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Francesco De Dominicis per "Libero"
La scorsa estate aveva superato la bufera per le dimissioni, poi respinte, del numero uno Sergio Chiamparino. Ma per la Compagnia Sanpaolo si prospetta un'altra fase di turbolenze. E di riassetti strategici. Il presidente potrebbe lasciare la guida della Fondazione per correre alle eventuali elezioni regionali in Piemonte.
Il Tar ha annullato il voto del 2010 e in primavera i cittadini potrebbero essere di nuovo chiamati alle urne: il candidato del Partito democratico alla presidenza sarebbe proprio Chiamparino, tra altro ex sindaco di Torino. Segno dell'intreccio tra partiti e gotha finanziario.
La candidatura di Chiamparino col Pd è la rappresentazione plastica del perfetto funzionamento delle revolving door tra fondazioni bancarie e politica. Non solo. L'addio di Chiamparino alla Compagnia riaprirebbe pure i giochi per la guida dello stesso ente, principali azionista col 9,9% di IntesaSanpaolo, la più grande banca italiana.
A scegliere il successore di Chiamparino sarà Piero Fassino: per prassi, infatti, la nomina spetta al sindaco della città . Fassino indicò Chiamparino nel 2012 e quest'ultimo, da primo cittadino, aveva scelto Angelo Benessia nel 2008 come successore di Franzo Grande Stevens.
Stavolta la partita si riapre dopo soli due anni. E si gioca, come di consueto, quasi esclusivamente all'interno del Partito democratico. Rispetto al 2012 c'è una differenza non irrilevante: alla segreteria del Pd c'è Matteo Renzi. Il quale ha avuto sempre l'appoggio di Chiamparino e ora si prepara a sostenerlo alle regionali.
L'ex sindaco di Torino sconta così la cambiale e si prepara a fare il ritorno in politica, cercando di arrivare alla presidenza della Regione che Roberto Cota, secondo il tribunale amministrativo, ha illegittimamente conquistato quattro anni fa.
Dalla parte del leader Democrat, peraltro, si è schierato in tempi più recenti pure Fassino. Ed è scontato, perciò, che il nuovo presidente della Compagnia Sanpaolo debba ottenere il determinante «gradimento» di Renzi. Che a stretto giro potrà realizzare la sua prima mossa nel «risiko torinese». Città e regione che sembrano avere sempre di più i connotati di «zona franca», dove la regola della rottamazione tanto cara al segretario Pd non pare applicabile.
Anche se la questione delle elezioni regionali non è ancora risolta, nel Pd si fanno già alcune ipotesi per il vertice della strategica Compagnia. Uno dei candidati potrebbe essere Benessia, che prima di lasciare il testimone a Chiamparino, nel 2012, aveva accarezzato l'idea di un bis. Di là dal nome, c'è comunque un altro aspetto che non passa certo inosservato fra gli addetti ai lavori.
La nomina del capo della Fondazione, infatti, diventa determinante per la presidenza di Intesa. Nel 2016, infatti, scade il mandato di Giovanni Bazoli. Che soprattutto per questioni anagrafiche dovrà cedere il passo a qualcun altro. E considerando che Bazoli è espressione dell'altro socio forte della banca (la Fondazione Cariplo, che ha radici a Milano e ha il ,7% del capitale), non è da escludere che il prossimo presidente di Ca' de Sass possa essere individuato a Torino, nelle file di quel Pd che mostra di avere sempre un rapporto «privilegiato» con l'establishment bancario ( il Monte dei paschi di Siena è solo uno dei casi più noti, oltre che rumorosi). L'orizzonte è lontano. Fatto sta che Renzi spera di mettersi in tasca l'ipoteca per il «dopo Bazoli».
letta RENZI E LETTASalza Bazoli e Fassino LUCA REMMERT E SERGIO CHIAMPARINOlogo intesa san paoloBazoli Vietti VIolante Salza Bazoli e Fassino marchionne cota comba benessia
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