DUE PICCIONI CON UN KAZAKO – IL PIANO B DEL BANANA: SE CADE ALFANO, VIA ANCHE LA BONINO - DENTRO LUPI E ROMANI

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Tommaso Ciriaco per "la Repubblica"

«Questa situazione rischia di indebolire anche me. Certo, per ora non possiamo far altro che difendere Angelino. Per ora». È già sera quando Silvio Berlusconi detta la linea, spingendo il Pdl a restare in trincea in difesa del ministro dell'Interno. Eppure, il Cavaliere teme che la pressione sul suo pupillo non si allenti.

E sa, soprattutto, che ulteriori rivelazioni potrebbero oscurare quella che al momento (e fino alla sentenza Mediaset) è la sua unica stella polare: la stabilità del governo. Per questo, l'ex premier non ha escluso in privato una sorta di "exit strategy". Una specie di clausola di salvaguardia che prevederebbe anche il passo indietro di Angelino: «Conteranno le prossime ore - ha spiegato - Se il caso non si sgonfia prima di venerdì, allora potrei chiedergli un sacrificio».

Il destino del ministro dell'Interno è ormai nelle mani dell'uomo di Arcore. E ieri, a metà pomeriggio, Berlusconi ha tentennato. Da Londra, Enrico Letta l'ha chiamato per sondarlo. Anche sullo scenario più estremo. L'extrema ratio immaginata prevede infatti una «staffetta» al ministero dell'Interno, con Maurizio Lupi promosso al Viminale e Paolo Romani nominato alle Infrastrutture. Alfano resterebbe vicepremier e, naturalmente, segretario del partito. «Tanto a settembre si torna a Forza Italia e l'unica carica che conta è quella del Presidente, cioè la mia», ha ragionato Berlusconi.

Il leader del Pdl, comunque, non si è spinto fino a "scaricare" l'ex Guardasigilli. Eppure, la tentazione resta. Perché, come ha spiegato Berlusconi con un pizzico di cinismo e una buona dose di pragmatismo, «questo governo è strutturalmente debole: se si aprissero altri casi come questo, ci troveremmo ad essere già troppo deboli a causa di questa situazione».

Immolare Alfano, però, resta operazione complessa, innanzitutto perché il diretto interessato resiste. «Io non lascio - ha ripetuto ieri a tutti i dirigenti azzurri - se chiedono le mie dimissioni, allora è guerra». La prima contromossa pensata dalle truppe alfaniane si tradurrebbe nella richiesta di dimissioni di Emma Bonino dal ministero degli Esteri.

A sera il Cavaliere convoca a Palazzo Grazioli il ministro dell'Interno e l'intero stato maggiore pidiellino. Ci sono falchi come Verdini e Santanché. Ma soprattutto le colombe, che Alfano ha preteso al tavolo dell'ex premier per sostenere le sue ragioni. Quasi tutti, di fronte al leader, concordano su un punto: mollare adesso significa «perdere la faccia». Eppure, lo spettro di nuove rivelazioni piomba nella residenza romana del Cavaliere e agita i presenti.

Molto dipenderà dall'atteggiamento dei democratici. E dalla convinzione con cui il Pd prenderà posizione sulla permanenza di Alfano a Palazzo Chigi. Lo si intuisce anche dalle parole di Fabrizio Cicchitto, pronto comunque a difendere fino alla fine le ragioni del ministro e a negare decisamente l'ipotesi di un passo indietro: «Cadrebbe il governo. E se venerdì il Pd vota la sfiducia, salta per aria tutto».

Ma è tutta la classe dirigente del Pdl a sentirsi a bordo di un ottovolante. «Non c'è nessuna trattativa, siamo tutti compattamente schierati per Alfano», giura Mariastella Gelmini. Mentre Gaetano Quagliariello si limita a predicare cautela: «Aspettiamo domani...». La speranza, infatti, è che il Capo dello Stato Giorgio Napolitano si spenda già oggi pubblicamente per sostenere le ragioni della stabilità dell'esecutivo.

È l'intero centrodestra a essere appeso a un filo. Ignazio La Russa, che ormai siede tra i banchi di Fratelli d'Italia, prende comunque a cuore la sorte di Alfano e chiama in causa direttamente il premier: «Se Letta ha le palle, dica che in caso di dimissioni del ministro arriveranno quelle di tutto il governo». Umberto Bossi, invece, se la ride. Ne ha viste tante. Crisi sfiorate e ministeri decapitati lo turbano quasi nulla: «Penso che Alfano reggerà - prevede alla Camera però, certo, ieri non ha fatto una gran bella figura...».

 

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