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Francesca Sforza per "la Stampa"
Tutti in Piazza Rossa per celebrare i 60 anni della morte di Josif Stalin. Proprio tutti no, ma certo in molti rispetto agli anniversari d'occasione degli anni passati, in cui il 5 marzo veniva ricordato da un manipolo di vecchietti smarriti che imbracciavano bandiere rosse d'epoca sovietica e agitavano ritratti di cartone stazzonati, fumando o chiacchierando all'ingresso dei giardini di Alessandro per tornarsene a casa quando cominciava a irrigidire, non senza aver cantato qualche vecchio inno improntato a un'involontaria mestizia.
Quest'anno la partecipazione è stata più numerosa, almeno per la «photo opportunity» in Piazza Rossa, che ha visto, per esempio, il rappresentante dei vetero-comunisti del Kprf Ghennadi Ziuganov posare un garofano rosso davanti alla statua del «piccolo padre» circondato da un migliaio di persone alle spalle.
Più elevato il numero dei nostalgici di Stalin che emerge da un sondaggio del Centro demoscopico Levada: il 49 per cento degli intervistati contro un 32 per cento di condanne senz'appello. «La riabilitazione di Stalin - spiega Lev Dmitrevic Gudkov, sociologo dell'istituto di ricerca - è iniziata con l'arrivo al potere di Putin. Nel 2012 per la prima volta è stato inserito al vertice della lista delle grandi personalità della Russia».
«La verità sull'era staliniana - aggiunge Gudkov - è stata cancellata, sostituita da un culto devoto per l'uomo forte, il leader efficiente». C'è poco da stupirsi dunque che il quotidiano comunista «Sovetskaya Rossiya» pubblichi in prima pagina un articolo su Stalin intitolato «Il suo tempo verrà ».
Il presidente Vladimir Putin, pur condannando in diverse occasioni le purghe e il terrore, non ha fatto nulla per correggere la lettura di Stalin come salvatore della patria. Anno dopo anno le celebrazioni del 9 maggio per la vittoria della grande Guerra Patriottica si sono fatte più magniloquenti e pompose, condite di tanto in tanto da autentiche perle di retorica. Come quando disse che bisognava non avere cuore per non aver provato dolore di fronte alla dissoluzione dell'Unione Sovietica, o quando rispolvera il progetto di creazione di una grande Unione euroasiatica con la Bielorussia.
«Quello di Putin è un modo di fare politica - osserva ancora Lev Gudkov - che rischia di far dimenticare macroscopiche evidenze storiche». Il numero di vittime dei Gulag, per esempio, o «il fatto che la guerra, con tutta probabilità , non fu vinta grazie a Stalin, ma malgrado lui».
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