DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E…
DAGONOTA
bill clinton hillary e donald trump
Bene, ci siamo: fra poche ore sapremo se i nostri sondaggisti à la carte che da anni non ne azzeccano una, avranno colpito nel segno. Del resto il fenomeno non riguarda soltanto gli istituti-stregoni italiani. Negli Usa della rinomata Gallup all’inizio della sua avventura elettorale al candidato repubblicano Donald Trump era accreditato un misero 2% di successo nel suo partito.
E non serve neppure inferire più di tanto sui politologi a mezzo stampa (e in tv) che non hanno perso l’occasione di intingere la penna soltanto per raccontare ai poveri lettori (residui) qualche banalità pro Renzi (mascherata dottamente) sul “voto a dispetto” o le pericolose “spinte populiste” dei vari grillini e Fratellini d’Italia.
RENZI SMANETTA COL TELEFONO A SAN PIETROBURGO 4
Meglio votare, lasciano intendere tra le righe i soliti ideologi della Seconda Repubblica, per quel che resta del Pd guidato dal cazzaro segretario-premier. E per carità, non diamo valenza politica nazionale (test sulla bontà dell’esecutivo dalle roboanti promesse mancate) per non disturbare dove alloggia il Ducetto di Rignano sull’Arno. Il Renzino costretto alla fuga nel finale di partita tra i campanili per non danneggiare i propri aspiranti sindaci. Altro che un uomo solo al comando!
RENZI SMANETTA COL TELEFONO A SAN PIETROBURGO - PUTIN PERPLESSO
Già. Soltanto poche ore prima che si andasse alle urne, i giornaloni dei poteri marciti si sono accorti che domenica c’è un passaggio elettorale che riguarda eccome la maggioranza tricolore Rosso, Bianco, Verdini. Non si lamentino allora i vari (e avariati) direttori Mariopio Calabresi (la Repubblica) e Machete Fontana (Corriere della Sera) se insieme alle urne i lettori continuano a disertare in massa pure le edicole.
I due maggiori giornali italiani viaggiano ormai sotto le 200 mila copie. E non chiamino in causa Infernet, cioè il web che – come ha ben raccontato anche il programma “Dago in the Sky” – in buona sostanza ha rivoluzionato ogni settore della vita pubblica: dall’informazione alla politica. E non si stupiscano se è la Rete, i social network a influenzare quest’ultima tornata delle amministrative. Come rivela una indagine sulle tendenze politiche svolta dall’istituto IsayData.
Perché oggi, scomparse le forze politiche tradizionali - osserva Ilvo Diamanti nel suo recente volumetto “Password” (Feltrinelli) -, “contano solo alcuni leader. Soli. Senza partiti e senza società. Senza Rete. Mentre – aggiunge –, dall’altra parte, ci sono i cittadini, senza partiti e senza leader. La Rete – conclude Diamanti – d’altronde non ha bisogno di leader, tanto meno dei partiti. Semmai, serve a contrastarli.
Una Rete, un “non luogo” (Marc Augé) ancora tutto da esplorare, dove tutti però hanno lo stesso diritto di parola. Anche gli “imbecilli” evocati da Umberto Eco. Che poi sarebbero quelli, secondo gli opinionisti di Punta&di Tacco, che al ballottaggio andrebbero a votare per la Raggi a Roma e l’Appendino a Torino.
michela brambilla luciano fontana (3)
Dopo il primo turno, proprio sul quotidiano di via Solferino il professor Angelo Panebianco ha scoperto, preoccupato, l’acqua calda: le ultime amministrative hanno assunto un’impropria valenza politica. Come se in passato nelle grandi città (Milano, Roma e Napoli) e con il sistema proporzionale i cittadini si recavano alle urne per votare la Dc o il Pci soltanto in base al programma di quel partito sul futuro della città.
Ma quando mai!
Che cosa frulla nella testa del nostro Panebianco? E degli altri opinionisti straniti a mezzo stampa o balbettanti in tv? Cosa vogliono farci credere? Che nella “Milano da bere” l’attrazione politica era suo cognato Pilitteri e non il leader socialista Bettino Craxi? E a Roma la sirena elettorale era il pallido diccì Giubilo e non il Divo Andreotti?
Tempi cupi, insomma, per i professorini, “messi in ombra dalla scienza politica quantitativa” e dalla Rete. A ricordarcelo, sempre a proposito delle consultazioni americane, è l’economista premio Nobel Paul Krugman. A causa della loro forma mentis sarebbe “il partito che decide”. Così anche oltre Atlantico, i sapientini avevano pronosticato che l’establishment del partito repubblicano l’avrebbe spuntata convergendo su personaggi come Jeb Bush o Marco Rubio. Invece, aggiunge Krugman, oggi la disfida è “fra Mussolini e Torquemada”. Come qui da noi.
Ultimi Dagoreport
NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON…
DAGOREPORT – I GRANDI ASSENTI ALL’INAUGURATION DAY DI TRUMP? I BANCHIERI! PER LA TECNO-DESTRA DEI…
DAGOREPORT – DA DOVE SPUNTA IL NOME DI SANDRO PAPPALARDO COME PRESIDENTE DELLA NUOVA ITA “TEDESCA”…
C’ERA UNA VOLTA IL TRENO PER KIEV CON DRAGHI, MACRON E SCHOLZ. ORA, COMPLICE IL TRUMPISMO SENZA…
FLASH – COME MAI IL PRIMO MINISTRO UNGHERESE VIKTOR ORBAN, PUR INVITATO, NON È VOLATO A WASHINGTON…