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Paolo Di Stefano per "Il Corriere della Sera"
Il piccolo saltella intorno al Papa e arriva a sedersi sul trono pontificio. Ã successo in piazza San Pietro, durante un'omelia, al cospetto di migliaia e migliaia di fedeli. Un quadretto tenero, come se papa Francesco e quel piccolo fossero nonno e nipote. Il bimbo sfuggito alla folla e il nonno che gli accarezza la testa, tornando ogni tanto ad abbracciarlo.
Nonno Francesco parlava nel suo modo affabile di sempre, e il bambino gli saltellava intorno, come fosse nel giardino di casa. Come se il nonno stesse sistemando una siepe in un pomeriggio qualunque di sole autunnale lasciando che il nipotino si muovesse liberamente con la promessa di non allontanarsi troppo. Avrebbe potuto anche dirgli:
«Attento che cadi», come dice un vecchio un po' ansioso al bambino irrequieto.
Isolato dal contesto, poteva essere un quadretto intimo, di famiglia, invece eravamo in piazza San Pietro, durante un'omelia, al cospetto di migliaia e migliaia di fedeli increduli. Un quadretto tenero e comico insieme, perché il nonno era niente meno che il Papa e il bambino era sfuggito alla folla per rimanere lassù, accanto al nonno che gli accarezzava la testa, tornando ogni tanto ad abbracciarlo per un richiamo irresistibile di affetto e di quella complicità che solo i nonni riescono ad avere con i nipotini.
Questo Papa sa dare naturalezza a parole e a gesti che fino all'altro ieri sembravano impensabili. Tutto di una semplicità disarmante, come il primo «buonasera» del 13 marzo. Come le smorfie sorridenti e confidenziali con il piccolo. Come quell'agitarsi del bambino «impertinente» che con la sua maglietta gialla dalle maniche troppo lunghe andava a sedersi per un attimo sul trono pontificio.
Forse ignaro di tutto, forse ben consapevole di quei pochi minuti di celebrità , mentre nonno Francesco continuava tranquillo a parlare all'oceano di piazza San Pietro, senza badare troppo al monello che ora gli stava già al fianco sfiorandogli con una mano le pieghe dell'abito bianco.
Era il raduno delle famiglie, ma di bambini, intorno a nonno Francesco, ne abbiamo già visti tanti. In luglio, a Rio de Janeiro, ha abbracciato Nathan, un ragazzino di nove anni sfuggito alla folla per raggiungere il Papa che per poterlo salutare ha chiesto all'autista di fermare la macchina. In settembre ha voluto telefonare a Federico, sei anni, che da Chivasso gli aveva mandato un disegno di fiori colorati.
Ad Assisi, un altro abbraccio con un bambino che gli si è buttato al collo sventolando una bandierina. Non un abbraccio qualunque, ma una stretta piena, forte, rassicurante, e poi la camminata giù per le scale, mano nella mano. Certo, non è stato un nonno a dire «Lasciate che i bambini vengano a me», ma non importa.
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