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Enzo Bettiza per “la Stampa”
Colpisce come uno degli uomini più carismatici del nostro tempo, papa Francesco, continui, lui che italiano non è, a parlare in italiano in occasioni ufficiali significative.
Anche quando non è in Italia. A Istanbul, in questi giorni, per esempio. «Uniamo le fedi per fermare il terrore»: la sua apertura all’Islam è stata pronunciata in italiano, in un discorso in cui il pontefice ha ritenuto opportuno, anzi doveroso, ricordare, condannandole, le violenze patite in Iraq e in Siria da cristiani e da yazidi. Un discorso in cui ha voluto sottolineare che «la convivenza fra musulmani, ebrei e cristiani deve poggiare sugli stessi diritti e doveri».
Sempre nella medesima lingua, l’italiano - la lingua della Chiesa ma non per questo vincolante - il papa ha lanciato il suo monito nell’aula di Strasburgo gremita dai rappresentanti di ventotto Paesi. Ha auspicato che l’Europa ritrovi «la sua anima buona» e ha augurato che «riscoprendo il suo patrimonio storico e la profondità delle sue radici, ritrovi quella giovinezza dello spirito che l’ha resa feconda e grande».
papa bergoglio in visita al parlamento europeo 9
L’italiano vive una stagione di visibilità e di popolarità mai conosciute prima. Dai dati resi noti dalla Farnesina risulta che è oggi la quarta lingua più studiata del mondo. In cima alla lista dei Paesi dove più numerosi sono gli studenti della lingua di Dante c’è la Germania, seguita, nell’ordine, dall’Australia, dagli Stati Uniti, dall’Egitto, dall’Argentina. In Australia e in Giappone l’italiano è inserito nei programmi delle scuole. Il totale la lingua è insegnata in 111 Paesi, dall’Afghanistan allo Zimbabwe. Inoltre si calcola che gli italodiscendenti siano circa ottanta milioni: per dimensioni si tratterebbe addirittura della seconda diaspora al mondo dopo quella cinese.
Riscoperta delle radici? Voglia di grande bellezza? Fascino turistico e culturale di luoghi entrati nel mito? Passione per la letteratura e per i suoi classici? Oggi l’italiano è un idioma che interessa molto ai giovani e alle generazioni internet: risulta infatti essere l’ottava lingua più utilizzata su Facebook. Ed è proprio a Facebook e alla sua cassa di risonanza che Francesco Rutelli ha affidato le sue considerazioni su quanto sia importante che il papa si esprima in italiano.
Il commento, sostanzialmente condivisibile, è intinto di incisivo spirito critico: «Il papa parla in lingua italiana ai cittadini del mondo, ma il provincialismo italiano neppure se ne accorge», scrive Rutelli sulla sua pagina FB. E sottolinea come il pontefice, anche se ha ascendenti italiani, potrebbe tranquillamente usare la sua lingua madre, oltretutto la più diffusa nel mondo, e preferisca invece parlare in italiano, «riconoscendone così non solo il significato per la Chiesa - come vescovo di Roma - ma la ricchezza lessicale e la forza espressiva. Per noi, purtroppo è sempre più importante il vernacolo da pianerottolo».
Per promuovere ulteriormente la nostra lingua ci si affannerà probabilmente a coinvolgere anche italofoni famosi, amici naturali dell’Italia influenti nei loro Paesi. Artisti, intellettuali, sportivi, imprenditori, ecc. L’obiettivo potrebbe essere anche geopolitico in senso lato: quello cioè di ampliare la sfera di influenza italiana nel mondo, un’influenza che esiste e si espande ma che, proprio in patria, pochi sembrano vedere.
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