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Lorenzo Lamperti per "La Stampa"
Evergrande si prepara a diventare più piccola. Il default del colosso immobiliare cinese appare più vicino dopo che, secondo il Wall Street Journal, il governo centrale ha avvertito le amministrazioni locali di «tenersi pronte alla possibile tempesta».
Niente salvataggio dell'ultimo minuto, il Partito comunista sembra intenzionato ad accompagnare e attutire la caduta della compagnia, procedendo a un suo spacchettamento. Ieri è stata un'altra giornata vissuta pericolosamente da Evergrande, che dopo aver annunciato un accordo per il rimborso degli interessi di un'emissione onshore per 35,9 milioni di dollari (con un seguente +17,62% alla borsa di Hong Kong) dovrebbe mancare la scadenza per il pagamento di ulteriori 83,5 milioni di bond offshore.
Ci sarebbero trenta giorni di tempo per rimediare ed evitare il default, ma la timeline degli oneri da rispettare entro la fine dell'anno è molto, forse troppo, densa. Il secondo investitore della società, China Estates, è pronto a sfilarsi: ha già venduto 108,9 milioni di azioni e si muove per cedere le restanti 751,1 milioni, pari al 5,6% del capitale.
Da Evergrande si è sfilato anche Fabio Cannavaro, che dopo aver allenato per anni la squadra di calcio del Guangzhou Fc ha rescisso il contratto. Il governo resta silente e lascia parlare le autorità finanziarie. La banca centrale ha iniettato 18,6 miliardi nel sistema finanziario, ma non è abbastanza.
Ci si attende un intervento politico, che secondo Asia Markets potrebbe arrivare a breve, con la ristrutturazione di Evergrande in tre diverse entità e la partecipazione di società statali.
Non un salvataggio diretto, dunque, ma una redistribuzione degli asset della compagnia e la tutela delle sue attività core. Una mossa che potrebbe rispondere a due esigenze: salvaguardare gli interessi dei creditori cinesi e non contraddire la linea di sviluppo ordinato e di prosperità comune di Xi Jinping.
Il messaggio inviato alle amministrazioni locali significa che il governo si aspetta una ricaduta non solo economica ma anche sociale dal potenziale default. Da giorni si susseguono proteste sotto la sede di Evergrande a Shenzhen.
Il salvataggio parziale della compagnia sarebbe concentrato sulle attività maggiormente legate alla stabilità sociale. In primis la costruzione degli immobili già venduti, che secondo Capital Economics sarebbero circa 1,4 milioni.
Dall'altra parte, non ci si attende particolare clemenza nei confronti di Xu Jiayin, fondatore di Evergrande e pochi anni fa uomo più ricco di Cina. Dal 2017 il governo invita le società immobiliari a ridurre il debito e limitare i rischi finanziari.
Xu si è limitato ad alcune cessioni e al lancio di sconti per raccogliere liquidità, ma l'esposizione debitoria è continuata ad aumentare. Intervenire per salvare in toto Evergrande e Xu significherebbe per il Partito dare un messaggio di debolezza.
A quel punto anche le altre aziende in grave difficoltà del settore, da Guangzhou R&F a Sinic Group, chiederebbero un aiuto che lo stato non sarebbe in grado di garantire. Il prezzo potrebbe essere pagato, oltre che dal management, dagli investitori stranieri. Ma Pechino non può permettersi un'estensione della crisi.
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