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SANREMO DIVENTA UN TALENT SHOW? LA SALA STAMPA RIBOLLE, SI SENTE DEFRAUDATA DEL POTERE DECISIONALE…
DAGONOTA
Così Renzi parlò: "Aveva ragione D'Alema! Era buono solo a fare il segretario di D'Alema!".
Paola Zanca per il “Fatto Quotidiano”
Quando Matteo Orfini, con cinque ore di ritardo, affida alle agenzie la risposta del Pd all' ultimo affronto di Ignazio Marino, la disfatta totale si è già consumata. Davanti a lui, in una sala del Nazareno, ha i 19 consiglieri democratici del Comune di Roma. Li ha chiamati a raccolta, subito dopo aver ascoltato l' ex (?) sindaco annunciare in conferenza stampa la sua"riflessione" sul ritiro delle dimissioni.
Nero in volto, il commissario del partito romano chiede agli uomini del Pd in Campidoglio una firma in bianco: "Se Marino decide di presentarsi in consiglio comunale, mi dovete assicurare che voterete la mozione di sfiducia".
Nella platea cala il gelo. Lì in mezzo ci sono almeno quattro o cinque consiglieri che, già da prima, erano rimasti fedeli al sindaco. Ora che la vicenda degli scontrini sembra sgonfiarsi, visto che dalla Procura non arrivano novità, la fronda dei consiglieri dubbiosi s' è andata ingrossando. È addirittura il capogruppo, Fabrizio Panecaldo, a prendere la parola:
"Non possiamo mettere Marino sullo stesso livello di Alemanno". Altri sbottano: "Piuttosto che sfiduciarlo, mi dimetto". Ma i gesti di un singolo - tutti da confermare-a Orfini non interessano: vuole un' azione di gruppo, l' unica che può davvero costringere il sindaco al passo indietro definitivo. La truppa dei 19 non ci pensa proprio. "Sarebbe un suicidio politico: che facciamo, ci mettiamo a votare con i Cinque Stelle, con Fratelli d' Italia, con i fascisti?".
Orfini insiste. In questa storia ci ha messo la faccia. E da ogni puntata esce con un livido in più. Prima ha fatto muro con Matteo Renzi, quando il premier chiedeva che il sindaco se ne andasse e di corsa. Poi ha siglato la tregua tra palazzo Chigi e il Campidoglio, con l' ingresso ingiunta di Stefano Esposito e Marco Causi. Infine, una volta esploso l' affare delle cene pagate dal sindaco con la carta di credito istituzionale e smentite dai partecipanti, fu tra i primi a dire: "È finita".
Così ieri, di fronte all' ennesima capriola del sindaco, si è presentato convinto di avere la situazione in pugno. La riunione invece si incarta pericolosamente. E lui decide di far uscire un comunicato che almeno metta un punto fermo: "Non ci sono le condizioni politiche per andare avanti". Ai consiglieri viene impartito l' ordine di non rilasciare dichiarazioni. Stanno tutti zitti, in effetti, compreso il solitamente loquace Stefano Esposito.
ORFINI E RENZI GIOCANO ALLA PLAYSTATION
In compenso, parla Luca Lotti, delegato speciale di Renzi per le questioni opache. Raccontano che durante l' incontro sia stato Lotti in persona a stoppare la linea Orfini: l' operazione sfiducia in bianco è fallita, non insistere, aspettiamo di vedere come si muove Marino e troviamo una soluzione meno drastica.
Ai piani alti del Nazareno, l' irritazione è tanta: "Non gliel' hanno raccontata bene nemmeno a Renzi, questa storia", dice un profondo conoscitore di quel marasma che è il Pd romano. Nessuno, Orfini per primo, ha avuto il coraggio di ammettere che la situazione è tutt' altro che sotto controllo. Si è pensato, sbagliando, che la caduta di Marino non avrebbe sortito opposizione alcuna. Ma i 19 consiglieri comunali vogliono garanzie sul futuro. E il partito intero è in subbuglio.
Già nei circoli della Capitale non era stata digerita la scelta di buttare giù il sindaco senza nemmeno una assemblea preventiva, senza consultare nessuno. Figuriamoci adesso che in 50 mila hanno firmato la petizione a sostegno del sindaco (domenica c' è una nuova manifestazione in piazza del Campidoglio) e che la teoria del "complotto" ha trovato conferme: "Abbiamo chiesto le dimissioni di Marino per gli scontrini, ma per ora non è nemmeno indagato - hanno detto ieri i consiglieri a Orfini- Allora ha ragione lui: volevate farlo cadere e basta, la storia delle cene era solo un pretesto". Infine, resta la questione dell' opportunità.
Davvero il Partito democratico può permettersi di scaricare il suo sindaco e di votargli la sfiducia insieme all' opposizione? Dopo Mafia Capitale, dopo l' analisi impietosa di Fabrizio Barca sui circoli, con i Cinque Stelle alle calcagna? Il voto in primavera per i democratici è un salto nel buio. Quando Renzi immagina le primarie per trovare un candidato sindaco ha presente che non è riuscito nemmeno a mettere d' accordo 19 consiglieri comunali?
ORFINI E RENZI GIOCANO ALLA PLAYSTATION
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