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Marco Bresolin per "La Stampa"
Alla fine il tanto temuto "No deal" non si è materializzato con il Regno Unito, ma con la Svizzera. Berna ha deciso di abbandonare l'accordo-quadro che da sette anni stava negoziando con l'Unione europea (congelato dal 2018 in attesa della ratifica elvetica).
Il governo della Confederazione, pressato dai nazionalisti dell'Udc (di cui fa parte il presidente Guy Parmelin), ha stabilito che «non ci sono le conclusioni per concludere l'intesa», che secondo i critici avrebbe un prezzo troppo caro in termini di sovranità.
il presidente svizzero guy parmelin
Gli oppositori vogliono mettere limiti alla libertà di circolazione, chiedono norme più severe per i lavoratori distaccati e non vogliono l'allineamento alle norme Ue sugli aiuti di Stato.
Il problema è che ora l'Unione europea e la Svizzera dovranno continuare a relazionarsi sulla base di intese siglate diversi decenni fa e non più adeguate all'attuale contesto: l'accordo di libero scambio, per esempio, è del 1972, mentre le intese bilaterali hanno 20 anni.
I rapporti sono regolati da 120 accordi giuridici settoriali che - avverte la Commissione - «con il tempo si stanno erodendo». È il caso per esempio del regolamento sui dispositivi medici: il nuovo quadro normativo europeo è entrato in vigore proprio ieri e per Berna c'è il rischio di pesanti ripercussioni commerciali su questo settore.
Non solo: rischiano di esserci serie conseguenze anche per i lavoratori, per l'export di prodotti alimentari, per l'aviazione, oltre che l'esclusione dal mercato unico europeo dell'elettricità.
guy parmelin con ursula von der leyen
La Svizzera si trova al centro dell'Unione europea, non soltanto da un punto di vista geografico. Ci vivono 1,4 milioni di cittadini europei e ci lavorano 334 mila frontalieri, un quarto sono italiani.
Secondo un documento diffuso ieri dalla Commissione, Berna «è il principale beneficiario pro-capite del mercato unico europeo», più di qualsiasi Stato membro, più degli altri Paesi dell'Efta (di cui fanno parte anche Islanda, Liechtenstein e Norvegia): l'export elvetico verso l'Ue vale 114 miliardi di euro, il 42% del totale.
guy parmelin e ursula von der leyen
La relazione privilegiata con Bruxelles vale tra i 18 e i 27 miliardi di euro l'anno. Senza l'accordo-quadro, che puntava a mettere ordine nei rapporti tra i due Paesi, «ora non sarà possibile modernizzare le nostre relazioni» ripete la Commissione, che lancia un chiaro avvertimento: «In assenza di un'intesa, non firmeremo più alcun nuovo accordo e quelli esistenti non saranno aggiornati».
Nelle scorse settimane il presidente Parmelin era volato a Bruxelles per chiedere a Ursula von der Leyen di stralciare dall'accordo i tre punti più contestati in patria: quello che prevede la libertà di circolazione per tutti i cittadini (Berna vorrebbe limitarla ai lavoratori), la direttiva sui lavoratori distaccati e la normativa sugli aiuti di Stato.
La Commissione si è rifiutata perché «un accesso privilegiato al mercato unico richiede il rispetto delle stesse regole e gli stessi obblighi». Come dicono i francesi: non si può avere il burro, i soldi del burro e il sorriso della lattaia.
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