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Marco Pierini per "Il Foglio"
Chi si affacciasse a una finestra del Palazzo pubblico di Mena a "considerare un momentino la situazione storica", la troverebbe senza dubbio "poco chiara", proprio come appariva al duca d'Auge dal torrione del suo castello nel celebre incipit de "I fiori blu". Neppure la fervida fantasia di Raymond Queneau, però, avrebbe potuto partorire il plot surreale che stanno recitando in questi giorni alcuni autorevoli esponenti del Pd, spesso devotamente assistiti dalla stampa compiacente, per tentare di dimostrare due "verità " in palese contraddizione tra loro: l'estraneità del partito alla gestione della Banca Mps e l'impegno profuso dall'ex sindaco della città Franco Ceccuzzi per rinnovare uomini e metodi all'interno del medesimo istituto.
L'intreccio è complesso, il copione irto di acrobazie linguistiche, iperboli, anacoluti ed è comprensibile che spesso si preferisca recitare a soggetto. Franco Bassanini, ad esempio, contravvenendo a uno degli assi portanti della trama - Mussari chi? - intervistato da Repubblica il 28 gennaio se ne è uscito con una frase significativa: "Sa chi mi presentò Mussari tredici anni fa, dicendo che sarebbe stato un ottimo presidente della Fondazione? Proprio Franco Ceccuzzi. Avevano le stesse idee su come il Monte avrebbe dovuto muoversi fuori dalle mura".
E infatti Mussari, durante due mandati alla guida della Fondazione e altrettanti al vertice della Banca non ha trovato altro che pieno appoggio e incondizionato plauso da parte di Ceccuzzi, prima nelle sue vesti di segretario comunale dei Ds (poi del Pd), in seguito di parlamentare e infine di sindaco. "Banca Antonveneta - proruppe addirittura al momento dello sventurato acquisto - è sempre stata l'anima gemella di Banca Monte dei Paschi". Secondo Bersani e Fassina, però, è stata proprio la giunta guidata da Ceccuzzi a volere il ricambio ai vertici della banca.
Vediamo allora nel dettaglio forme e contenuti di quest'opera di "discontinuità ". In primo luogo Giuseppe Mussari non è stato allontanato, né costretto a dimettersi, ma ha abbandonato Rocca Salimbeni di sua sponte, alla scadenza naturale dei mandato, annunciando con qualche mese di anticipo che non avrebbe accettato di nuovo l'incarico, Quanto all'ad Fabrizio Viola basterà ricordare che è arrivato a Siena giusto un anno fa, ancora con Mussari presidente.
Mirando alle alte sfere della banca poi, più che intravedere rotture col passato, si leggono chiari segni di continuità : il vicepresidente Marco Turchi è stato sindaco revisore nella gestione Mussari, il vicedirettore Antonio Marino rivestiva lo stesso ruolo quando direttore generale era Antonio Vigni, Valentino Fanti, capo della segreteria di Giuseppe Mussari continua a svolgere il medesimo compito per Profumo e Viola, il tandem al quale Bersani aveva addirittura proposto di "affidare poteri commissariali". Si potrebbe continuare a lungo.
L'unica nomina nella deputazione della Fondazione compiuta da Ceccuzzi, quella della napoletana Alessandra De Marco, priva di precedenti legami col territorio, è in questo momento molto rivendicata da protagonisti e comprimari della pièce come autentica prova del nuovo corso intrapreso e modello - se Ceccuzzi fosse rieletto alle prossime elezioni di maggio - per le successive nomine di presidente e deputazione.
Peccato che nessuno ricordi che questa sia stata la seconda scelta, dopo la prima designazione dell'avvocato senese Duccio Panti, individuato il 23 novembre 2011 proprio per l'"attaccamento alla città , per svolgere un ruolo", disse Ceccuzzi, "in cui debbono essere coinvolte tutte - e dico tutte - le forze cittadine" e dimessosi neppure due settimane più tardi, ufficialmente per ragioni legate alla professione ma senza dubbio anche per una grana di carattere giudiziario che imbarazzò non poco l'allora sindaco.
All'opera "rinnovatrice" si attribuisce, secondo la trama sceneggiata da Ceccuzzi e dai suoi sostenitori, persino la caduta del sindaco e le sue dimissioni, giunte attraverso il "tradimento" di atra parte dei Pd, orienta mento Margherita, legata all'influente famiglia Monaci: Alberto, presidente del Consiglio regionale toscano e il fratello Alfredo, ora passato dal cda del Monte alla lista di Monti.
Tuttavia nessuno mai. rammenta che alcuni consiglieri staccatisi dalla maggioranza provengono da altre aree e nulla hanno a che vedere con la dinastia bianca di cui sopra, né si vuole ammettere che il bilancio consuntivo del comune messo in votazione da Ceccuzzi mancava delta necessaria copertura finanziaria. In che situazione fossero, da alcuni anni, i conti del comune, io stigmatizza poi di recente la deliberazione del 27 novembre della Corte dei Conti che segnala, tra le altre cose, una "grave irregolarità contabile".
Sebbene, come nella commedia dell'arte, gli attori si affidino ampiamente al proprio estro, il canovaccio di questo scenario vorrebbe condurre all'inevitabile lieto fine, alla consacrazione del protagonista Franco Ceccuzzi, "il vero eroe di questa operazione", almeno secondo Ugo Sposetti (e almeno fino al 24 febbraio... ). Ma dalla finestra del Palazzo pubblico di Siena non sembra di scorgere eroi, piuttosto un panorama simile a quello che si stendeva sotto gli occhi del duca d'Auge: "Resti del passato alla rinfusa si trascinavano ancora qua e là ... si disegnavano all'orizzonte le sagome sfatte di qualche diritto romano, gran saraceno, vecchio franco, ignoto vandalo".
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