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Amedeo La Mattina per “la Stampa”
Berlusconi ha un timore, che il confronto aspro dentro il Pd e i tanti passaggi parlamentari che attendono la maggioranza nei primi mesi del 2015 possano suggerire a Renzi di trovare un compromesso con la minoranza del partito. E che questo compromesso passi innanzitutto per la scelta del nuovo capo dello Stato.
Forse non è un caso che ieri Pippo Civati abbia di nuovo evocato la scissione, dicendo che molto dipenderà dal «passaggio cruciale» dell’elezione del presidente della Repubblica. Civati non ha mai negato di guardare a Prodi o una figura simile di «alto profilo per le istituzioni». Ma Renzi, se vuole incrociare anche il Cavaliere in questa partita, sa che deve cancellare dalla lista il nome dell’ex premier dell’Ulivo.
NO A PRODI E BERSANI
Renzi deve cancellare anche «i parlamentari in carica» e pescare figure che sono «fuori dalla politica»: questo è il ragionamento che il leader di Fi sta facendo in questi giorni. Ecco, la preoccupazione del Cavaliere è che Renzi, per tenersi stretto il grosso della minoranza Pd e affrontare i prossimi passaggi parlamentari con tranquillità, possa cedere alla tentazione di appoggiare un candidato indigeribile. Ad esempio Bersani che sarebbe gradito a tutta la maggioranza che sostiene il governo, a Sel e agli ex grillini che sono usciti o sono stati cacciati da M5S.
IL COLLE E IL NAZARENO
Il patto è sempre più scolorito e da domani, quando il testo della riforma costituzionale arriverà nell’aula della Camera, si comincerà a capire se reggerà. Così, un Berlusconi pieno di timori ricorda alle sue truppe in affanno e divise che il 15 febbraio riconquisterà la piena agibilità politica.
Ma soprattutto ammette che Fi non poteva dire no al patto del Nazareno: questo prevede «come conseguenza logica che non potrà essere eletto un Capo dello Stato che a noi non sembri adeguato all’alta carica che dovrà ricoprire». Dunque, un presidente della Repubblica «gradito» come clausola non scritta di un’intesa che però ha legato le mani all’opposizione forzista. Berlusconi lo ammette esplicitamente: «Ci ha dato e ci dà tanto fastidio, perché non ci fa fare opposizione vera su tutto, ci crea problemi all’interno, ha confuso il nostro elettorato».
Ovviamente dire che il Quirinale è nel patto con Renzi ha avuto lo scopo di far fibrillare ancora di più il Pd che ieri era riunito nell’Assemblea nazionale. Un modo per mettere altro sale nelle ferite aperte di un partito che potrebbe arrivare diviso e in guerra all’appuntamento del voto sul nuovo capo dello Stato. Non è un caso che i due vicesegretari del Pd si siano affrettati a smentire.
«Assolutamente no, nel patto ci sono impegni importanti come le riforme» costituzionali e istituzionali», ha precisato la Serracchiani. E Guerini: «Non mi risulta nel modo più assoluto». Per Fassina invece è il segreto di Pulcinella: «Non ne dubitavo». Credere che i due principali leader politici italiani si incontrino e non discutano dell’elezione del Presidente della Repubblica è un po’ come credere a Biancaneve e ai 7 nani.
BRUNETTA DUBITA DI RENZI
Non è la prima volta che l’ex premier alimenta sospetti e veleni dentro il Pd, mettendo in difficoltà Renzi. Evidentemente non si fida. Vanno in questo senso le parole di Brunetta: «Se Renzi tratta così gli amici e i compagni come possiamo dargli fiducia noi dell’opposizione su temi essenziali come Quirinale e riforme elettorali e costituzionali?». Ancora più esplicito Osvaldo Napoli: «Renzi ha tirato il freno a mano e invece della solita sfida alla minoranza ha mostrato un volto conciliante. Sarà l’imminente partita del Quirinale o le difficoltà crescenti in cui si trova il governo».
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