RENZI S’E’ MAGNATO LA GALLINA PADOAN - AL SENATO C’E’ IL CAOS SULLA LEGGE DI STABILITÀ E IL MINISTRO DELL’ECONOMIA NON C’ERA - ORMAI PALAZZO CHIGI HA “COMMISSARIATO” IL TESORO E PADOAN FA LO SCALDA-POLTRONA

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RENZI E PADOANRENZI E PADOAN

Carmelo Lopapa per “la Repubblica”

 

È tutto un vociare, i leghisti si sbracciano, quelli di Sel protestano, il capogruppo grillino Alberto Airola (come sempre) urla. Il viceministro all’Economia Enrico Morando entra ed esce dall’aula, l’aria spaesata, in una mano il telefonino, nell’altra la penna per annotare continue correzioni al testo, sarà il vero San Sebastiano della lunga notte di Palazzo Madama.

 

Il “titolare” della faccenda, il ministro Pier Carlo Padoan, assente, nonostante la maratona protratta per quasi 22 ore riguardasse la legge di stabilità 2015, con annessa fiducia del governo posta (tra le polemiche) dalla collega Maria Elena Boschi. Notte che annoterà anche un eroe, agli annali, il 91enne Sergio Zavoli, presente per l’intera giornata e nottata a seguire, senza mai lasciare, con lodi finali da Renzi e dai suoi.

matteo renzi pier carlo padoanmatteo renzi pier carlo padoan

Obiettivo raggiunto, alla fine.

 

«Grazie a senatrici e senatori che su stabilità e legge elettorale hanno dato lezione di politica a ostruzionismi» è il tweet (col solito hashtag #lavoltabuona) del capo del governo, quando non sono ancora le 8 e a Palazzo Madama è appena sceso il sipario. E una riflessione invece consegnata ai suoi: «Alla fine abbiamo retto, alla fine ha dato una grande prova la Camera Alta che pure è destinata a essere cancellata ».

 

matteo renzi pier carlo padoanmatteo renzi pier carlo padoan

Prima che il sole sorgesse però era successo di tutto. L’aula era stata già abbandonata nel cuore della notte da Forza Italia, dai grillini, dai leghisti. Il pasticcio sul testo si consuma tuttavia in commissione. Nella serata di venerdì a Palazzo Chigi i tecnici della Boschi e del premier rimettono mano all’intera legge e fanno piazza pulita di quelle che Renzi non esiterà a definire «marchette».

 

Quando finalmente in nottata viene spedito al Senato, scoppia la bagarre, nel prevedibile ostruzionismo delle opposizioni. «Ma certo, se il ministro Padoan fosse rimasto a darci una mano e fare chiarezza, anziché andare di sera a cena con amici, non facendosi più vedere, sarebbe stato meglio», lamenta più di un senatore democratico.

Enrico Morando Enrico Morando

 

Fosse solo quello. Sembra che sia tutta la struttura di via XX Settembre che sia andata in bambola, i tecnici sulle modifiche finali non sono intervenute, il viceministro Morando non è al corrente dei correttivi. Il presidente Pietro Grasso ci mette una pezza a più riprese. I ministri Del Rio e Boschi danno manforte e di fatto “commissariano” il Tesoro.

 

Proprio Grasso sta provando a calmare gli animi, nel testo ci «sono errori di drafting, errori materiali », ammette per smorzare la tensione, «no, questa è stata una mancanza, ma la presidenza si assume la responsabilità di fare le correzioni». Ecco, è proprio a quel punto, intorno all’1,30, quando in aula è caos, che dall’emiciclo si sente urlare: «Ma è uscito il numero 48?» Maurizio Gasparri la butta in “tombolata”, questa notte che in effetti sarebbe prenatalizia, se non fosse per il clima in Parlamento.

 

piero grasso in senatopiero grasso in senato

Il fatto è che solo a mezzanotte finalmente arriva da Palazzo Chigi il maxiemendamento che riscrive la norma. Alle 4,40 il voto di fiducia, favorevoli 162, contrari 37. Poi il voto finale sul ddl di bilancio, 161 sì, 78 no. Ma che fatica. E che noia: tra i banchi di chi è costretto a restare ci si butta sui social. Il dem Stefano Esposito posta foto con giacca del collega e invito ai follower: «Che ne dite di questa giacchetta rossa del mitico senatore Vaccari? Se approvate, me la compro».

 

I cinque stelle Buccarella, Montevecchi e Marton sono impegnati a dimostrare ai loro, di seguaci, che non votano ma sono in aula anche alle 4,30 e dimostrano con selfie collettivo allegato, ché poi con Grillo poi non si sa mai. Imitati dai colleghi Catalfo, Paglini, Bottici e Scibona alle 6. Il clou della battaglia si consuma proprio in quelle ore, dopo l’approvazione della finanziaria con la conferenza dei capigruppo convocata alle 5,45 («Mai successo», ricordano alcuni) per incardinare l’Italicum e rinviarne la discussione generale al 7 gennaio.

ABBRACCIO BOSCHI DELRIOABBRACCIO BOSCHI DELRIO

 

«È stata una seduta da record — commenta l’indomani il presidente del Senato — Le critiche? Sono abituato per la mia precedente professione a tenere conto del dissenso». Approvata la legge di stabilità, grillini e leghisti fanno di tutto per impedire di incardinare la riforma. Dopo le 6 parlano in trenta. Poi cedono.

 

boschi renzi delrioboschi renzi delrio

Una partita a sé la giocano i forzisti. Escono per la stabilità, ma una ventina resta e rientra con Romani e la Rossi per votare contro la fiducia e soprattutto per garantire il numero legale quando viene incardinato in aula l’Italicum. Alle 7,30 rompete le righe, anche Grasso scende dallo scranno ed è tutto un baciarsi sulle guance e pacche sulle spalle di auguri tra forzisti e dem. Adesso sì che è Natale.