EUROCRAC - DOVE SONO I MILIARDI CHE DRAGHI HA PRESTATO ALLE BANCHE PER RISOLLEVARE L’ECONOMIA? SEMPRE ALLA BCE, NATURALMENTE - I DEPOSITI ALLA BANCA CENTRALE AMMONTANO A 800 MILIARDI, MA QUELLI ITALIANI SONO UNA MINIMA PARTE: IL 90% SONO DI GERMANIA, FRANCIA, OLANDA, LUSSEMBURGO, CHE PREFERISCONO PARCHEGGIARE IL DENARO (O ADDIRITTURA PERDERCI) PIUTTOSTO CHE PRESTARLO ALLA “PERIFERIA”…

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1 - BANCHE SENZA FIDUCIA, OLTRE 800 MILIARDI «BLOCCATI» ALLA BCE...
Maximilian Cellino per il "Sole 24 Ore"

«Occorre azzerare la remunerazione sui depositi delle banche presso la Bce per liberare risorse e permettere l'immissione nell'economia reale delle centinaia di miliardi di euro ancora parcheggiate a Francoforte». Appelli di questo genere rimbalzavano di frequente nei mesi scorsi, a volte rilanciati anche da voci autorevoli del panorama politico nazionale e continentale.

Le aspettative sono però andate deluse, perché quando Francoforte ha adottato una decisione simile le banche europee non hanno fatto altro che spostare parte della liquidità presente nella deposit facility sui conti correnti detenuti sempre presso la Banca centrale e utilizzati anche come riserva obbligatoria.

COME VASI COMUNICANTI
Il fenomeno è apparso evidente già l'11 luglio, primo giorno in cui la decisione di una settimana prima della Bce aveva effetto, e lo resta ancora oggi, quasi due mesi dopo. Degli 808,5 miliardi di euro prima dell'azzeramento dei tassi sui depositi overnight sono rimasti soltanto 330,3 miliardi, nel frattempo però l'ammontare depositato sui conti correnti è cresciuto da 73,9 a 539,8 miliardi e il motivo è semplice.

Questi ultimi sono infatti remunerati al tasso ufficiale Bce (ora allo 0,75%), ma soltanto per la parte destinata a riserva obbligatoria (che ammonta a poco più di 107 miliardi per l'intero Eurosistema): se prima esisteva la convenienza a spostare il denaro in eccedenza verso la deposit facility (che, per quanto poco, rendeva ancora lo 0,25%), adesso questo incentivo è praticamente inesistente e le banche possono lasciare i fondi dove è più comodo per questioni essenzialmente tecniche.

Lo dimostra il fatto che da luglio in poi non si è più visto quel tipo spostamento ciclico di denaro fra i due strumenti: di solito all'inizio del periodo di rilevazione mensile della riserva obbligatoria le banche piazzavano il denaro nei conti correnti, per poi toglierlo progressivamente a vantaggio della deposit facility quando si accorgevano di aver raggiunto il livello di riserva richiesto.

Nel travaso qualcosa è comunque sfuggito, ed è forse andato in parte anche a finanziare l'economia reale, ma si tratta tuttavia di una minima parte: poco più di 12 miliardi di euro, la classica goccia nell'Oceano. Non che all'Eurotower ci si attendesse molto da questa mossa, peraltro conseguenza diretta del taglio del tasso di rifinanziamento dall'1% allo 0,75% al quale il rendimento dei depositi è legato (con una differenza appunto di 75 punti base, il «corridoio» dei tassi).

All'ottimismo del governatore della Banca di Malta, Joseph Bonnici, aveva infatti indirettamente risposto lo stesso Mario Draghi ricordando che la decisione di azzerare la remunerazione sulla deposit facility aveva più che altro valore segnaletico per eventuali successive mosse sui tassi.

Ciò che è accaduto nell'ultimo mese resta comunque emblematico di come il mercato interbancario sia ancora pressoché congelato: gli istituti di credito - soprattutto quelli del Nord Europa, che utilizzano al 90% i depositi Bce come si legge nell'articolo sotto - faticano ancora a prestarsi il denaro a vicenda. Lo dimostra il calo dei volumi dei contratti sull'Eonia (scambi di liquidità a brevissimo termine) e sul mercato «repo» (i pronti contro termine garantiti da collaterale).

I primi, segnala Reuters, sono anzi scesi dopo la mossa Bce fino a un controvalore medio giornaliero di circa 20 miliardi di euro che non si vedeva da 5 anni; gli altri, secondo le rilevazioni del broker Icap, si sono ridotti a luglio per il mercato europeo all'equivalente di 233,1 miliardi di dollari, il 13% in meno rispetto ad aprile e addirittura un quarto al di sotto dei livelli dell'anno precedente.

I DUBBI DI DRAGHI
Ora Francoforte si trova di fronte a una scelta non certo facile: i mercati scontano ormai un nuovo taglio dei tassi di rifinanziamento da parte della Bce allo 0,5%, forse già nella riunione di giovedì prossimo. Non è detto però che questa volta la mossa si traduca in una riduzione automatica della remunerazione sui depositi, anche perché quest'ultima diverrebbe addirittura negativa (-0,25%) con evidenti ripercussioni sulla gestione della liquidità all'interno dell'Eurosistema.

Nessuna banca lascerebbe infatti il denaro oltre lo stretto indispensabile sulla deposit facility, e sposterebbe tutto quanto sui current account. A meno che a questi ultimi non si applichi una sorta di «penale» (sempre dello 0,25%) sull'eccedenza rispetto alla riserva obbligatoria, oppure che non si decida di fissare un «tetto» all'ammontare depositabile: decisioni che richiedono comunque una serie di passaggi tecnici tutt'altro che banali. Ciò che è indubbio, è che per impedire la frammentazione dei mercati monetari e riattivare il flusso di credito all'economia reale serve ben altro che manovrare il tasso sui depositi.


2 - TEDESCHI E FRANCESI SONO I PRIMI A TENERE CHIUSI I RUBINETTI...
Maximilian Cellino per il "Sole 24 Ore"

Si è fatto un gran parlare nei mesi scorsi della deposit facility: quei 300 miliardi di euro, poi lievitati a 500 miliardi e infine a 800 miliardi dopo le due aste di finanziamento a 3 anni messe in piedi dalla Bce per alleviare la crisi di liquidità, sono stati portati a esempio di come le banche europee (e quelle italiane) abbiano ritirato il denaro soltanto per lasciarlo improduttivo a Francoforte.

Spesso però i depositi presso la Bce sono stati tirati in ballo a sproposito, perché quella voce non è un sintomo di quanto gli istituti di credito siano restii a prestare denaro a imprese a famiglie, ma è in gran parte determinata dall'eccesso di liquidità nell'Eurosistema.

Quel surplus, al momento pari a 763 miliardi di euro, si distribuisce poi fra i diversi strumenti della Bce: la deposit facility, i conti correnti per le riserve obbligatorie e altre voci secondarie. Dipende a sua volta dalla quantità di denaro ottenuta dalle banche attraverso le operazioni di rifinanziamento dell'Eurotower e non si ridurrà fintanto che non si tornerà a raccogliere fondi attraverso il canale tradizionale del mercato interbancario.

C'è inoltre da ridimensionare il dato sulle banche italiane, che tradizionalmente hanno sempre utilizzato con una certa parsimonia la deposit facility. Un'impennata da poche centinaia di milioni fino a 12 miliardi circa si è avuta sì a fine dicembre subito dopo la prima asta triennale della Bce, ma al tempo stesso si è assistito a una riduzione della voce conti correnti. La situazione si è poi di nuovo capovolta a fine luglio, in tutta coerenza con l'azzeramento del tasso sulla deposit facility.

Le cifre, se sommate, restano comunque largamente inferiori sia a quanto preso a prestito dagli stessi istituti italiani nelle due maxi-operazioni di rifinanziamento (270 miliardi circa, secondo Barclays Capital) di dicembre e febbraio, sia a quanto depositato preso l'Eurotower dalle banche del Nord Europa.

Quando si mettono assieme Germania, Francia, Olanda, Lussemburgo e Finlandia si raggiunge infatti quasi il 90% dell'ammontare complessivo della deposit facility prima e dopo la «cura» della Bce. Sono soprattutto le banche dei Paesi «core» a tenersi stretto il denaro e a evitare di prestarlo agli altri istituti della «periferia»: la solita fotografia dell'Europa a due velocità.

 

 

Mario Draghi con il membro del comitato esecutivo Jörg Asmussendraghi mario weidmann draghi BANCA CENTRALE EUROPEA EURO NELLA POZZANGHERA banca_centrale_europeaJens Weidmann HOLLANDE E MERKELIL QUARTETTO SPREAD - RAJOY MONTI HOLLANDE MERKELbanche europa stress test