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PERCHE' GLI ISRAELIANI A GAZA STANNO COMMETTENDO UN “GENOCIDIO” – IN UN LIBRO LA GIORNALISTA RULA JEBREAL, DI ORIGINE PALESTINESE, RICOSTRUISCE I "CRIMINI SERIALI" COMMESSI DA ISRAELE E IL PIANO POLITICO DI “PULIZIA ETNICA” DOPO GLI ORRORI COMMESSI DA HAMAS IL 7 OTTOBRE - 18 MESI DI ORRORI: FAMIGLIE SPAZZATE VIA, CECCHINI CHE PRENDONO DI MIRA I BAMBINI, SPARANO ALLA TESTA, PERCHÉ, COME POSTANO I SOLDATI STESSI SUI SOCIAL “SONO TUTTI POTENZIALI TERRORISTI DEL FUTURO” - NETANYAHU CHE “HA ANNULLATO DA TEMPO L’OPZIONE DEI DUE STATI” E LA PROSSIMA “GAZIFICAZIONE DELLA CISGIORDANIA”

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Lorenzo Cremonesi per il Corriere della Sera - Estratti

 

gaza

Diciamolo pure chiaramente: gli israeliani stanno commettendo a Gaza un vero e proprio «genocidio». Basta ambiguità, basta sensi di colpa rispetto all’ombra nera dell’Olocausto, basta accettare passivi la minaccia-ricatto onnipresente dell’accusa di antisemitismo. Utilizziamo le parole adatte che aiutino a comprendere ciò che realmente sta accadendo.

 

Se noi critichiamo con tanta coerente chiarezza la Russia per le sofferenze causate agli ucraini, a maggior ragione occorre farlo nel contesto del conflitto arabo-israeliano. Che il governo violento e messianico di Benjamin Netanyahu avesse l’intenzione di approfittare degli orrori commessi da Hamas il 7 ottobre 2023 per mettere in atto il suo piano di espulsione-eliminazione della popolazione palestinese dai territori occupati (e più avanti anche degli arabi in Israele) è stato chiaro sin dai giorni seguenti quello che il premier stesso definisce «il più grave massacro di ebrei dai tempi della Shoah».

 

RULA JEBREAL - GENOCIDIO - COPERTINA

Nei primi tempi, tuttavia, giornalisti e commentatori sono stati in grande maggioranza molto cauti. I racconti delle efferatezze compiute da Hamas, il dramma degli ostaggi gettati nei tunnel, le immagini dei kibbutz devastati hanno portato al prevalere della narrativa israeliana sulla continuità terrificante tra antisemitismo storico, Auschwitz e terrorismo islamico. Ma da oltre un anno tutto questo non regge più. Gli attacchi indiscriminati contro i civili palestinesi, il blocco perdurante ai flussi di cibo, acqua e medicinali, gli assassini metodici di medici, infermieri, operatori umanitari anche internazionali, la morte di oltre 200 giornalisti locali (quelli esterni non possono entrare a Gaza) hanno dominato le cronache quotidiane.

 

Quante le vittime? Forse oltre 70 mila deceduti, circa 100 mila feriti. Tantissimi i bambini massacrati tra le macerie o sfregiati per sempre da ferite terrificanti. Un’intera realtà urbana distrutta, annientata, volutamente ridotta in polvere per rendere impossibile la ripresa della vita come era prima. Va notato che tra le tanti voci di condanna non ci sono soltanto gli organismi dell’Onu, Amnesty International e i maggiori enti per la difesa dei diritti civili, ma ormai critiche durissime arrivano anche da intellettuali israeliani e soprattutto dal variegato e ricco mondo della diaspora ebraica. Un lavoro di primissimo piano lo fa quotidianamente il giornale liberal israeliano «Ha’aretz».

 

RULA JEBREAL

A cercare di sistematizzare il movimento di protesta contro i crimini seriali commessi da Israele con un preciso piano politico di «pulizia etnica» arriva adesso per Piemme Genocidio.

 

Quello che rimane di noi nell’era neo-imperiale , della giornalista Rula Jebreal, di origine palestinese, nata a Haifa nel 1973, quindi cittadina italiana e oggi docente all’università di Miami in Florida. Un libro duro, grave, ben documentato. Le sue pagine raccontano 18 mesi di orrori: famiglie spazzate via, intere comunità annientate, strutture mediche annullate, cecchini che prendono di mira i bambini, sparano alla testa, perché, come postano i soldati stessi sui social «sono tutti potenziali terroristi del futuro».

 

Bene ricordarlo: sappiamo tutto della tragedia della famiglia Bibas di kibbutz Nir Oz massacrata da Hamas, ma quasi niente dei singoli drammi di migliaia e migliaia di palestinesi. Il libro sottolinea che ormai da tempo i governi Netanyahu hanno annullato l’opzione dei due Stati e dunque occorre «chiudere il cerchio aperto nel 1948». La nascita dello Stato ebraico aveva prodotto la «prima Nakba», la catastrofe, come dicono in arabo: l’espulsione violenta di oltre 750 mila persone. E oggi sono gli stessi ministri e ufficiali israeliani a sostenere che «occorre finire il lavoro», in sostanza arrivare a una «seconda Nakba». E ciò comporterà presto anche la «gazificazione della Cisgiordania».

 

benjamin netanyahu nella striscia di gaza

Lo sappiamo bene, sta già avvenendo, con i coloni che attaccano i villaggi, scacciano la gente da Jenin, Nablus, svuotano la valle del Giordano e con l’esercito che li sostiene e protegge come mai aveva fatto nel passato. Il tutto sempre con la manipolazione cinica dell’Olocausto, per cui i palestinesi sarebbero «i nuovi nazisti» e coloro che li difendono «i soliti antisemiti».

 

bombardamenti israeliani sulla striscia di gaza il giorno di pasqua

Jebreal da docente universitaria ha tenuto corsi sui genocidi: Ruanda, regioni della ex Jugoslavia, armeni, ovviamente ebrei. Riferendosi alla genesi del concetto, ricorda che fu il giurista ebreo polacco Raphael Lemkin a coniare il termine «genocidio», che poi condusse al dibattito all’Onu nel 1948. E non è detto che debba sempre prevalere il «modello dell’Olocausto nazista». In realtà, «ogni genocidio ha un aspetto diverso», ma per tutti vale «l’atto di distruggere deliberatamente un gruppo, in tutto o in parte, come tale». Spesso il crimine avviene per fasi e s’inizia sempre dalla «disumanizzazione del nemico».

bombardamenti israeliani sulla striscia di gaza il giorno di pasquaPROTESTE CONTRO HAMAS A GAZAPROTESTE CONTRO HAMAS A GAZAattacco israeliano all ospedale al ali di gaza 2attacco israeliano all ospedale al ali di gaza 5manifestazioni anti hamas a gazarula jebreal atlantide 3