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A CACCIA DI SOLDI – RENZI E PADOAN VOGLIONO UNO SCONTO DA 14 MILIARDI DALL’UE, MA SE VA BENE NE OTTERRANNO LA METÀ (GRAZIE AI MIGRANTI) – LA MERKEL E HOLLANDE, LA SPAGNA E I PAESI DELL’EST, NON HANNO NESSUNA INTENZIONE DI AIUTARCI A TAGLIARE LE TASSE – CONTRO IL CAZZONE TOSCANO ANCHE IL SOCIALISTA PIERRE MOSCOVICI, COMMISSARIO UE AGLI AFFARI MONETARI

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DAGOREPORT

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Riunioni su riunioni, calcoli rifatti decine e decine di volte e il terrore vero che da Palazzo Chigi arrivino altre promesse al popolo italiano, altre richieste di spesa, altro trionfalismo da tradurre in stime sempre più ottimistiche. Al Tesoro non sono giorni facili e gli uomini del ministro Pier Carlo Padoan stanno tentando di mettere insieme un Def che Bruxelles non faccia a coriandoli.

 

La partita della famosa Finanziaria da 27 miliardi vagheggiata da Renzi è durissima, fuori dai confini italiani. Per non far scattare la tagliola delle aliquote Iva servono 16 miliardi e per mettere mano alla Tasi ce ne vogliono altri cinque. Per coprirli, gli incassi dalla mitica Spending review sono stati portati a 10 miliardi, con un azzardo già notevole.

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Poi ci sono le stime sul Pil, che incidono sui parametri di Maastricht. In Via XX Settembre scommettono che nel 2016 l’economia italiana crescere di due decimali in più del previsto: l’1,6% anziché l’1,4%. Ma proprio ieri l’Ocse, un tempo guidato dallo stesso Padoan, ci ha tagliato le stime del Pil dall’1,5 all’1,3%. Chi avrà ragione?

 

La realtà è che gran parte della manovra (elettorale) del premier cazzaro è in deficit e per questo Roma sognava di portare il rapporto deficit/pil dall’1,8% autorizzato al 2,6%. Una mossa che avrebbe liberato 14 miliardi di euro da spendere nel Def. Ma una settimana di trattative sotterranee con la Commissione ha avuto esito negativo. “Ci hanno detto che il 2,8% ce lo possiamo sognare. Se va bene ci concedono un 2,2”, ovvero la metà della flessibilità richiesta, spiega una fonte vicina alle trattative.

 

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La partita sulla flessibilità di bilancio è tutta politica. In un’eurozona dove si consente da tempo alla Francia di stare sopra il 4% di deficit/pil è chiaro che i numeri si pesano (anche se Parigi non ha certo il debito pubblico stratosferico che abbiamo noi). E allora viene fuori che il problema dell’Italia si chiama Renzi Matteo.

 

Nelle scorse settimane, quando la Merkel è scesa in Italia per controllare che i soldi della Germania per l’Expo fossero stati spesi bene, Pittibimbo si è fiondato a Milano con la moglie Agnese per “forzare” la visita privata della Merkel e le si è appiccicato come una cozza. Il problema è che lei lo trova simpatico, ma “fondamentalmente superficiale”, come riferisce un diplomatico di lungo corso.

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E la Merkel, per dirla tutta, in teoria sarebbe l’anello più debole della Germania rigorista. Se anche fosse personalmente convinta di dover concedere nuovi sconti all’Italia, Angelona dovrebbe comunque fare i conti con molti frenatori interni.

 

Che nella sua Cdu il falco Wolfgang Schaeuble non sia un amico dell’Italia è stranoto, ma anche il vicecancelliere Siegmar Gabriel, che in fondo sarebbe in quota socialista, si è molto spostato a destra e difende la linea del rigore. Una linea impostata e diretta come un’orchestra da Jens Weidmann, occhialuto e roccioso presidente della Bundesbank, che spesso e volentieri gioca di sponda con un altro falco piazzato in posizione strategica: Manfred Weber, presidente del gruppo parlamentare a Strasburgo del Ppe, un politico di estrazione Csu. E proprio il partito-fratello della Cdu in Baviera sta diventando un pericoloso competitor per la Merkel, come si è visto con la retromarcia della cancelliera sull’accoglienza dei profughi.

Renzi PadoanRenzi Padoan

 

Per questi motivi Roma ha spostato il suo pressing su Parigi a caccia di alleanze, nonostante già l’anno scorso Hollande ci abbia lasciato cuocere nel nostro brodo nelle partite di finanza pubblica. Anche qui il problema è Matteo Renzi. Hollande non lo ama, come tutti i socialisti francesi, e insieme a Pierre Moscovici, commissario Ue agli affari monetari, gli preferisce di gran lunga uno come Pierluigi Bersani.

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Oggi a Roma Padoan proverà a convincere Moscovici che l’Italia merita l’ennesimo strappo agli impegni presi. Ma ottenere più flessibilità sarà un’impresa. Per farlo abbiamo in mano una sola carta: l’immigrazione. Il governo proverà a sostenere che con tutto quello che siamo “costretti” a fare per gestire l’ondata migratoria meritiamo un risarcimento. Peccato che ieri il Viminale si sia fatto scappare la verità: al momento stiamo ospitando l’8% in meno di profughi rispetto all’anno scorso.   

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