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Salvatore Dama per “Libero quotidiano”
Nel cortile di Montecitorio c'è un bel sole. Laura Castelli ne approfitta per portarsi avanti con il lavoro e godersi il tepore primaverile. Telefona e prende appunti sulla sua agendina. La vice capogruppo grillina è l'unica superstite tra i suoi colleghi deputati. Che, puff, sono spariti tutti già mercoledì sera. A passo veloce, coi trolley saltellanti sui sampietrini irregolari del centro storico di Roma. La Camera è convocata per il 7 maggio. Un mega ponte festivo di 18 giorni. Che, poi, ferie da cosa?
Dal 4 marzo, giorno di inizio della nuova legislatura, Montecitorio si è riunita 7 volte. Prevalentemente per distribuire poltrone.
L' ultima proprio ieri l'altro, quando è stato eletto un nuovo segretario d'aula. Il nono.
Tutti gli avvii di legislatura sono lenti. Questo è proprio un diesel. I proclami dei nuovi arrivati, che volevano aprire il Parlamento come una scatola di tonno, sono rimasti relegati su Twitter e Facebook. L' onorevole grillino ci ha messo poco ad assuefarsi alla lentezza della prassi istituzionale. Nessuno scalpita, nessuno si scandalizza.
Ora è chiaro anche a loro che le regole sono queste.
Se i leader non trovano un accordo tra di loro, la legislatura non decolla. L'assenza di un governo che definisca chi sta in maggioranza e chi va all' opposizione, impedisce al Palazzo di cominciare a lavorare a regime. Senza nessuno che sieda a Palazzo Chigi, non possono insediarsi le Commissioni permanenti, che sono il motore della macchina legislativa. È stata nominata solo la Commissione speciale. I suoi componenti - 40 a Montecitorio e 27 a Palazzo Madama - sono gli unici che nei prossimi giorni avranno un po' da fare. Mentre gli altri novecento e passa incroceranno le braccia.
IN ATTESA
Entro fine mese dovrebbe vedere la luce il Documento economico e finanziario. C'è un testo neutro predisposto dal governo uscente, mentre tutti i gruppi parlamentari stanno lavorando a delle risoluzioni da mettere ai voti. Il resto della produzione legislativa è roba di serie B. Nessuno acuto, nessun tema che possa incontrare l'interesse degli elettori. Invece di occuparsi di pensioni, fisco, lavoro, giustizia o emergenza migranti, il Parlamento avrà da fare con la disciplina della riproduzione animale.
I parlamentari saranno chiamati a esprimere un parere sull' impiego di asini stalloni abilitati alla fecondazione di cavalle. Ma anche sul divieto fatto ai maiali, per ragioni di purezza genetica, di fecondare scrofe «in forma girovaga». Che, in versione bipede, sarebbe la classica «botta e via».
SESSO E SUINI
Deputati e senatori dovranno dire la loro anche sulla pratica dell'inseminazione artificiale dei suini e sui centri di raccolta e di magazzinamento dello sperma. E qui già è facile prevedere «l'obiezione di coscienza» dei parlamentari cattolici. Questo è solo uno dei 19 decreti legislativi che attendono un parere dalla Commissione speciale, retaggio del governo uscente e della passata legislatura.
A Palazzo Madama la situazione è ancora più imbarazzante. Dall'inizio della diciottesima legislatura i senatori hanno lavorato in totale 12 ore e 56 minuti. E non è detto che riprendano il 7 maggio perché a differenza della Camera non è ancora stata convocata la prossima seduta. Le indennità no, quelle arrivano precise, il 28 del mese. E non sono commisurate alle giornate di lavoro. Sono piene. Due mesi di fancazzismo costano al contribuente 252 milioni di euro. Altro che i 73 milioni di risparmi promessi con il taglio dei vitalizi. Sono già andati. Bruciati.
MANGIASOLDI
Montecitorio ha una macchina organizzativa enorme. Che ciuccia soldi anche se non si approvano leggi. Due numeri? In sessanta giorni, per esempio, se ne vanno 34 milioni per il personale, 13 milioni per le indennità e 10 per le diarie dei deputati, un milione per le pulizie del Palazzo e 700mila euro in bollette di gas, luce e acqua. Palazzo Madama ha costi inferiori, ma comunque importanti.
Marzo e aprile saranno anche stati improduttivi dal punto di vista della legislazione, ma il Senato ha bruciato risorse per 91 milioni, pagando 16 milioni in stipendi dei senatori, 25 milioni per le pensioni dei dipendenti e 3,6 milioni di contributi ai gruppi parlamentari.
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