ECCO PERCHE’ IL PD DI BELLA NAPOLI HA FATTO FUORI RODOTÀ – IL “PAPA ROSSO” NON AVREBBE MAI PROMOSSO LE LARGHE INTESE

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Giordano Tedoldi per "Libero"

Chi volesse ancora la prova che Stefano Rodotà era l'uomo meno indicato per il Quirinale, non ha che da leggersi l'intervista che egli ha rilasciato ieri a Simonetta Fiori di Repubblica. Rodotà, nonostante ami mostrarsi quale un giurista pacato e equilibrato e abbia ricoperto ben remunerati incarichi, come quello a capo dell'authority sulla privacy, che richiedevano un profilo d'imparzialità, è in realtà un lupo travestito da agnello, un politico politicante che, come a molti in età senile, è capitato di flirtare con i cosiddetti «movimenti», siano essi i 5 Stelle, o piccole lobby intellettuali, o porzioni di sedicente società civile. Innamoramenti fatui e, com'è naturale, d'interesse, da ambo le parti.

Poiché è anche un cattivo perdente, incassata le seconda elezione di Napolitano, non volendo abbandonare la scena, il professor Rodotà ora gradisce di atteggiarsi a venerabile saggio della sinistra e, con quella tinta vanesia che gli è propria, a mostrarsi combattivo, movimentista, come un giovane indignato di quelli che piacevano a colui che probabilmente è il suo modello inarrivabile, l'indomito politico e scrittore francese Stéphane Hessel. Nel colloquio con Fiori, l'ex candidato alla presidenza della Repubblica dice che non sarebbe mai stato «fautore della pacificazione».

Anzi, che la sua corsa (per nostra fortuna finita in un ruzzolone) al Colle aveva proprio questo obiettivo primario: sventare quella tregua tra le forze politiche che poi, com'egli aveva previsto, si è verificata.

Capirai, il professore aveva deciso di «metterci la faccia» (che poi divenne un muso lungo e ancora prosegue) mica per ambizione personale, per aggiungere un altro tassello al suo cursus honorum, per essere, lui di età avanzata, il rappresentante al Quirinale di quei giovani illusi che lo applaudivano in piazza, no, lui si sacrificava per ribadire la distinzione tra sinistra e destra, che esiste «sul piano storico e teorico», ad esempio chi è di sinistra riconosce il valore della dignità, e che l'uomo non è riducibile a un consumatore, mentre a destra, deduciamo, sono tutti indegni frequentatori di centri commerciali.

Che un professore dalle teorizzazioni tanto banali e rozze, per non dire dai pregiudizi tanto voluttuosamente coltivati, abbia dovuto cedere il passo a Giorgio Napolitano è uno dei pochi motivi di benessere che ci può essere dato di questi tempi. Così come il divertimento di leggere le sue interviste velleitarie, in cui si dichiara «imbarazzato» quando viene indicato come un «papa rosso», e ti immagini il rossore sulle sue guance, tipico del politico sprovveduto e timido alle prime armi, del vero idealista.

Ma chi ci casca, professor Rodotà? Lei era l'artefice di un ben preciso disegno politico, spaventosamente di parte, quanto di meno appropriato alla carica quirinalizia in una fase come la presente. Che in un'intervista dedicata alle parole- chiave lei spari a zero contro la «pacificazione », si atteggi a tumultuoso, dopo un ventennio dove il livello dello scontro ha accecato le menti, ci fa dire che lei sta bene là dov'è: nella stanzetta dell'inevitabile Fondazione del politico in pensione, a rilasciare interviste.

 

Stefano Rodota Giorgio Napolitano PIERLUIGI BERSANI SILVIO BERLUSCONI