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Barack Obama sapeva dal 2010 che la Nsa stava spiando la cancelliera tedesca. L'attacco al presidente Usa arriva dalla Bild am Sontag e mentre il numero uno della Nsa scende in campo in difesa del `Comandante in capo´ assicurando di non aver «mai discusso con lui di presunte operazioni che coinvolgessero Angela Merkel», Berlino interviene a gamba tesa: «lo spionaggio è un reato e chi lo commette va perseguito», tuona senza troppi giri di parole il ministro dell'interno Hans-Peter Friedrich. Tornano così ad infiammarsi i rapporti già tesi tra Stati Uniti e i suoi alleati europei, alla luce dello scandalo del Datagate. Tanto che il ministro degli esteri Guido Westerwelle sottolinea quanto lo spionaggio «tra amici sia dannoso politicamente» e rischi di «minare i rapporti».
Lo scoop della Bild finisce sulle prime pagine della stampa del vecchio continente, ma viene praticamente ignorata dai media americani, alle prese con il dibattito tutto interno sulla riforma sanitaria. La Casa Bianca si limita, in una nota, a precisare che non intende commentare indiscrezioni giornalistiche.
Ma è un comunicato della Nsa a sollevare Obama da ogni responsabilità , senza però chiarire come sono andate le cose. Il direttore dell'agenzia di intelligence nazionale, Keith Alexander, fa sapere la portavoce dell'agenzia, Vanee Vines, «non ha discusso con il presidente Obama nel 2010 circa un'operazione di presunta raccolta dati d'intelligence straniera che abbia coinvolto Angela Merkel, né ha mai discusso presunte operazioni che coinvolgano la Cancelliera. Notizie che sostengono il contrario non sono vere".
Parole che non smentiscono in alcun modo la notizia principale, cioè che l'America ha spiato la leader tedesca. Ma che al momento mettono a riparo Obama dalle polemiche. Tuttavia, appare quanto meno incredibile che la principale agenzia d'intelligence della prima potenza economica e militare al mondo possa aver spiato la leader di un Paese alleato senza aver il via libera del Comandante in Capo.
Detto questo, a Berlino l'irritazione è altissima. Friedrich getta altra benzina sul fuoco, dicendo esplicitamente che il suo governo non si accontenterà di scuse seppure pubbliche, ma che qualcuno deve essere chiamato a pagare, perché, appunto, «lo spionaggio è un reato". E Westerwelle aggiunge: «sul suolo tedesco vige il diritto tedesco».
Totalmente opposta la lettura dei fatti da parte della politica di Washington. Barack Obama oggi non parla, e andando a messa a piedi con la famiglia, evita ogni domanda. La Casa Bianca diffonde il suo comunicato, prima della smentita della Nsa, dal tono piuttosto generico in cui si limita a ricordare che le regole seguite dagli Usa di raccolta dati all'estero sono le stesse che vengono seguite dalle altre Nazioni.
Più aggressivo l'atteggiamento della destra, che su questo punto, invece di attaccare Barack Obama in evidente imbarazzo, lo invita a essere più duro. E fa quadrato. «I nostri alleati europei - attacca Mike Rogers, il presidente repubblicano della Commissione Intelligence della Camera - non dovrebbero essere arrabbiati. Anzi, dovrebbero essere grati nei confronti della Nsa. La sua attività di spionaggio garantisce la loro e la nostra sicurezza. Se i cittadini francesi sapessero esattamente di cosa si tratta - ha proseguito - allora starebbero applaudendo stappando champagne».
Anche Peter King, stimato ex presidente repubblicano della Commissione Sicurezza del Senato, esorta il Presidente a «smetterla di scusarsi e di stare sulla difensiva». «La verità - attacca sul Washington Post - è che la Nsa ha salvato migliaia di vite, non solo in Usa, ma anche in Francia, Germania e in tutta l'Europa''.
E attacca gli alleati Ue, che a suo dire dovrebbero fare autocritica. «Parlando dei francesi è noto che hanno portato avanti operazioni ostili agli Stati Uniti, sia contro il nostro governo, sia contro la nostra industria. Quanto alla Germania, è lì che è partito il cosiddetto `Hamburg Plot´ che poi ha portato all'11 settembre. Tutti loro, Francia, Germania e altri paesi europei - conclude - hanno avuto rapporti con l'Iran, l'Iraq e la Nord Corea».
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