DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI…
Federico Rampini per "la Repubblica"
A sorpresa partono le prove generali per un accordo Usa-Russia sulla Crimea. Dopo la chiamata fatta venerdì sera da Vladimir Putin a Barack Obama, sulla quale esistono versioni diverse, il segretario di Stato americano John Kerry cambia di colpo i suoi piani di viaggio.
"Dirotta" il proprio aereo e si precipita a Parigi per incontrare il suo omologo russo Serghei Lavrov. Da quest'ultimo arriva una rassicurazione: «La Russia non ha alcuna intenzione di attraversare la frontiera con l'Ucraina ».
Poi una valutazione sullo stato della trattativa: «I punti di vista della Russia e degli Occidentali si avvicinano». Lavrov aggiunge però che "l'illegalità che alcuni paesi occidentali stanno tentando di spazzare sotto il tappeto dovrebbe essere fermata». L'illegalità in questione, dal punto di vista russo, include sia il governo ucraino di transizione, sia le presunte intimidazioni verso le minoranze russe in diversi paesi, Ucraina e Moldova.
La situazione si è messa in movimento all'improvviso, proprio quando Obama era in Arabia saudita, ultima tappa del tour che lo aveva portato a L'Aja, Bruxelles e Roma. I dettagli della Casa Bianca sono precisi: al termine della cena col principe Abdullah, Obama era appena rientrato all'hotel Ritz Carlton di Ryad quando è giunta la chiamata da Mosca. Quali sono i contorni del possibile compromesso tra Obama e Putin?
La Casa Bianca sottolinea un passaggio nel colloquio telefonico tra i due leader, in cui Obama pone due condizioni precise per una "de-escalation" della crisi: «La Russia ritiri le sue truppe e non commetta ulteriori violazioni dell'integrità e sovranità ucraina ».
I consiglieri di Obama spiegano nei dettagli che cosa questo significhi: «Ritorno nelle proprie basi militari delle truppe russe impegnate in cosiddette esercitazioni militari vicino alla frontiera con l'Ucraina. Invio di ispettori internazionali dell'Osce per vigilare sul rispetto dei diritti delle minoranze. Dialogo diretto Mosca-Kiev (preliminare a un pieno riconoscimento di legittimità del governo ucraino), facilitato dalla comunità internazionale cioè Osce e Onu.
Un'accettazione delle prossime elezioni presidenziali ucraine da parte di Mosca».
Questi contenuti sono il frutto delle consultazioni che Obama ha avuto con tutti i suoi alleati, prima all'Aja (vertice G7 d'emergenza sulla crisi ucraina), poi a Bruxelles negli incontri con l'Ue e la Nato. Anche con papa Francesco il presidente americano ne ha parlato, visto che il Vaticano aveva stabilito un buon rapporto con Putin all'epoca del G20 di San Pietroburgo (sulla crisi in Siria), con la lettera del pontefice che ammoniva sui rischi di un intervento militare.
Una mossa decisiva secondo la Casa Bianca è il ritiro di quei 30.000 soldati russi ammassati a ridosso del confine ucraino. Obama vede il rischio che Putin attenda di fabbricarsi un pretesto per invadere aree dell'Ucraina orientale, o della Moldova. E un giallo riguarda proprio quella telefonata di venerdì sera tra i due leader. A Mosca la versione ufficiale è che sia stato Obama a chiamare Putin. Inoltre nella versione russa Putin nel colloquio telefonico avrebbe soprattutto esternato nuove lamentele sulla sorte dei russi che abitano in Ucraina e Moldova. Obama ha ribadito che «non esistono pericoli reali» per quelle minoranze. Ci tiene perciò che Putin accetti un arbitrato internazionale: devono essere gli ispettori dell'Osce a verificare come vengono trattate le minoranze etniche. Guai se l'arbitro sta a Mosca.
Obama consapevole dei rischi di questo accordo diplomatico in gestazione. Perciò nella telefonata di venerdì sera ha insistito per avere una "risposta scritta" da Putin: non vuole che Lavrov si presenti a Parigi senza un mandato chiaro, e che le sue (eventuali) aperture vengano poi sconfessate dal suo capo a Mosca.
Intanto nella bozza di accordo su cui la Casa Bianca sta puntando, è scomparsa una richiesta: la cancellazione dell'annessione della Crimea. Obama continua a definirla una «violazione della legalità internazionale». Ma non v'e` traccia della Crimea nei punti qualificanti dell'accordo che Kerry vuole negoziare a Parigi. Per Putin è già una vittoria considerevole. Con un accordo a Parigi, anche accettando le condizioni americane, la Russia si terrebbe comunque la Crimea.
La popolarità di Putin è alle stelle, in un revival di nazionalismo revanscista russo. Le sanzioni occidentali in caso di accordo resterebbero ferme al primo stadio, cioè quelle modeste misure varate contro una trentina di oligarchi vicini a Putin. E un accordo con Obama consentirebbe a Putin di uscire dall'isolamento diplomatico dopo la sospensione dal G8.
In Crimea però la situazione è tutt'altro che pacificata. La grande comunità tatara circa 300mila persone di religione musulmana - ieri si è riunita a congresso per stabilire come tutelarsi all'interno della nuova forma statuale. In mancanza di garanzie (finora dalle nuove autorità russe sono arrivate solo minacce di confisca delle terre) i tatari hanno deciso che terranno un proprio referendum per dotarsi di un status autonomo.
OBAMA PUTIN putin obama G20- PUTIN, OBAMA, DILMA MILITARI UCRAINI LASCIANO LE BASI IN CRIMEA CON GLI SCATOLONI MILITARI RUSSI PRENDONO IL CONTROLLO DELLA CRIMEA MILITARI RUSSI PRENDONO IL CONTROLLO DELLA CRIMEA MILITARI RUSSI PRENDONO IL CONTROLLO DELLA CRIMEA PUTIN CON IL PREMIER DELLA CRIMEA AKSIONOV IL PRESIDENTE DEL PARLAMENTO KOSTANTINOV E IL SINDACO DI SEBASTOPOLI CHALYI.
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