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Ettore Colombo per ilmessaggero.it
Il Pdl tenta il blitz sul disegno di legge sulle intercettazioni, da tempo finito su un binario morto alla Camera. La prima conferenza dei capigruppo programmata dopo la pausa estiva si terrà il 6 settembre. In quella sede, Fabrizio Cicchitto capogruppo pidellino a Montecitorio, chiederà la calendarizzazione del ddl della discordia che, in teoria, è già da molti mesi pronto per l'aula.
«Il nostro orientamento è questo - spiegano autorevoli fonti pidelline - e volevamo farlo già prima dell'estate (quando però lo scontro tra Quirinale e procura di Palermo ancora non era scoppiato, ndr.), poi c'è stato un ingorgo di decreti da convertire». E dunque Cicchitto è molto determinato ad andare avanti. Ne verrà fuori uno scontro non da poco, dentro la strana maggioranza che regge il governo Monti, tra Pdl da un lato e Pd dall'altro.
E se ieri il pm Antonio Ingroia parlava di «eccessiva enfatizzazione mediatica e di intercettazioni prive di rilevanza penale» in merito alle telefonate tra il capo dello Stato e Nicola Mancino (che hanno scatenato il caso politico-giuridico dell'estate), altrettanta eco potrebbe sollevare la richiesta pidellina di sfidare il governo sulle intercettazioni.
Per Monti, infatti, come per il ministro alla Giustizia Severino, il ddl intercettazioni deve arrivare solo dopo, o almeno di pari passo, alla definitiva approvazione del testo anticorruzione (fermo al Senato, in commissione Giustizia, da giugno e che, ancora ieri, vedeva diversi esponenti del Pdl chiederne «ampie modifiche» e «niente fiducia»), cui entrambi tengono moltissimo.
Varato dal governo Berlusconi nel 2009, il testo porta la firma dell'allora Guardasigilli Alfano ed è già alla terza lettura, dopo le due avute tra il 2010 e il 2011. Modificato grazie all'opera di mediazione della presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno, il ddl Alfano ha un problema che, in gergo, si chiama della «doppia conforme»: le parti (alcune essenziali) modificate e approvate già due volte lo possono essere una terza? I pidellini assicurano che si può perché «andando a modificare una serie di norme, le parti rimaste identiche perdono di significato».
Per i democrat non se ne parla nemmeno. «Il testo Alfano - tuona Donatella Ferranti, capogruppo Pd in commissione Giustizia - ha dei vizi di origini non superabili e deve restare su un binario morto. La nostra priorità è il ddl anticorruzione». Al massimo, il Pd accetterebbe un ddl ex novo da parte della Severino.
Il ministro, che comunque ha messo al lavoro i suoi uffici, attenderà che la Camera decida sulla calendarizzazione o meno del ddl Alfano e se sarà o no ammissibile un maxiemendamento che contenga i suoi suggerimenti, superando il problema della «doppia conforme», nodo che però va risolto dai regolamenti della Camera, non dal governo.
Una cosa è certa: per la Severino la priorità resta l'anticorruzione e la ricerca del massimo consenso per sbloccarne l'iter. Sulle intercettazioni, se dovesse intervenire con un maxiemendamento o un nuovo ddl, si atterrebbe a un principio più volte enunciato: bilanciare «il diritto-dovere alla privacy, quello di cronaca e quello dei giudici di indagare liberamente nella riservatezza».
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