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NEL NOME DEL PADRE: "SE CRAXI ERA IL CAPO DEI LADRI, AMATO ERA IL SUO VICE"
Beatrice Borromeo per "Il Fatto Quotidiano"
Parliamoci chiaro: se mio padre era un criminale lo era anche Giuliano Amato", dice Bobo Craxi. "Papà a capo di un partito di ladri? E allora Giuliano era il vice ladrone", rincara Stefania, intervistata separatamente dal fratello.
E se il primo continua a negare l'esistenza stessa dei reati ("Prendere soldi per il partito non fa di un uomo un ladro, i veri delinquenti sono quelli che infettano il sangue"), Stefania Craxi è più pragmatica: "Amato estraneo al finanziamento illegale al partito? Abitava forse sulla luna? Non poteva non essere coinvolto. Il punto è, semmai, che lo facevano tutti".
Fatto sta che vostro padre è morto latitante, mentre Giuliano Amato è tra i papabili per il Quirinale.
Bobo: Che devo dire? Il destino è beffardo. Ma nessuno, tantomeno mio padre, si aspettava che Giuliano si buttasse nel fuoco per lui. E infatti non lo fece. Ma non si stupì affatto: lo conosceva troppo bene.
Stefania: Certo, mio padre decise di assumersi le proprie responsabilità . Amato no.
Sul piano umano cosa pensate di lui?
Bobo: Amato, come politico, ha sempre avuto manchevolezze. E per natura non è mai stato interamente partecipe della vita politica del partito, tanto meno della sua fine. Non voleva certo andare a sbattere contro un muro.
Stefania: Stiamo parlando di un uomo estremamente intelligente. Come presidente della Repubblica dovrebbe però trovare quella franchezza che gli è mancata in passato. Perché al Quirinale serve un uomo risoluto: e infatti avrei preferito D'Alema.
Bettino Craxi non fu così diplomatico quando Amato prese le distanze dalla stagione di Tangentopoli. Lo ribattezzò "il becchino del Psi".
Bobo: Quella fu una fase molto dura per mio padre. Io, vent'anni dopo, non ho la stessa animosità . Anche perché non fu Amato a scavargli la fossa: poi, è evidente, le sue fortune cominciarono proprio quando papà ci finì dentro. Stefania: Abbiamo avuto vari scontri, anche pubblici. Ed ero sempre io a incalzarlo, non certo lui. Ma so distinguere tra il passato - che non posso modificare - e il futuro di questo Paese.
Stefania: Abbiamo avuto vari scontri, anche pubblici. Ed ero sempre io ad incalzarlo, non certo lui. Ma so distinguere tra il passato - che non posso modificare - e il futuro di questo Paese
Quando vi siete conosciuti?
Bobo: All'inizio degli anni Ottanta. Amato era già a Palazzo Chigi, veniva dalla corrente giolittiana del partito. Era l'ala più accademica. Intellettuali rispettati, ma senza potere. Poi mio padre gli prospettò la possibilità di entrare nella stanza dei bottoni, e lui accettò di buon grado. Da quel momento la sua carriera decollò: divenne sottosegretario, poi andò al Tesoro. E ora che ha vissuto la sua seconda Repubblica, si prepara per la terza. Gode di longevità .
Come prenderebbero i socialisti la sua elezione a capo dello Stato?
Bobo: Non sarebbe una tragedia. Certo, non isseremmo le bandiere, ma non metteremmo nemmeno il lutto al braccio. Amato alla fine è come il grigio: va bene per tutte le stagioni.
Stefania: Sarebbe il terzo socialista che sale al Quirinale, dopo Saragat e Pertini. Ne sarei lieta. All'epoca non ebbe la forza di risollevare il Psi, se oggi diventasse capo dello Stato non potrebbe più...
Defilarsi?
Stefania: L'ha detto lei, comunque sì.
E i vostri rapporti come sono?
Stefania: Io sono cresciuta con una signora che sedeva a tavola con noi ogni sera: la politica. So apprezzare l'intelligenza di chi lavorava con mio padre. E poi Amato ha lasciato il testimone a mio marito: la presidenza del tennis club di Orbetello.
Bobo: L'ultima volta che ci siamo incontrati è stata al Viminale quando era ministro dell'Interno. Anche se non ci vedevamo da quindici anni, mi trattava come si ci fossimo parlati mezz'ora prima. Segno che, tra persone intelligenti, i rapporti umani - nonostante tutto - restano buoni.
Umani?
Bobo: Diciamo politici.
2. LETTERA A BETTINO - "PENSA CHE RODOTÃ FA DI NUOVO L'AMICO"
Da "Il Fatto Quotidiano"
CARO presidente, ti sono molto grato per la tua offerta rinnovata di collaborazione. Sarà al centro della riflessione su cosa dovrò fare da grande. (...) Cancella l'idea che io sia legato al giro di Repubblica. (...) Sai che ho incrociato Scalfari a qualche rara cena (...) e chiunque capisce che Scalfari, dopo avermi bistrattato quando ero al Tesoro, ha ora usato disinvoltamente la mia uscita per criticare te.
Pensa che anche Rodotà mi si è ridimostrato improvvisamente amico. Se le cose non fossero così, non avrei rinunciato a 48 milioni l'anno e una rubrica che mi piaceva su l'Espresso (...). Ti auguro solo di avere dagli altri la lealtà assoluta che hai sempre avuto da me e che continuerai ad avere, insieme a una sicura amicizia, qualunque cosa io abbia a fare da grande.
Tuo, Giuliano Roma, 27 luglio 1989
3. LETTERA A BETTINO - "PUNTIAMO A ESTENDERE I PATTEGGIAMENTI"
Da "Il Fatto Quotidiano"
Caro segretario, prendo a calci i primi mattoni di un muro di silenzio che non vorrei calasse fra noi. E vorrei chiederti invece di avere fiducia in quel che io sto cercando di fare. Occorre certo che passi qualche giorno, che la situazione delle imprese, e non solo della politica, appaia (come del resto già è) insostenibile. (...) Neppure a quel punto credo che sarà possibile estinguere reati di codice.
Ma credo che l'estensione per essi dei patteggiamenti e delle sospensioni condizionali sia una strada percorribile. Sto conquistando su questo preziosi consensi. E ritengo che si ottengano così procedure non massacranti, che evitano la pubblicità devastante dei dibattimenti (...). Claudio mi pare ormai in pericolo.
Apprendo che, se ci fosse un riscontro a ciò che ha detto Larini, già sarebbe partito un avviso per concorso in bancarotta fraudolenta. Continuo ad esserti amico.
Giuliano
Roma, 9 febbraio 1993
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