maria elena boschi

PARTE L’EPURAZIONE DELLA BOSCHI - APPRODATA A PALAZZO CHIGI FA FUORI LA MANZIONE (PROTETTA DA LOTTI) MA CONFERMA IL PORTAVOCE SENSI - LA SOTTOSEGRETARIA VUOLE UN FEDELISSIMO COME CAPO DIPARTIMENTO - PER LA EX VIGILESSA PRONTO IL CONSIGLIO DI STATO

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1. LE VENDETTE DI MARIA ELENA

 

luca lotti maria elena boschi al quirinaleluca lotti maria elena boschi al quirinale

Paolo Bracalini per il Giornale

 

L'arrivo di Maria Elena Boschi nel prestigioso ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio non lascerà inalterato l'organigramma di Palazzo Chigi, di cui è di fatto la nuova comandante in capo (ha già emesso la circolare per farsi chiamare «Sottosegretaria», al femminile).

 

Antonella  Manzione Antonella Manzione

La poltrona che in queste ore sta vibrando di più è proprio quella di un'altra renziana di ferro, l'ex «vigilessa» Antonella Manzione, che Matteo Renzi si era portato da Firenze a Palazzo Chigi per piazzarla in un ruolo fondamentale, capo del Dagl (il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della presidenza del Consiglio), l'ufficio che scrive le leggi del governo. La Manzione finora aveva fatto tandem con Luca Lotti, ufficiale di collegamento di Renzi tra partito e macchina governativa, come sottosegretario a largo Chigi. Un potere che via via, però, era stato assorbito dalla Boschi, che come ministro per i Rapporti col Parlamento è diventata durante la stagione Renzi il vero motore dell'attività governativa, oscurando il ticket Lotti-Manzione. Attivismo che ha creato delle frizioni con il fedelissimo fiorentino Lotti, ora ministro dello Sport, e un rapporto molto difficile con la Manzione. Destinato a peggiorare con Maria Elena nuova «zarina» di Palazzo Chigi.

 

paolo aquilantipaolo aquilanti

La Boschi era già riuscita a far nominare come segretario generale di Palazzo Chigi il fidato consigliere Paolo Aquilanti (già capo di gabinetto proprio della Boschi) vincendo sulla richiesta di Lotti di promuovere in quel ruolo il vicesegretario generale (anche lui grazie a Renzi) Raffaele Tiscar, di provenienza toscana e ciellina. Ora che Renzi ha trasferito gli scatoloni a Pontassieve, i suoi protetti che non sono anche nelle grazie di Maria Elena non se la passano più benissimo.

 

DE MITA CERESANI - Copyright PizziDE MITA CERESANI - Copyright Pizzi

Prima tra tutti, appunto, la Manzione, già da tempo del mirino della Boschi. Il rapporto di lavoro con Palazzo Chigi dell'ex capa dei vigili fiorentini, iniziato il 9 aprile 2014, scade - si legge nel documento sugli «incarichi amministrativi di vertice» - con la scadenza del governo. Quindi il suo posto, una poltrona chiave nella macchina di Palazzo Chigi, è pronto per essere liberato e occupato da qualcuno più gradito alla «Meb» (nomignolo della Boschi), e in tempi anche rapidi. Il «Boschi boy» in pole position per sostituire la Manzione è Cristiano Ceresani, già capo del settore legislativo nell'ex ministero della Boschi e nemico giurato della Manzione. Che però non rimarrà disoccupata. Renzi un mese fa è riuscito a piazzarla nel Consiglio di Stato, nonostante le proteste dei magistrati amministrativi sulla mancanza di requisiti della candidata del premier.

 

filippo sensifilippo sensi

Per una renziana che fa le valigie, c'è un renziano (non sgradito alla Boschi) che resta anche se il capo è andato via: Filippo Sensi, in arte «Nomfup», portavoce dell'ex premier Renzi. Il giornalista ex Margherita è caduto in piedi. Gentiloni ha orbitato sempre attorno a Rutelli, suo assessore al Campidoglio, e nello staff dell'ex sindaco ha mosso i primi passi appunto Sensi. Che però, all'ultima direzione Pd, accompagnava ancora Renzi (doppio ruolo?). Nuovo governo, stessi ministri, stessa Boschi. E stesso portavoce.

 

 

2. POTEVA CONQUISTARE GLI ITALIANI CON UN PASSO INDIETRO. MA NON L’HA FATTO

 

Noemi Azzurra Barbuto per Libero Quotidiano

 

abbraccio tra maria elena boschi e matteo renzi abbraccio tra maria elena boschi e matteo renzi

«Non potevo essere l' unica a pagare. Non sarebbe stato giusto. La mia carriera politica non è finita il 4 dicembre». Questo ha risposto Maria Elena Boschi, neo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, a chi le chiedeva come mai non si fosse ritirata dalla scena politica subito dopo la netta bocciatura della sua riforma da parte degli italiani. Almeno per un doveroso, oltre che conveniente, momento di pausa. E non perché i ministri le cui riforme non sono gradite al popolo debbano rassegnare le dimissioni. Questo non sta scritto da nessuna parte né è una consuetudine democratica. Ma solo perché lei stessa ha detto e ripetuto negli ultimi mesi che, in caso di sconfitta nel match referendario, non avrebbe più fatto politica.

maria elena boschi tweet  maria elena boschi tweet

 

Non si tratta di «pagare», gli italiani non vogliono il sangue di nessuno. Vogliono soltanto serietà. Ossia responsabilità. Ciò che più stupisce e, per certi versi, sta sullo stomaco agli italiani è il fatto che, dopo avere trasformato un referendum in un plebiscito, non si possa non rispettare la loro volontà. In tutta la vicenda il non detto pesa molto di più del pronunciato.

 

Perché, in fondo, può succedere a tutti di dire una cazzata. E si può perdonare. Certo, ripeterla più volte è tergiversare nell' errore... Tuttavia, noi vogliamo dare per scontata la sua buonafede: Maria Elena Boschi ci ha creduto veramente ed era sicura della vittoria, sicura della sua riforma, sicura che le sue dichiarazioni non avrebbero avuto conseguenze, sicura che gli italiani avrebbero votato Sì e che lei e tutto il governo avrebbero vissuto felici e contenti.

maria elena boschi tweet   maria elena boschi tweet

 

Il suo errore è stato dunque solo quello di essere così certa della vittoria da fare dichiarazioni non riflettute sul post-referendum. Un errore che si può perdonare con tenerezza. Quando poi il castello di sogni si è frantumato, ha dovuto fare i conti con la realtà, stavolta quella vera.

 

A questo punto sarebbe stato doveroso parlare, rivolgersi sia a quelli italiani che hanno votato No che a quelli che hanno votato Sì, ringraziandoli di averci creduto quasi quanto lei. Eppure nulla. Eppure silenzio. Neanche una parola. Sarebbe stato doveroso anche un passo indietro, il mantenimento della parola data. Allora gli italiani avrebbero pensato: «Cavoli, questa è una grande donna. Forse ci siamo sbagliati». È un grande politico chi mantiene la parola in un mondo in cui i politici non la mantengono mai.

MARIA ELENA BOSCHI E LUCIA ANNUNZIATAMARIA ELENA BOSCHI E LUCIA ANNUNZIATA

 

Maria Elena ha avuto la sua imperdibile occasione. E l' ha persa. Ha ignorato i consigli del fidato Matteo. Ha ignorato tutti. Come i bambini capricciosi. Ha pianto tanto, così dicono. Ma soprattutto ha ignorato gli italiani, ai quali lei non parla più. Ora che non devono votare.

 

Possiamo pure ammettere che alla poltrona ci si possa affezionare e che sia dura lasciarla, soprattutto da sconfitti, ma qui non siamo all' asilo. Maria Elena ha dimostrato di essere «più bella che furba», parafrasando Berlusconi. Avrebbe potuto avere il suo nuovo seggio reale. Ma prima avrebbe dovuto lei stessa, con la sua voce, dimettersi dal suo ruolo di ministro delle Riforme, mostrando la volontà non di andare via per sempre, ma di rispettare la parola data.

maria elena boschi tweet     maria elena boschi tweet

 

Quindi la sua dignità. Poi sarebbe anche potuta arrivare la promozione, che sarebbe stata quantomeno più digeribile. Allora lei avrebbe fatto un discorso agli italiani prima di accettare il nuovo ruolo: «Mi impegno a fare di più e meglio, lo faccio sia per coloro che hanno votato No sia per coloro che hanno votato Sì, dando fiducia ad una riforma che portava il mio nome e al governo». Ma Maria Elena non parla più.

 

Ora può di nuovo sorridere felice, come è apparsa al passaggio della campanella dalle mani di Renzi a quelle di Gentiloni. Lei era di nuovo raggiante guardando Matteo. Il pericolo è scampato. Contenta lei Amen.