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PAROLIN, BASTA LA PAROLA! TRA I PAPABILI C’E’ ANCHE IL SEGRETARIO DI STATO CHE HA ABBATTUTO LA MURAGLIA DEI CINESI E FAVORITO IL DISGELO TRA USA E CUBA – IL SUO CAPOLAVORO DIPLOMATICO È “L’ACCORDO PROVVISORIO” TRA SANTA SEDE E PECHINO SULLA NOMINA DEI VESCOVI. QUANDO, UN ANNO FA, PAPA FRANCESCO RISPOSE A UNA DOMANDA SUL “CORAGGIO DELLA BANDIERA BIANCA” PARLANDO SOLO DELL’UCRAINA, IL “CARDINAL SOTTILE” CHIARÌ: “L’APPELLO DEL PONTEFICE È CHE SI..."
Gian Guido Vecchi per il “Corriere della Sera” - Estratti
Bisognava vederlo, il grande diplomatico, l’artefice dell’accordo storico e delicatissimo con la Cina, il Segretario di Stato vaticano Pietro Parolin mentre all’inizio di settembre, le lacrime agli occhi, celebrava il funerale della madre Ada Miotti nella chiesa di Schiavon, duemilacinquecento anime a una ventina di chilometri da Vicenza: «Grazie mamma, sulle tue ginocchia abbiamo imparato a conoscere il Vangelo».
Il padre Luigi aveva un negozio di ferramenta, vendeva macchine agricole e morì in un incidente stradale nel 1965, quando Pietro aveva dieci anni. «La mamma mi aveva confidato di essersene innamorata colpita dal suo modo di pregare in questa chiesa, cose che oggi non accadono più».
PIETRO PAROLIN - SERGIO MATTARELLA
Il cardinale Parolin, 70 anni, è cresciuto in un mondo che pare uscito dalla penna di Luigi Meneghello. La gente del paese, «chiamatemi don Pietro, io per voi sarò sempre don Pietro», ha raccontato al Corriere del Veneto che a sei anni giocava a dire Messa sul balcone.
(...) Nel 2009 diventa nunzio in Venezuela finché Francesco nel 2013 lo nomina suo Segretario di Stato, creandolo cardinale nel 2014.
Trattative segrete Sono questi, gli anni decisivi per Parolin. Alti e bassi, ma lui tiene duro. Nel 2007, Benedetto XVI aveva scritto una lettera «a tutta la Chiesa che è in Cina» e auspicava «un accordo con il governo» sulla nomina dei vescovi.
jd vance e pietro parolin in vaticano
Era stato proprio monsignor Parolin, allora sottosegretario della Sezione per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato — il ministero degli Esteri della Santa Sede — a lavorare in tutta riservatezza all’intesa. Per due volte era andato a Pechino, l’accordo sembrava prossimo. Anche nella Chiesa, come nel Partito comunista cinese, si erano confrontate nel tempo un’anima più agonistica e una più dialogante. Ma le resistenze erano fortissime, sia nella burocrazia cinese sia in quella ecclesiastica.
Così non se ne fece nulla: e Parolin fu spedito a Caracas come ambasciatore. La svolta fu l’elezione di Bergoglio, il primo Papa gesuita per il quale la Cina era una priorità. Non era una questione politica, ma di evangelizzazione: «L’Asia è il futuro della Chiesa». Quando Francesco richiamò Parolin dal Venezuela per promuoverlo Segretario di Stato, il segnale non poteva essere più chiaro. Parolin continuò il suo lavoro fino a compiere il suo capolavoro diplomatico, con buona pace delle resistenze e dei fuochi di sbarramento: l’«accordo provvisorio» tra Santa Sede e Pechino sulla nomina dei vescovi, sottoscritto il 22 settembre 2018 e da allora rinnovato fino a oggi.
matteo salvini pietro parolin giorgia meloni inaugurazione piazza pia roma foto lapresse
Tra Usa e Cuba Moderato, discreto, efficiente. Nei suoi anni alla guida della diplomazia vaticana, c’è da segnalare anche l’accordo altrettanto storico tra Stati Uniti e Cuba. Il 17 dicembre 2014, a dieci minuti l’uno dall’altro, il presidente americano Barack Obama e quello cubano Raúl Castro annunciarono il superamento dell’embargo deciso dagli Stati Uniti dopo la rivoluzione di Fidel Castro nel 1959.
Entrambi ringraziarono pubblicamente Francesco per la sua mediazione. Saltò fuori che il Papa e la Santa Sede avevano avuto un ruolo fondamentale nel disgelo tra Washington e L’Avana. E che in autunno, mentre i media di tutto il mondo guardavano al Sinodo sulla famiglia e intorno al Colonnato del Bernini sostavano centinaia di telecamere e giornalisti, le delegazioni di Stati Uniti e Cuba si erano incontrate in gran segreto tra le Mura vaticane, senza che nessuno se ne accorgesse.
Correzioni In questi anni è stato, per ruolo, il collaboratore più stretto del Papa. All’occasione, con tatto, limandone eccessi e sbavature. Come quando, un anno fa, Francesco rispose a una domanda sul «coraggio della bandiera bianca» parlando solo dell’Ucraina e l’indomani, mentre si stava scatenando il finimondo, il cardinale chiarì:
«L’appello del Pontefice è che “si creino le condizioni per una soluzione diplomatica alla ricerca di una pace giusta e duratura”. In tal senso è ovvio che la creazione di tali condizioni non spetta solo ad una delle parti, bensì ad entrambe, e la prima condizione mi pare sia proprio quella di mettere fine all’aggressione...».
pietro parolin bergoglio
pietro parolin mario draghi
PIETRO PAROLIN
papa francesco pietro parolin
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