostanziale monopolio della tv di Stato che detiene infatti il 96,5% dei diritti televisivi. Va detto oltretutto che il canone elvetico è un vero salasso, ben 450 franchi (circa 380 euro, il più altro al mondo), tanto che lo stesso governo ha già annunciato che in ogni caso, anche in quello di bocciatura del referendum, a partire dal 2019 sarà ridotto del 20%, arrivando a 365 franchi (circa 310 euro).
Il governo promette anche maggiori fondi alle tv private, ma è una presa in giro perché dall' attuale 5% del canone si passerà al 6%. Tra gli argomenti degli sponsor del «no» all' abolizione c' è anche quello che sostiene che con la liberalizzazione ai privati il mercato del Ticino finirebbe in mano alle tv italiane, le quali, dicono, «non faranno mai un telegiornale regionale, non faranno mai informazione su ciò che succede in Svizzera». Che strani questi italiani...
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